The Italianist | 2011 | N. 1

Introduzione al fascicolo, che raccoglie esperti dai diversi background teoretici e disciplinari per concentrarsi sulle dimensioni della ‘crisi dell’ideologia’ che ancora si sta palesando nella vita pubblica italiana. Il fascicolo esplora elementi di flessibilità e innovazione, oltre alla reinterpretazione di posizioni radicate, in un’Italia che è giunta a un punto critico, sperando che le riflessioni aiutino accademici e cittadini ad afferrare la complessità della gestione di una cultura pubblica nell’immediato futuro.

L’autore si concentra su Eco e Vattimo come critici culturali, sulle loro posizioni teoretiche, e sulla relazione della pratica con la teoria, assumendo che le posizioni ‘fondamentaliste’ dei due siano viziate da alcune forzature, e, almeno nella prospettiva della filosofia politica, inconcludenti. ‘Pensiero debole’ e ‘semiosi illimitata’ sono utili strumenti critici, ma sono molto più efficaci nello spiegare il nonsenso che nello stabilire il consenso politico per un’azione necessariamente collaborativa. Nella pratica, tali posizioni teoretiche sarebbero insomma quasi impossibili da difendere.

Il saggio riporta le affermazioni di Evola a proposito del sentiero spirituale, e le sue conseguenze sul ruolo attivo del guerriero, considerando prima di tutto come tali affermazioni siano state ricevute dalla critica accademica e politica. In secondo luogo, guarda all’impalcatura generale della filosofia evoliana (il ‘mondo della Tradizione’), per passare poi alle sue risposte specifiche alle maggiori questioni esistenziali del tradizionalista, riassunte con l’espressione ‘cavalcare la tigre’. Obiettivo del saggio è mostrare come il pensiero di Evola si adatti alle correnti più estese del pensiero politico europeo, e che, ingiustamente negletto perché contaminato dal fascismo, offra risposte di interesse più largo,fuori dai ranghi ristretti dei tradizionalisti.

Il saggio usa l’analisi del discorso per descrivere la retorica dei quotidiani italiani nel contesto delle imminenti elezioni politiche del maggio 2001. Il corpus comprende i tre giornali nazionali: Corriere della Sera, La Repubblica e Il Giornale, che garantisce uno spettro politico ragionevolmente equilibrato. In occasione del grande evento politico, i giornali forniscono una rappresentazione dell’Italia e degli italiani, che si traduce in definizione dell’identità nazionale.

Obiettivo dell’articolo è considerare la trasformazione del sistema dei partiti politici italiani in una prospettiva che riconosca il consolidamento del bipolarismo, nonché l’esistenza di un significativo conflitto tra i due ‘poli’. Tale prospettiva ammette il dominio del bipolarismo, ma (portando argomenti quali i conflitti entro le coalizioni, tra partiti alleati), rifiuta l’idea che questa struttura sia incontestata, ‘naturale’ o inevitabile, evitando una visione storica di tipo deterministico.

Attraverso l’esame del pensiero di Togliatti, il saggio intende mostrare che, benché le opzioni e gli atteggiamenti strategici e organizzativi del PCI postbellico siano radicati in una corretta tassonomia, nella quale sono saldamente subordinate agli autentici valori e alle mete ultime che modellano l’identità del partito, sia la tesi del ‘legame di ferro’ (cioè la relazione tra PCI e Unione Sovietica) sia la logica ‘evoluzionaria’ siano da rifiutare. Una ridefinizione di questa tassonomia mostrerebbe che la strada italiana al socialismo mirava a una ‘transizione’ verso una forma di socialismo concepita come qualitativamente differente dal modello sovietico e non conciliabile con i valori liberali del pluralismo.

L’articolo attua un’analisi preliminare della cultura della polizia del Ministero degli Interni durante il periodo fascista. Dopo un’introduzione alle fonti prevalentemente usate nella ricerca, analizza le procedure di reclutamento e addestramento nel più largo contesto delle relazioni tra la polizia e il Partito Fascista, esaminando le diverse posizioni ideologiche tra il personale di polizia, per poi riflettere sull’eredità culturale che il fascismo ha lasciato nella professione dopo il 1945.

Il saggio mostra che, mentre i motivi economici hanno giocato un ruolo cruciale nel decretare l’ascesa e il successo della Lega Nord nei primi anni Novanta, la campagna del partito in favore del neo-liberalismo, nei tagli alle tasse e l’obiettivo di far arretrare lo stato, si è basata sullo smantellamento dello stato unitario attraverso una forma radicale di federalismo, che ha sua volta si basava sulla costruzione di un’identità etnica e il diritto all’autodeterminazione. Ognuno dei tre elementi ha rinforzato e giustificato gli altri e tutti e tre hanno rappresentato le maggiori discontinuità nella politica italiana, rompendo il consenso postbellico.

Il saggio ricostruisce il contesto politico e culturale coevo alla stesura di “Niente e così sia” di Oriana Fallaci, e procede a un’analisi del testo, denunciando il forte coinvolgimento della giornalista nella materia narrata, l’affermazione enfatica del suo senso del dovere, dell’obbligo morale di essere testimone, e di un sistema di valori individuale, caratteristiche comuni ad altri libri della sua produzione di ‘scrittrice scomoda’, facile bersaglio di critiche da destra come da sinistra.

L’articolo prende in esame alcuni cambiamenti ideologici a lungo raggio di natura politica e religiosa nei quali la Costituzione italiana è rimasta un punto di riferimento stabile e flessibile. Tale flessibilità ha dato slancio all’emergenza di necessità e prospettive storiche in conflitto all’interno della comunità, offrendo protezione in momenti di bisogno. I suoi contenuti, se vi si attingesse in un certo modo, potrebbero permettere la creazione di nuove forme di partecipazione individuale e collettiva nei futuri sviluppi sociopolitici della nazione.