Studi secenteschi | 2009 | N. 50

Anno 2009 – Annata: L – N. 50
A cura di Carmela Reale

Autore/i articolo: MARCO ARNAUDO
Titolo articolo: Sul significato del giocoliere nel “Cannocchiale aristotelico” di Emanuele Tesauro

Arnaudo discute il brano del “Cannocchiale aristotelico” in cui si parla delle due doti dell’ingegno: perspicacia e ‘versabilità’, cioè capacità metaforica. Chi è capace di esercitare quest’ultima dote è come un ‘giocoliere’, “immagine altamente emblematica dell’artista barocco ideale” (p. 3). Proprio l’esatta accezione di questo termine nel testo tesauriano è al centro del saggio: “giocoliere” equivale ad illusionista, come si riscontra anche in Francesco Fulvio Frugoni, e i “calcoli” citati nel medesimo brano del “Cannocchiale” esaminato sono “sassolini”, utilizzati appunto nei giochi di prestigio. Non meraviglia la scelta della similitudine del giocoliere nel contesto del “Cannocchiale” se si ricorda l’interesse per i giochi di prestigio fra Cinque e Seicento e l’uso che ne facevano anche gli attori più quotati. La retorica, d’altronde, è paragonata ai giochi di prestigio anche da autori come Cicerone e Sesto Empirico, nonché Seneca, tuttavia con valenza diversa. La fonte diretta rispetto agli ultimi due autori potrebbe inoltre essere Giovanni stefano Menochio nelle “Stuore”, la cui prima edizione è del 1646.

Lingua: Italiano
Pag. 3-14
Etichette: Tesauro Emanuele, Menochio Giovanni Stefano, Seneca, Il cannocchiale aristotelico, Trattato, Retorica, Cinquecento, Seicento,

Autore/i articolo: AMELIA CIADAMIDARO
Titolo articolo: Il ‘fauno pedestre’ di Gabriello Chiabrera. Per una lettura dei “Sermoni”

Il saggio rielabora l’introduzione alla tesi di dottorato “I ‘Sermoni’ di Gabriello Chiabrera. Testo critico e commento”, discussa nel Dipartimento di Filologia dell’Università della Calabria. Dopo aver tracciato il quadro della tradizione manoscritta e a stampa dei “Sermoni”, Ciadamidaro si sofferma sulla diversità dell’esperienza poetica di questi componimenti rispetto alla precedente produzione di Chiabrera; ricorda la presenza in essi della storia internazionale, nazionale e locale; richiama i caratteri giovenaliani piuttosto che oraziani della satira; pone in luce il permanere dei tratti autobiografici, ma diversamente che nelle liriche civili, senza per questo che il ‘delectare’ sia disgiunto dal ‘docere’. “Il filo conduttore dell’opera è la riflessione sull’incontentabilità dei desideri umani” (p. 28), anche se possono essere indicati esempi positivi da proporre a modello. Ciadamidaro si occupa poi di individuare le fonti letterarie dei “Sermoni”, al di là, naturalmente, di Orazio, e rintraccia autori antichi e moderni i cui testi sono stati sottoposti a riuso originale, come accade per Giovenale, Marziale, alcune volte per Persio, molto per Ercole Bentivoglio, Antonio Fileremo Fregoso, ma anche Dante, Petrarca, Boccaccio. Dal punto di vista linguistico invece gli autori di riferimento sono Angelo Poliziano e Niccolò da Correggio prima di tutti, ma anche Tasso e Marino. La scelta della forma epistolare (cui si ispira la stessa struttura retorica dei componimenti), la predilezione accordata all’endecasillabo sciolto, il registro ironico, l’utilizzo sapiente degli artifici stilistici e metrici contribuiscono insieme ad un risultato armonico che ha il suo punto di forza nella ricerca dell’equilibrio.

Lingua: Italiano
Pag. 15-47
Etichette: Chiabrera Gabriello, Orazio, Bentivoglio Ercole, Sermoni, Poesia, Retorica, Tecento-Seicento,

Autore/i articolo: CLAUDIO CICOTTI
Titolo articolo: L'”Adone” nel mezzo del suo torneo lessicale

Il dibattito sull'”Adone” suscitato dall’offensiva di Stigliani nel suo “Occhiale” coinvolse marinisti e antimarinisti, trovando uno dei suoi campi nel lessico utilizzato da Marino. Cicotti si sofferma su alcuni termini presenti nel XX canto del poema mariniano, iniziando da “sortice”, presente nella stanza 274 e, secondo Stigliani, utilizzato impropriamente in luogo di “quintana”, come dimostrerebbero anche “facchin” nella stanza 277 e “saracin” nella 327. L’accusa suscita la difesa da parte di Girolamo Aleandro e Nicola Villani, che utilizzano – afferma Cicotti – il “Vocabolario della Crusca” del 1623, che dà un’interpretazione di “quintana” che può giustificare il termine “sortice”, diversamente da quanto lo stesso vocabolario chioserà nel 1691 e da quanto aveva ritenuto Alessandro Tassoni. Una definizione di “sortice” è peraltro assente nelle edizioni del vocabolario della Crusca e si deve giungere al 1998 per trovare il termine nel “Grande dizionario della lingua italiana” diretto da Salvatore Battaglia. Cicotti conclude affermando che con “sortice” Marino voleva indicare il gioco dell’anello, gioco diverso da quello della quintana, nominato e illustrato nelle stanze 250-254 e che l’errore di interpretazione in Stigliani, ma anche nei difensori di Marino, nasce dalle oscillazioni semantiche di “quintana” in area toscana e nell’uso vivo di altri territori italiani. D’altronde il significato originario di ‘quintana’ sembra essere proprio quello di anello, come attesta l’uso del termine per indicare l’organo sessuale femminile. Se ‘quintana’ può indicare l’anello, non si può escludere che, viceversa, ‘sortice’ sia usato da Marino con significato di fantoccio. Un altro difensore di Marino, Giovan Pietro D’Alessandro, invece, utilizzando esplicitamente il Vocabolario della Crusca, ritiene che la quintana nominata nella stanza 252 sia propriamente il gioco dell’anello e che solo nelle stanze 253 e 254 si descriva il gioco del fantoccio. Gli interrogativi prospettano soluzioni alternative, ma la possibilità che i giochi del canto XX siano due permette di assegnare al termine “bagordo”, utilizzato nella stanza 251, il significato proprio di torneo, poiché nel canto XX Marino descriverebbe appunto un torneo (a più giochi) e non una giostra (a gioco unico).

Lingua: Italiano
Pag. 49-61
Etichette: Marino Giovan Battista, Stigliani Tommaso, Adone, L’occhiale, Vocabolario della Crusca, Marinismo, Antimarinismo, Lingua, Critica letteraria, Poema. Poesia, Seicento,

Autore/i articolo: ALEXANDRA DANET
Titolo articolo: El “Rómulo” de Fabricio Lanario de Aragón (Naples, 1635): notes sur une traduction espagnole méconnue du “Romulo” de Virgilio Malvezzi

Fabricio Lanario (il cui ritratto, presente nell’edizione di “El Romulo”, è riprodotto a p. 68, mentre a p. 85 è stampata l’antiporta), è autore di una traduzione – edita a Napoli nel 1635 e finora sconosciuta – del “Romulo” di Virgilio Malvezzi, il cui unico esemplare noto è conservato nella Biblioteca Nazionale di Madrid. Il saggio è particolarmente attento all’apparato paratestuale dell’edizione e numerosi dei testi di corredo vi sono anche pubblicati. Come in genere le traduzioni dall’italiano in spagnolo edite a Napoli nel Seicento, anche questa testimonia che destinatari privilegiati erano i letterati vicini al potere. Secondo una lettera del nonno del traduttore pubblicata dopo il testo, Fabricio Lanario aveva compiuto la traduzione a quindici anni; ciò fa ipotizzare una traduzione a più mani. Del resto essa ben si inquadra in una sequenza di opere del padre di Fabrizio, Francisco, e del nonno materno; né sembrano estranee al lavoro le relazioni di Francisco Lanario col duca d’Olivares, interessato alle traduzioni delle opere malvezziane per un utilizzo politico, come anche nel caso del “Romulo”. Le edizioni napoletane delle opere di Malvezzi peraltro indicano con chiarezza l’importanza dei rapporti fra potere politico e circoli letterari. Il saggio è corredato da un sunto in italiano di Martino Capucci.

Lingua: Francese
Pag. 63-87
Etichette: Malvezzi Virgilio, Lanario Fabricio, Lanario Francisco, Romulo, Romanzo, Traduzione, Paratesto, Prosa, Seicento,

Autore/i articolo: ELENA TAMBURINI
Titolo articolo: Dietro la scena: comici, cantanti e letterati nell’accademia romana degli Umoristi

Lo studio intende dimostrare l’importanza dell’ambiente culturale romano per la nascita dell’opera in musica ‘all’uso di Venezia’ prima della transizione fuori dal territorio d’origine. L’autrice si è avvalsa del confronto continuo con la musicologa Gloria Staffieri, partecipe anche dell’idea iniziale di condurre la ricerca. Roma si distingueva nel XVII secolo per presenza di molteplici corti spesso culturalmente autonome e di accademie, fra cui quella degli Umoristi, di particolare importanza per la dimensione teatrale della cultura. Ad indicare il percorso viene scelto Giovan Vittorio Rossi (Giano Nicio Eritreo) con la sua “Pinacotheca”. Fra gli autori nominati sono Jacopo Cicognini e Giulio Strozzi; ugualmente si prende in considerazione la diaspora veneziana delle cantanti romane. Altro testo dell’Eritreo denso di esplicite allusioni all’ambiente romano e quindi sua ulteriore chiave di lettura è l'”Eudemia”, opera in cui è descritto il palazzo romano sede dell’Accademia degli Umoristi, con specifica attenzione – secondo la Tamburini – alle manifestazioni teatrali, a testimonianza dell’apertura della cultura ‘alta’ verso quella ‘bassa’ della commedia. Dal 1623, anno dell’elezione al pontificato di Maffeo Barberini e di Giambattista Marino a Principe degli Umoristi, si celebra la rottura fra una cultura aperta all’innovazione e un canone culturale ortodosso. In particolare Marino fu il centro della rottura degli equilibri interni all’Accademia, che declinerà in modo inevitabile dopo il 1630; d’altronde nel 1627 l'”Adone” era stato messo all’Indice, pochi anni dopo arriverà la condanna di Galilei. Teatro e musica si pongono entrambi su linee parallele in cui sacro e profano si differenziano fortemente e dove è il primo a prevalere in modo assoluto nell’ambiente romano. Di segno opposto le quattro biografie apologetiche dedicate a Marino, emblema in tal senso dell’autonomia della cultura e della convergenza fra letteratura e arti figurative. Tamburini ricorda infine il quadro di Poussin “Trionfo d’Ovidio” – riprodotto in una tavola fuori testo – in cui il poeta latino ha le sembianze mariniane; pittura e poesia apparivano legate da quell”ut’ che le unificava e attraverso la libera composizione degli elementi rifondavano un’arte autonoma, inaccettabile per la Roma barberiniana.

Lingua: Italiano
Pag. 89-112
Etichette: Barberini Maffeo, Urbano VIII, Marino Giovan Battista, Poussin Nicolas, Rossi Giovan Vittorio, Eritreo Giano Nicio, Accademia degli Umoristi, Poesia, Pittura, Teatro, Seicento,

Autore/i articolo: FRANCESCO GIANCOTTI
Titolo articolo: Annotazioni alle poesie di Tommaso Campanella

Giancotti risponde puntualmente – dopo un precedente intervento parziale – a molte delle osservazioni contenute in una recensione, peraltro positiva, dello scomparso Guido Sacchi alla sua edizione delle poeie di Campanella (Einaudi 1998). Molte (non tutte) ‘osservazioni’ di Sacchi vengono riprese e discusse da Giancotti apportando dimostrazioni ulteriori alle proprie tesi e commentando anche in questo lavoro le poesie con altre poesie e opere in prosa di Campanella stesso.

Lingua: Italiano
Pag. 113-134
Etichette: Campanella Tommaso, Sacchi Guido, Le poesie, Atheismus triumphatus, Poesia, Seicento,

Autore/i articolo: MARÍA DE LAS NIEVES MUÑIZ MUÑIZ – MONTSERRAT CASAS NADAL
Titolo articolo: Las traducciones españolas de “L’unione del regno di Portogallo alla corona di Castiglia” de Conestaggio (1585): texto y paratexto

Vengono prese in considerazione le traduzioni spagnole dell’opera di Geronimo Conestaggio de Franchi “Dell’unione del regno di Portogallo alla corona di Castiglia”, edita a Genova nel 1585. L’opera, di contenuto politico antiportoghese, diretta al doge e alla classe al potere nella repubblica ligure, attirò sull’autore non poche critiche; ben maggiori furono, tuttavia, quelle riservate alla pubblicazione a Venezia nel 1615 di “Delle guerre della Germania Inferiore”, di cui nel saggio sono pubblicate inoppugnabili testimonianze. All’opera del 1585 arrise invece una notevole fortuna spagnola con ben dodici copie di sei traduzioni manoscritte – di cui una finora sconosciuta -, delle quali otto dopo la seconda edizione italiana, come testimonia la presenza dell’indirizzo al lettore. Nessuna delle dodici traduzioni manoscritte peraltro corrisponde all’unica edizione spagnola, stampata a Barcellona nel 1610; tutte testimoniano l’intensa circolazione del testo fra fine Cinquecento e Seicento. La prima traduzione manoscritta, che non attribuisce l’opera originale al Conestaggio, si ha già fra il 1587 e il febbraio 1588. Vengono brevemente esaminate le dodici traduzioni e quindi l’edizione del 1610; infine si analizza la ricezione dell’opera attraverso gli interventi di replica successivi, a partire dalla “Historia de Portugal” di Antonio de Herrera y Tordesillas del 1591. Al saggio seguono alcune tabelle: traduzioni manoscritte e a stampa con autore di “L’unione …”, con le localizzazioni delle copie e le varianti di incipit e explicit; copie manoscritte anonime confrontate negli incipit e explicit con le traduzioni di Pedro Manrique (una) e di Diego de Roys (due); le quattro versioni presenti in otto mss. dell’indirizzo al lettore (sempre relativamente a incipit e explicit) con identificazione del traduttore; il quadro riasuntivo delle traduzioni manoscritte; lo stemma dell’edizione italiana del 1585, dell’impressione del 1589, dell’emissione del medesimo anno, dell’edizione del 1592 e dei mss. derivanti da ciascuna.

Lingua: Spagnolo
Pag. 137-170
Etichette: Conestaggio de Franchi Geronimo, L’unione del regno di Portogallo alla corona di Castiglia, Storia, Politica, Traduzione, Paratesto, Prosa, Cinquecento, Seicento,

Autore/i articolo: FLORIANA CONTE
Titolo articolo: Storia figurativa e storia linguistica a Firenze dopo il 1682: “Il ritratto di Filippo Baldinucci tra le Accademie della Crusca e del Disegno” dipinto da Pier Dandini

Il saggio si occupa preliminarmente della figura di Filippo Baldinucci, ponendo in risalto le notevoli possibilità di ricerca che essa, non sufficientemente indagata, ancora permette. Successivamente il lavoro si concentra sul ritratto eseguitone da Pier Dandini, ricordando che il figlio Francesco Saverio ne attribuisce la genesi al convincimento operato sul Baldinucci dal pittore e dagli amici dopo il buon successo del ritratto di famiglia dei suoi cinque figli dipinto da Dandini stesso. In possesso del figlio di Baldinucci Francesco Saverio almeno fino a dieci anni circa dalla propria morte, del ritratto vengono poi ipotizzati i possibili passaggi (in mancanza di documentazione certa) fra il 1729 e il suo arrivo all’Accademia della Crusca, ma soprattutto se ne studia la fortuna attraverso le riproduzioni (incisioni per lo più) che ne sono state ricavate. Infine il ritratto viene esaminato in tutta la sua complessa composizione dal punto di vista iconologico e se ne determina la datazione fra la metà del 1693 e, al massimo, la fine del 1696. Dieci riproduzioni in due tavole fuori testo stampate r./v. corredano il lavoro.

Lingua: Italiano
Pag. 171-207
Etichette: Baldinucci Filippo, Baldinucci Francesco Saverio, Dandini Pietro, Accademia della Crusca, Pittura, Arte, Seicento, Settecento,

Autore/i articolo: JANIE COLE
Titolo articolo: Image-making and female rule in Seicento Florence: music-theatre under the Medici women

Il lavoro prende in considerazione i sette anni di governo in Toscana (febbraio 1621 – luglio 1628) di Maria Maddalena d’Austria e di Cristina di Lorena, in conseguenza della morte di Cosimo II Medici e fino al raggiungimento dell’età necessaria per Ferdinando II per succedere effettivamente al governo del Granducato. Contrariamente a quanto comunemente affermato, le due donne, anche prima del 1621, furono protagoniste di un attento e programmatico mecenatismo, soprattutto nel campo degli spettacoli musicali (sia profani che sacri), nell’intento della promozione del potere femminile, dell’affermazione delle proprie scelte e come veicolo della propria opinione sugli avvenimenti politici. Inoltre si studiano da questo punto di vista durante e dopo il periodo della reggenza le scelte delle principesse Maria Maddalena de’ Medici, Vittoria della Rovere e Anna de’ Medici, con particolare riferimento al convento domenicano fiorentino di Santa Croce, agli artisti che vi erano invitati e alle opere che vi venivano rappresentate. Al saggio è accluso un riassunto in italiano.

Lingua: Inglese
Pag. 209-226
Etichette: Medici famiglia, Maria Maddalena d’Austria, Cristina di Lorena, Teatro, Musica, Religione, Seicento,

Autore/i articolo: ALICE SEDGWICK WOHL
Titolo articolo: Light and dark in the Contarelli chapel: a reconsideration of Caravaggio’s images of Saint Matthew

Il saggio riguarda i dipinti di Caravaggio nella Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma. Le pitture hanno come soggetto San Matteo nel momento della vocazione, in quello dell’ispirazione e in quello del martirio. In particolare, dopo aver analizzato il dibattito degli ultimi venticinque anni su quale figura del dipinto della vocazione sia da identificare con il santo e aver apportato prove per individuarlo nel giovane in ombra, l’autrice del saggio attribuisce alla figura barbuta centrale nella composizione il valore di testimone della vocazione e insieme di rappresentante dei peccatori, prestandogli le sembianze del cardinale Contarelli, di cui si condannava così l’avarizia. L’utilizzo di ombra e luce, che sembra trasferire la centralità del dipinto sull’uomo barbuto – perciò considerato a torto immagine del santo -, mentre il vero protagonista è in ombra, produce, però, un’iconografia di Matteo simile alla figura centrale della “Vocazione” nella seconda versione dell'”Ispirazione”, notevolmente diversa dalla prima. Il saggio, cui è aggiunto un riassunto in italiano, è corredato da tredici fotografie in quattro tavole fuori testo stampate r./v.

Lingua: Inglese
Pag. 229-257
Etichette: Caravaggio, Merisi Michelangelo, Contarelli Matteo, Pittura, Seicento,

Autore/i articolo: ALFONSO MIRTO
Titolo articolo: Lorenzo Legati e Firenze: carteggio con Francesco Redi e Antonio Magliabechi (1667-1676)

Mirto introduce e pubblica quindici lettere (dal 1667 al 1671) di Lorenzo Legati, erudito originario di Cremona, a Francesco Redi; venti (dal 1671 al 1676) di Legati ad Antonio Magliabechi e otto (dal 1674 al 1676) di Magliabechi a Legati. Le lettere, conservate nella Biblioteca Medicea Laurenziana (quelle indirizzate a Redi) e nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (quelle a e di Magliabechi), sono edite in ordine cronologico (mentre quelle a Redi non lo sono nel ms. di riferimento e in quello che le conserva in copia) e annotate. Fra i molti nomi che compaiono nella ricostruzione dei rapporti intellettuali di Legati e nella sua corrispondenza con Magliabechi occorre segnalare quello di Angelico Aprosio, a cui fra l’altro probabilmente si deve la presentazione dello stesso Legati a Redi.

Lingua: Italiano
Pag. 261-316
Etichette: Legati Lorenzo, Redi Francesco, Magliabechi Antonio, Aprosio Angelico, Carteggio, Erudizione, Seicento,

Autore/i articolo: ALESSANDRO BENASSI
Titolo articolo: Ancora sull’impresa del ‘libro aperto’ di Emanuele Tesauro

Benassi riconduce un fattore di scelta dell’impresa del ‘libro aperto’ in Tesauro alla conoscenza che l’autore del “Cannocchiale aristotelico” aveva dell’uso della medesima impresa da parte di Alfonso I d’Aragona (la cui presenza nell’opera a proposito dell’argutezza non può sfuggire), cosa che gli era probabilmente nota attraverso la trattatistica precedente. Altra fonte per l’impresa del ‘libro aperto’ è l'”Iconologia” di Cesare Ripa.

Lingua: Italiano
Pag. 317-321
Etichette: Tesauro Emanuele, Alfonso I d’Aragona, Ripa Cesare, Il cannocchiale aristotelico, Impresa, Trattato, Quattrocento, Seicento,

Autore/i articolo: DAVIDE DAOLMI
Titolo articolo: Sugli ultimi libretti di Giulio Rospigliosi

Daolmi ritorna sulle conclusioni di un suo saggio pubblicato in “Studi decenteschi” nel 2005 per modificare la tesi allora espressa e riattribuire a Giulio Rospigliosi e non al nipote Giacomo gli ultimi quattro drammi da lui composti, sebbene emergano notevoli differenze stilistiche rispetto ai suoi drammi precedenti. Esse pongono l’interrogativo se non ci sia stata un’effettiva collaborazione fra zio e nipote.

Lingua: Italiano
Pag. 321-324
Etichette: Rospigliosi Giulio, Clemente IX, Rospigliosi Giacomo, Dramma, Teatro, Seicento,

Autore/i articolo: MARTINO CAPUCCI
Titolo articolo: Indice dei nomi e delle cose notevoli

L’indice riporta i nomi citati in modo diretto o indiretto (in forma aggettivale, antonomastica, allusiva) di persone, personaggi, opere, istituzioni culturali e quan’altro, nonché dei tipografi fino al 1800, realizzando una guida atta a soddisfare approcci pluri e interdisciplinari.

Lingua: Italiano
Pag. 325-344
Etichette: