Studi rinascimentali | 2005 | N. 3

Anno 2005 – N. 3
A cura di Cristiana Anna Addesso

Autore/i articolo: PASQUALE SABBATINO
Titolo articolo: Imitazione e illusione. Leonardo da Vinci, Varchi, Marino, Milizia

Il percorso disegnato da P. Sabbatino sul rapporto imitazione-illusione nella trattatistica sulle arti figurative, si avvia con il “Dizionario delle belle arti e del disegno” (1797) di F. Milizia, ove la voce illusione scaturisce da imitazione, intesa come imitazione della Natura e dei maestri. Milizia ritiene che l’artista (il pittore) possa portare l’imitazione fino ad una ‘illusione compita’, totalmente mimetica, solo nel ritrarre oggetti inanimati, come mostrano gli esempi di Zeusi e Parrasio (prelevati da Plinio) e di Annibale Carracci (prelevato da Bellori). Si tratta di aneddoti che si moltiplicano tra Cinquecento e Seicento, nel “Libro di pittura” di Leonardo, ad esempio, e in B. Varchi che, nella Lezione del 1546 tenuta all’Accademia fiorentina sulla disputa tra pittura e scultura, passa dall’inganno della vista a quello dei sensi, assegnando il primato dell’illusione alla scultura con esempi di agalmatofilia. A Varchi si contrappongono G.P. Lomazzo (1590) e G. Comanini (1591) che, in epoca post-tridentina, non focalizzano l’arte come perfetta imitazione, ma biasimano e mettono in guardia dall’inganno dei sensi eccitati da immagini e pose sensuali e lascive. Il percorso di Sabbatino si conclude con l’illusione in Marino, dalla Diceria Prima intitolata “La Pittura”, arte cui viene assegnato il primato dell’illusione mimetica e prospettica, all'”Adone” ove la voce illusione appare in relazione alle immagini oniriche e mostruose generate nella città del Sonno.

Lingua: Italiano
Pag. 11-27
Etichette: Da Vinci Leonardo, Marino Giovan Battista, Milizia Francesco, Varchi Benedetto, Trattato, Dizionario, Imitazione, Arte, Pittura, Cinquecento, Seicento, Settecento,

Autore/i articolo: ANNALISA ANDREONI
Titolo articolo: Benedetto Varchi all’Accademia degli Infiammati. Frammenti inediti e appunti sui manoscritti

Andreoni ricostruisce il profilo di B. Varchi all’interno dell’Accademia degli Infiammati, ripercorrendo l’itinerario delle sue lezioni accademiche attraverso originali ritrovamenti nelle Filze Rinuccini, al fine di illuminare da un lato la poetica dell’autore e di indagare dall’altro sulla tipologia della lezione accademica in ambito veneto. La studiosa parte dalle lezioni sull’Etica di Aristotele e da quella in volgare, nello specifico, finalizzata ad una nuova divulgazione della filosofia aristotelica. Numerose furono anche le lezioni di Varchi di argomento poetico, con letture e commenti sia di classici latini (Teocrito, Orazio, Tibullo, Ovidio, Virgilio) che volgari, tra cui Petrarca (Rvf 29, 182 e 210) riletto in chiave neoplatonica, Bembo (son. “A questa fredda tema”), ricondotto nell’alveo delle teorie filosofiche dell’anima, e Della Casa (son. “Cura, che di timor”), di cui Varchi mise in luce il tema della gelosia.

Lingua: Italiano
Pag. 29-44
Etichette: Varchi Benedetto, Lettioni, Accademia, Amore, Filosofia, Etica, Gelosia, Cinquecento, Venezia,

Autore/i articolo: CARLO ALBERTO GIROTTO
Titolo articolo: Una riscrittura accademica (Gelli-Doni)

Girotto dà avvio al suo saggio focalizzando brevemente la presenza e l’attività editoriale di A.F. Doni presso l’Accademia fiorentina, nello specifico menzionando le ‘burrascose’ pubblicazione de “I Capricci del bottaio” (1546) di Gelli e le “Lettioni d’Accademici fiorentini sopra Dante” (1547). L’attenzione dello studioso si sposta, ancora nell’ambito accademico, su Gelli in particolare e sulle sue lezioni petrarchesche (1547-49), di base neoplatonica ma anche con connotazioni aristoteliche. Girotto riporta ed analizza approfonditamente un’ampia porzione della Lezione gelliana sulla ballata stravagante di Petrarca “Donna mi vene” per ritornare, in realtà, al Doni, alla sua fervida stagione veneziana e alla collaborazione col Marcolini. Nel soffermarsi, infatti, sui “Pistolotti amorosi” del Doni (1558), Girotto ne mette acutamente in luce la “Lettione del Pedante”, per cogliervi una gustosa riscrittura in chiave parodica della citata lezione petrarchesca del Gelli.

Lingua: Italiano
Pag. 45-63
Etichette: Doni Anton Francesco, Gelli Giovan Battista, Petrarca Francesco, Lettioni, Accademia, Parodia, Petrarchismo, Cinquecento, Firenze, Venezia,

Autore/i articolo: ISABELLA NARDI
Titolo articolo: Straparola e il testo ‘scambiato’: “Le piacevoli notti”, notte I favola IV

Nardi riflette sul particolare ‘gioco di scambio’ tra letteratura colta e popolare, tra scrittura e oralità, insito nelle “Piacevoli notti” dello Straparola, significativamente siglate dalla firma ossimorica ‘Orfeo della carta’. La studiosa indaga sul rapporto dialettico tra il modello decameroniano e l’oralità della fiaba, portando come esempio-campione la quarta favola della I Notte, che vede protagonisti l’incestuoso Tebaldo, principe di Salerno, sua figlia Doralice e il re Genese. Il modello decameroniano agisce per Nardi sull’architettura retorica del racconto, mentre è pienamente avvertibile anche l’orizzonte fiabesco nell’impostazione della trama, nel suo intreccio e nella sua conclusione gratificante e riparatoria. In Straparola il racconto diventa un ibrido novella-fiaba che intreccia realismo e meraviglioso, insistendo su oggetti magici e categorie spazio-temporali dilatate che disancorano la storia e i personaggi dal contigente storico e dalla verosimiglianza. Nardi non manca, pertanto di indagare nel genere della ‘fiaba letteraria’ richiamandosi a Macchia, Mazzacurati, Calvino, Jolles, Beccaria.

Lingua: Italiano
Pag. 65-75
Etichette: Straparola Gianfrancesco, Le piacevoli notti, Novella, Fiaba, Realismo. Critica letteraria, Cinquecento,

Autore/i articolo: GERARDA STIMATO
Titolo articolo: Il racconto del Perseo nella “Vita” di Benvenuto Cellini: il sistema dei personaggi e il ‘modello attanziale’ di A.J. Greimas

Il modello attanziale di A.J. Greimas, il suo sistema dei personaggi classificabili in sei forme basilari e le loro funzioni (attanti), puntualmente illustrato dall’autrice del saggio, è applicato in via sperimentale all’analisi di un episodio della “Vita” di Cellini, la vicenda della realizzazione della statua del Perseo. L’analisi strutturalista consente a Stimato di far emergere da un lato la centralità eroica del Cellini, l’oggetto del suo desiderio (l’Arte e le opere), gli elementi e le persone che gli si oppongono o lo aiutano, dall’altro un quadrato semiotico che fa luce sui fattori politici ed ideologici sottesi al racconto e sulla figura e il ruolo di Cosimo dei Medici.

Lingua: Italiano
Pag. 77-86
Etichette: Cellini Benvenuto, Greimas Julien, Vita, Autobiografia, Arte, Personaggio, Strutturalismo, Cinquecento, Firenze,

Autore/i articolo: FRANCESCO DIVENUTO
Titolo articolo: L’avventura napoletana di Giorgio Vasari nel racconto del protagonista

Divenuto indaga sul soggiorno e l’attività artistica di Giorgio Vasari a Napoli nel 1544. Lo studioso passa in rassegna anzitutto l’insieme delle opere da lui lasciate in città e, in particolare, si sofferma su quelle difficilmente individuabili per il tramite delle fonti tradizionali, quali gli interventi del Vasari in Palazzo Cambi e quelli nel Palazzo del Viceré a Pozzuoli. Tratteggiando al contempo anche il clima politico, culturale ed artistico napoletano in cui Vasari si mosse, Divenuto svolge alcune riflessioni sui lavori del pittore-architetto all’interno del Convento degli Olivetani (refettorio), ricordati dal Vasari stesso nelle “Vite”, sul totale rinnovamento operato rispetto al precedente ambiente gotico funzionale all’accoglimento del suo personale programma iconografico.

Lingua: Italiano
Pag. 87-96
Etichette: Vasri Giorgio, Vite, Arte, Architettura, Cinquecento, Napoli,

Autore/i articolo: VINCENZO CAPUTO
Titolo articolo: ‘Un passatempo bello, utile e dilettevole’: la forma dialogica dei “Ragionamenti” di Giorgio Vasari

Pubblicati postumi nel 1588 da Giorgio Vasari il giovane, i Ragionamenti del più anziano e famoso Vasari sono analizzati nel saggio di Vincenzo Caputo con l’obiettivo di sottolineare le motivazione della scelta del genere dialogico da parte da parte del pittore e architetto mediceo. A partire dalla dedica e senza tralasciare le vicende editoriali, si pone una particolare attenzione alla struttura del dialogo, il quale, diviso in tre giornate, si immagina avvenuto tra lo stesso Vasari e il principe Francesco Medici, futuro granduca di Toscana, in un Palazzo della Signoria ancora in ristrutturazione. Si evidenzia, quindi, la poliedrica complessità del testo, di cui si ricostruiscono, in conclusione, le fonti (da Boccaccio a Giovio) attraverso riferimenti all’epistolario dell’artista aretino.

Lingua: Italiano
Pag. 97-112
Etichette: Vasari Giorgio, Ragionamenti, Dialogo, Arte, Politica, Cinquecento, Rinascimento, Firenze,

Autore/i articolo: LUIGI SCORRANO
Titolo articolo: Gabriele Paleotti e il ‘catechismo’ dei pittori ‘teologi mutoli’

Scorrano mette in luce i punti nodali del “Discorso intorno alle immagini sacre e profane” (1582) del cardinale Gabriele Paleotti, un’opera ‘normativa’, scritta nel clima tridentino, circa la questione della rappresentazione delle immagini sacre e del ruolo dei pittori quali teologi ‘muti’. Lo studioso sottolinea l’importanza assegnata nel “Discorso” al pittore come buon artefice cristiano, partecipe dell’impresa pastorale, alla pittura come economico catechismo figurato. Non mancano nel “Discorso” esempi, derivati nello specifico da P. Cavallini e Beato Angelico, ma soprattutto non mancano criteri di orientamento per il pittore. Paleotti, infatti, classifica tra pitture temerarie, scandalose, erronee, eretiche ed apocrife; si sofferma sul tema dell’Annunciazione e sul modo corretto di rappresentarla; mette in guardia dalla pericolosa ‘classicità’ con cui sono raffigurati i santi e le sante, dunque sull’incompatibilità tra il fine cristiano e dottrinale del pittore e l’insano suo desiderio di lode.

Lingua: Italiano
Pag. 113-127
Etichette: Paleotti Gabriele, Discorso intorno alle immagini sacre e profane, Trattato, Arte, Pittura, Cristianesimo, Concilio di Trento, Cinquecento,,

Autore/i articolo: GAETANA CANTONE
Titolo articolo: Dal teatro di memoria alle città della conoscenza

Prendendo spunto dallo studio di F.A.Yates su “L’arte della memoria” e, nello specifico, interessandosi allo sforzo di Giordano Bruno di conquistare la conoscenza attraverso la mnemotecnica, Cantone amplia le sue riflessioni ai ‘teatri di memoria’ di Delminio Giulio Camillo e Bruno stesso, sottolineandone analogie e differenze con le città utopiche del Cinquecento e con la “Civitas Veri” di Bartolomeo Del Bene.

Lingua: Italiano
Pag. 129-152
Etichette: Bruno Giordano, Campanella Tommaso, Delminio Giulio Camillo. Del Bene Bartolomeo, Città, Memoria, Cinquecento,

Autore/i articolo: ROSARIO MANFREDI
Titolo articolo: ‘La più amena e dilettevole parte che abbia il mondo’. Napoli nei ‘ritratti’ di città del Cinquecento

R. Manfredi compie un itinerario all’interno del genere della ‘descrizione’ di città, guardando in particolare ad opere onnicomprensive come quelle di Filippo Foresti, Cesare De Solis, Flavio Biondo, Iacopo Sansovino, Leandro Alberti, per rintracciarvi la presenza di Napoli. Lo studioso prende le mosse dal ruolo della storia cittadina in tali opere, che scaturisce dalle testimonianze presenti sul territorio: nel caso di Napoli, si tratta di focalizzare particolari urbanistici come Castel Nuovo e le varie fortezze cittadine, il Molo, o la storia della leggendaria fondazione di Palepolis e del sepolcro di Partenope. Elementi caratterizzanti la città di Napoli nelle opere sopra menzionate sono, per Manfredi, il versante sacro-religioso e, soprattutto, il paesaggio. Napoli è sempre connotata come amena, dilettevole, gentile, come una città edenica di eterna primavera, ricca di giardini di delizie come quello aragonese di Poggioreale o come quelli dei numerosi palazzi signorili, testimonianze concrete della sua ‘nobilissima’ natura.

Lingua: Italiano
Pag. 153-169
Etichette: Napoli. Città, Cinquecento,

Autore/i articolo: CRISTIANA ANNA ADDESSO
Titolo articolo: Un ‘sepolcro di candidissimi marmi & intagli eccellentissimi’. Sannazaro nelle ‘guide’ di Napoli

C. Addesso indaga sulla presenza del Sannazaro e sull’attenzione riservata nelle ‘descrizioni’ e ‘guide’ di Napoli alla sannazariana zona di Mergellina con la Chiesa di S. Maria del Parto, fatta edificare dal poeta in consonanza col poema “De partu Virginis”. Accanto ad opere ove ricorre l’omaggio al Sannazaro (Fuscano, Del Tufo, Tarcagnota), si collocano descrizioni cittadine, come quelle del Di Falco e di De Stefano, in cui l’attenzione si focalizza sulla chiesa e sul monumento sepolcrale del poeta, e guide come quella del Capaccio, D’Engenio Caracciolo, Celano, Sarnelli, Parrino, Sigismondo, mediante le quali l’autrice ricostruisce anche altre questioni inerenti la proprietà sannazariana di Mergellina e alcune peculiarità del monumento. Il sepolcro del poeta in S. Maria del Parto finisce inoltre per trovarsi al centro di una disputa sulla difesa dell’arte napoletana, preso atto dell’ostinata sua attribuzione, da parte dei descrittori, al Santacroce di contro alla oggettiva oltre che vasariana paternità ascrivibile al senese Montorsoli (ed aiuti). Il saggio di Addesso prosegue, inoltre, cercando di sciogliere, ancora mediante la lettura di guide e descrizioni cittadine, il significato dell’enigmatico bassorilievo incastonato al centro del sepolcro, probabile allusione autobiografica. Infine l’autrice riflette sul senso del trascorrere del tempo, sul significato della morte e sulla funzione eternatrice della poesia, emergente dalla produzione sia latina che volgare del Sannazaro.

Lingua: Italiano
Pag. 171-198
Etichette: Sannazaro Iacopo, Arte, Cinquecento, Napoli,

Autore/i articolo: MICHELE STANCO
Titolo articolo: A Kingdom for a Stage. Shakespeare’s Theatricalisation oh History

Il saggio di M. Stanco, in lingua inglese, si propone di indagare sul teatro storico in età elisabettiana, risultato dell’adattamento di materiali storiografici nei codici teatrali della commedia e della tragedia, con particolare attenzione a Shakespeare. Il percorso si avvia dalla rappresentazione teatrale del ‘potere’ e dalla sua ‘opacity’, relazionabile all’impossibilità di calare la storia in un preciso genere del tutto tragico o del tutto comico. Per Stanco c’è infatti da riflettere sulla stessa divisione delle opere di Shakespeare in Comedies, Histories e Tragedies. L’autore cerca di dimostrare come il drammaturgo inglese, pur calando la storia nella forma della tragedia e della commedia, ne metta sempre in discussione gli schemi e le convenzioni conservando al loro interno elementi anti-tragici o anti-comici. L’esemplificazione è fornita dal “Richard II”, dal “Henry IV. Part One” e dal “Henry IV”.

Lingua: Inglese
Pag. 201-217
Etichette: Shakespeare William, Teatro, Storia, Potere, Cinquecento,

Autore/i articolo: ANNA MARIA PALOMBI CATALDI
Titolo articolo: Political Strategies and Court-Masques. 1623

Il saggio di Palombi Cataldi, in lingua inglese, riflette sullo spettacolo cortigiano inglese noto come ‘masque’, a carattere encomiastico verso il sovrano e socio-pedagogico verso i sudditi e la corte. La studiosa si sofferma in particolare su un testo ascrivibile, ma in termini antifrastici, a questo genere: “Neptunes Triumph for the Return of Albion” (1624) di Ben Johnson. Andando alla ricerca delle motivazioni che ne impedirono la messa in scena, la studiosa si sofferma sia sui contenuti allegorici del testo, sia sul contesto politico in cui nacque, segnato dalle strategie ‘matrimoniali’ e dal soggiorno spagnolo del principe Charles.

Lingua: Inglese
Pag. 219-229
Etichette: Johnson Ben, Teatro, Corte, Politica, Seicento,

Autore/i articolo: MARIA CRISTINA CAFISSE
Titolo articolo: I due sonetti bruniani di Giuseppe Aurelio Costanzo

Cafisse analizza i due sonetti dedicati dal siciliano Giuseppe Aurelio Costanzo (1843-1913) alla personalità e al pensiero di Giordano Bruno. L’autrice contestualizza i componimenti e i loro contenuti nell’ambito della riflessione ottocentesca sul filosofo nolano (si pensi alla sola edizione delle sue opere latine), li indaga e li analizza verso per verso sottolineandone il doppio tono ironico (per mettere in rilievo la presunta colpa bruniana) e realistico (per denunciare l’inutile e brutale sua condanna), non mancando di cogliervi alcuni presupposti della filosofia di Bruno.

Lingua: Italiano
Pag. 233-239
Etichette: Bruno Giordano, Costanzo Giuseppe Aurelio, Poesia, Filosofia, Cinquecento, Ottocento,