Studi novecenteschi | 2000 | N. 60

Il percorso attraverso i due testi narrativi di Jesi (la fiaba “La casa incantata” e il romanzo breve incompiuto: “L’ultima notte), entrambi postumi, si articola intorno al concetto di mito e di quelle spie semantiche che nell’opera dello studioso di religioni e germanista prendono i tratti della notte (tempo della fecondità e del possibile, della distanza dalla divinità e della sua ricerca), del vampiro come principe delle tenebre e dell’eterno ritorno.

L’autrice segnala la forte presenza della memoria pascoliana e della poesia simbolista francese nell’opera di Corazzini, in cui quei motivi diventano tessere di un romanzo autobiografico crepuscolare.

La tematica amorosa, in quella precisa alchimia fra sogno nutrito dalla stagione dei poeti intimisti francesi e distanza e ironia, è al centro della selezione operata dall’autore sul corpus gozzaniano, di cui l’autore segnala soprattutto i debiti verso la tradizione italiana più o meno prossima (Dante e D’Annunzio).

Indagando il rapporto fra il narratore e il protagonista, sotto i segni dell’ideologia e degli espedienti narratologici, l’autore scopre nella conciliazione-ambiguità la figura cardine del “Gattopardo”, simbolo di una morte che è cancellazione storica e individuale.

L’autore indica nell’opera di Stern la valenza della memoria, come strategia di sopravvivenza non autobiografica ma corale: tempi e luoghi della narrativa sterniana sono infatti quelli di una civiltà contadina, di un passato che non necessariamente è dell’autore, ma bene comune.

Nel “Maestro di Vigevano”, l’autore trova la volontà poetica di narrare la Storia, ovvero di fare dei personaggi degli individui socialmente connotati, che nel dialogare con la storia trovano come unica via di fuga dalla realtà l’utopia, o nella immersione fallimentare nell’ambiente familiare.

L’autore indaga il rifluire del pensiero del filosofo novecentesco Giorgio Agamben nell’opera di Caproni, a partire da alcuni temi forti del poeta: la perdita (veicolata attraverso un uso dei pronomi senza referenti), il rapporto fra la parola sospesa e il pensiero, la citazione ecc.

Analisi stilistica dell’opera di Majorino, quella proposta dall’autore che gli consente di indicare accanto a Brecht, Eliot e agli altri padri putativi del poeta novecentesco anche Wallace Stevens, maestro indiscusso della sprezzatura di Majorino.

Partendo dall’ultima raccolta di Giovanni Giudici, “Quanto spera di campare Giovanni”, edita nel 1993, l’autore propone una lettura attenta all’intertestualità interna, capace di segnalare un percorso poetico individuale e al contempo segnala un quarto tempo nell’opera dello scrittore ligure.