Studi medievali e umanistici | 2005 | N. 3

Anno 2005 – Annata: III – N. 3
A cura di Alessandra Tramontana

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Dalla biblioteca di Guarino a quella di Francesco Barbaro

Il contributo dello studioso consente di far breccia sui rapporti e gli scambi culturali intercorsi a Venezia a metà della seconda decade del secolo XV tra Guarino e Francesco Barbaro, che dal maestro veronese ereditò il vivido amore per gli studi letterari e l’attivo impegno per il recupero della tradizione classica. Si trattò soprattutto di vicende di libri, spesso di produzione costantinopolitana (e specificamente nati nell’ambito del circolo di scrittura di Isidoro di Kiev), passati dalla biblioteca di Guarino a quella di Francesco Barbaro, a quella -a volte- del nipote Ermolao. ‘E la storia di questi manoscritti che Rollo ricostruisce, attraverso lo studio delle mani che li hanno vergati, delle note di possesso, delle eventuali indicazioni filologiche che aiutano alla datazione del prodotto, dei rapporti, soprattutto grafici, con altri codici. Tra gli altri solo un esempio. Prezioso appare il risultato dell’indagine sull’Ambr. E 111, contenente anche orazioni di Dione Crisostomo e con note di possesso in latino e greco, erase ma leggibili con la lampada di Wood, di Guarino e di Francesco Barbaro. Il codice, ricollegabile sotto il profilo grafico ad altri volumi di Guarino e probabilmente confezionato nell’ ‘entourage’ di Isidoro di Kiev su richiesta dell’umanista, oltre a costituire una testimonianza precoce della circolazione delle opere dionee in Italia, fornisce una tessera di rilievo nel paziente lavoro di ricerca in atto sui rapporti di collaborazione tra i due dotti.

Lingua: Italiano
Pag. 9-28
Etichette: Barbaro Francesco, Guarino Veronese, Quattrocento, Biblioteca, Manoscritto, Studia humanitatis, Umanesimo,

Autore/i articolo: DENNIS E. RHODES – MICHELE FEO
Titolo articolo: Sul tipografo Simone di Niccolò Nardi da Siena

‘E dedicato all’attività editoriale di Simone di Niccolò dei Nardi, il primo tipografo nativo di Siena ed ivi operante, il saggio di Rhodes e Feo. Rispetto al contributo del 1926 di Fabio Iacometti, nel quale sono elencate 47 edizioni dello stampatore senese, oggi è possibile attribuirgliene più di ottanta. La sua attività (1510-1539) si è rivolta a diverse tipologie di opere: testi universitari, umanistici e libri di media cultura da una parte; commedie, farse, egloghe pastorali dall’altra. Su questa seconda tipologia si concentra in particolare l’attenzione di Feo. Dei libri popolari stampati da Simone lo studioso descrive marche tipografiche (che attestano, tra l’altro, una società avviata nel 1511 con il libraio Giovanni di Alessandro Landi, probabilmente nei panni di editore) e ornamentazione (frontespizi, capilettera ornati, illustrazioni), dai quali emerge costante la cura raffinata e l’eleganza anche originale dei particolari. Apparentemenete inspiegabile appare, pertanto, il ‘disastro tipografico’ che fu l’edizione del “De cardinalatu”, stampato nel 1510 nel castello di Castro Cortesio, dove Simone era stato invitato da Paolo Cortesi appunto a questo scopo. Solo la precoce morte dell’autore, infatti, e il conseguente, probabile incrinarsi dei rapporti con i committenti possono giustificare le brutture di tale edizione, priva di frontespizio e di un solo capolettera o fregio e zeppa di errori di stampa: elemento certo non imputabile all’imperizia di quello stesso Simone senese, di cui finora si è detto.

Lingua: Italiano
Pag. 29-46
Etichette: Nardi Simone di Niccolò, De cardinalatu, Trattatistica, Commedia, Cinquecento, Stampa, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO PAGLIAROLI
Titolo articolo: Ludovico degli Arrighi

Ludovico degli Arrighi fu personalità versatile, operante nel primo ‘500 nell’ambito dell’arte del libro; ricoprì infatti il ruolo di copista, calligrafo, disegnatore e stampatore. Pagliaroli si sofferma sulla sua produzione di copista ed elenca a questo scopo ventitrè codici sicuramente di mano dell’Arrighi, riuscendo, tra l’altro, ad anticipare di due anni, rispetto ai risultati degli studi concordemente accettati fino ad oggi, l’esordio della sua attività di copista: al 1508 riconduce infatti la sottoscrizione del manoscritto Vit. 22-3 della Biblioteca Nacional di Madrid, contenente “Canzoniere” e “Trionfi” del Petrarca. L’antigrafo, riprodotto con un’attenzione straordinaria anche nelle particolarità più minute è l’Aldina del 1501. Non si tratta comunque dell’unico caso in cui a fare da modello all’Arrighi sia stata un’edizione: anche alle spalle del codice XV D 6 della Universiteitsbibliotheek di Amsterdam, contenente la traduzione latina dell’ “Etica Nicomachea”, ricondotta dallo studioso a Giovanni Argiropulo nella redazione curata da Pietro Marso, sta infatti la stampa romana per i tipi di Silber del 1492. Perdura, in questo caso, lo scrupolo del calligrafo, attento a riprodurre alla perfezione anche ortografia ed interpunzione dell’antigrafo, il che tradisce la profonda cultura letteraria dell’Arrighi, testimoniata pure dall’originale programma editoriale messo in atto durante la sua attività.

Lingua: Italiano
Pag. 47-79
Etichette: Vicentino, Arrighi Ludovico, Cinquecento, Manoscritto, Stampa, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALDO ONORATO
Titolo articolo: Albertino Mussato e Magister Ioannes: la corrispondenza poetica

I ff. 227r-228v del ms. Vat. lat. 6875 consentono di far luce su alcuni aspetti del famoso scambio epistolare tra Albertino Mussato e il finora non identificato maestro veneziano Giovanni. Dei tre testi ivi contenuti, il primo, fino ad oggi sconosciuto, restituisce il tassello iniziale della polemica; gli altri due, invece, per quanto già noti, presentano qui rispettivamente varianti redazionali e una stesura profondamente diversa. Onorato, inoltre, riesce ad identificare il maestro interlocutore di Mussato con Giovanni Cassio, durante la prima metà del secolo XIV e poi a lungo ‘doctor’ o ‘professor grammaticae’ veneziano, con contatti di un certo rilievo con notabili della città. I testi pubblicati dallo studioso chiariscono così da dove nasceva la spinta accolta dal Mussato nella sua ‘responsiva’ a definire natura e contenuti della poesia, che tante accuse sarebbero costate al suo autore, coraggioso patrocinatore del binomio ‘poeta-theologus’ e fautore di un concetto fortemente innovativo di poesia. Il ms. vaticano, inoltre, offre in una versione essenziale, rispetto a quella già pubblicata sulla base di un ms. dell’Archivio di Stato di Venezia, il breve carteggio di Mussato sull’eccezionale evento del parto di una leonessa a Venezia: è probabile che in questa sede la richiesta al poeta di immortalare con i suoi versi la vicenda straordinaria costituisca il testo ufficiale della petizione.

Lingua: Italiano
Pag. 81-127
Etichette: Mussato Albertino, Epistolario, Trecento, Manoscritto, Poesia, Umanesimo,

Autore/i articolo: CATERINA MALTA
Titolo articolo: Restauri al proemio del “De viris illustribus” di Petrarca

Il contributo della studiosa, da inquadrarsi nell’ambito di una ricerca più vasta, mette in luce la necessità di una revisione testuale del proemio al “De viris illustribus” di Petrarca, la cosiddetta ‘praefatio’ A, secondo la terminologia del curatore, Guido Martellotti, consacrata nell’Edizione Nazionale delle Opere di Francesco Petrarca. Ciò grazie all’apporto del ms. Par. lat. 6069I scoperto da Pierre de Nolhac, che contiene una diversa redazione del proemio (‘praefatio’ B). Anche in relazione alla complessa genesi dell’opera, che vide da parte dell’autore momenti di febbrile attività intervallati da pause di riflessione e ripensamenti sulla sua organizzazione strutturale, la Malta scorge nel proemio B la definizione di un progetto editoriale di ampie proporzioni (“un libro ‘a mundi primordio’ fino alle vicende esaltanti di Roma”). Pertanto la prefazione A altro non è che la redazione ‘brevior’ di quella B, scritta precedentemente. I risvolti sul piano ecdotico sono notevoli. I sette esempi in cui lo stesso passo viene proposto dalla studiosa nelle due redazioni, per quanto non sempre omogenei, rivendicano alla redazione B un ruolo di primaria importanza: una sua sistematica valutazione consentirà infatti di operare interventi filologici e di migliorare, di conseguenza, la redazione A.

Lingua: Italiano
Pag. 129-145
Etichette: Petrarca Francesco, De viris illustribus, Biografia, Trecento, Manoscritto, Edizione critica, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO PAGLIAROLI
Titolo articolo: Lorenzo Valla e il commento di Boezio al “Perì ermenéias” di Aristotele

In questo lavoro lo studioso pubblica dei ‘notabilia’ al secondo commento di Boezio al “Perì ermenéias” di Aristotele, contenuti nei margini del ms. Par. lat. 6400D della Bibliothèque Nationale di Parigi e attribuiti alla mano di Lorenzo Valla. Tale recupero costituisce un tassello importante per la ricostruzione della ‘biblioteca’ del Valla, di cui ancora poco si sa. Qui egli appare alle prese con la lettura di Boezio cui soleva attribuire, tra l’altro, la responsabilità della decadenza del latino classico, spesso contrapponendogli Quintiliano. Le postille vertono soprattutto sulla difficoltà del dettato aristotelico, su singolari scelte lessicali del commentatore medievale, sul richiamo ad autori della classicità.

Lingua: Italiano
Pag. 147-163
Etichette: Aristotele, Boezio, Valla Lorenzo, Perì ermenéias, Trattato, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALESSANDRO DANELONI
Titolo articolo: Due libri postillati dal giovane Poliziano

L’ampio contributo di Daneloni è il risultato dello studio di due codici fiorentini con postille autografe di Angelo Poliziano, di cui si danno degli ‘specimina’ in tavole fuori testo. Il primo contiene l’ “Onomasticon” di Polluce, opera di ampio respiro che, per la mole di informazioni che fornisce sulla civiltà antica, già all’inizio del Quattrocento suscitò vivo interesse presso i dotti. Giovanni Aurispa, il Traversari e il Niccoli, ma anche Giorgio Merula, forse Guarino e il Filelfo, possedevano infatti un Polluce. Un capitolo rilevante nella storia della fortuna dell’opera è costituito dal Poliziano che fin dagli anni ’70 e per tutti gli anni ’80 utilizzò copiosamente il lessico greco. L’esemplare a sua disposizione e forse di sua proprietà, fu il Laur. Plut. 58,3 che, pur appartenendo ad un ramo deteriore della tradizione manoscritta, presenta comunque una discreta ricchezza testuale. In due colonne, nei margini esterni, e per circa tre quarti del codice, si susseguono in modo sistematico ‘marginalia’ di mano del Poliziano che denunciano un’accurata lettura del testo. Le postille sono tutte in greco tranne in due casi in cui l’umanista ricorre al latino. Se l’utilizzo del codice è attestabile nell’ambito dei corsi universitari degli anni 1480-85, più dinamico e sfuggente appare il suo ruolo in relazione ai “Miscellanea”. In questa fase, e soprattutto per la “Centuria secunda”, spesso al Plut. 58,3 si sostituisce l’uso di altri maoscritti, per Daneloni identificabili attraverso una serie di riscontri testuali con l’attuale Plut. 56,12 o, più probabilmente, con il suo apografo Edili 224.
Il secondo codice vergato dal Poliziano è il Laur. Plut. 54,25 contenente le “Noctes Atticae” di Aulo Gellio, un modello per l’umanista sotto il profilo della lingua e dello stile latino, cui si ispira nel delineare la struttura dei “Miscellanea”. I ‘marginalia’ di mano del Poliziano (cui si accompagnano altre glosse di mano diverse, più volte oggetto di studio con esiti anche divergenti), qui pubblicati, sono piuttosto elementari e tendono a sottolineare autori ed opere citati da Gellio o parole rare ed arcaiche. Anche questa lettura va ricondotta al periodo giovanile dell’attività dell’umanista.

Lingua: Italiano
Pag. 165-212
Etichette: Poliziano Angelo, Onomasticon, Noctes Atticae, Trattatistica, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: ANITA DI STEFANO
Titolo articolo: Di contrasti e duelli partenopei alla corte dei Gonzaga. Una lettera di Iacopo Sannazaro

Il saggio della studiosa ricostruisce un’interessante vicenda che vede protagonista un gruppo di gentiluomini napoletani coinvolti in torbidi dissapori e per questo pronti a sfidarsi a duello a Mantova, il cui signore Federico II, figlio di Isabella, viene investito da più parti del difficile ruolo di mediatore. I fatti risalgono all’estate del 1523. I contendenti napoletani, Giovanni Tommaso di Gallara e Ferrante di Sangro, pronti ad uno scontro armato rispettivamente contro Scipione Scaglione e Marino delle Castella, sono vicini alla corte dei Gonzaga, presso la quale converge una fitta rete di epistole, oggi presso l’Archivio di Stato di Mantova e qui pubblicate dalla Di Stefano, che attestano diverse posizioni ideologiche in merito alla vicenda. Da una parte infatti stanno le lettere del vicerè spagnolo Carlo di Lannois, che perora con forza presso Federico II la necessità politica di evitare lo scontro tra i napoletani e comunque di rimettere la decisione all’imperatore (senza probabilmente ottenere lo scopo), dall’altra si pongono invece le lettere di nobili napoletani, per i quali in genere il duello resta ancora espressione di un’intera classe sociale di stampo feudale e affermazione di autonomia giuridica. ‘E in questo ambito che si colloca l’epistola che Iacopo Sannazaro nel luglio 1523 inviava al marchese di Mantova. Motivo di orgoglio per la nobiltà napoletana, ma soprattutto occasione per attestare la forte amicizia nei confronti dei Gonzaga da parte del poeta napoletano, il breve ma intenso biglietto di ringraziamento al Signore per la benevolenza accordata a Ferrante di Sangro assume così un valore paradigmatico.

Lingua: Italiano
Pag. 213-234
Etichette: Sannazaro Iacopo, Epistolario, Cinquecento, Corte, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALESSANDRA TRAMONTANA
Titolo articolo: Un paragrafo della fortuna di Luciano tra Quattro e Cinquecento: l’ “Encomio della mosca” di Pontico Virunio

Il contributo della studiosa ha per oggetto la prima sezione del manoscritto B 3471 della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, contenente una parziale traduzione della “Mosca” di Luciano di Samosata, accompagnata da un’analisi esegetico-grammaticale, qui pubblicata con un corredo di note di commento. Il codice è un autografo dell’umanista Pontico Virunio (1460-1520 circa) e costituisce un interessante tassello nell’ambito dell’ampia fortuna umanistica dello scrittore greco. Con l’apparente ordine dettato dalla regolarità del ‘ductus’, contrasta singolarmente l’estrema provvisorietà del testo (anche a livello grafico, con continua alternanza di lettere greche e latine nell’ambito della stessa parola) che tradisce la sua natura di esercizio scolastico. Lo schema espositivo è costante (un sunto esplicativo del brano greco in esame, la traduzione, l’esegesi grammaticale dei vocaboli) e rivela, in sede di traduzione, lo sforzo di attenersi quanto più possibile al modello greco. Anche l’esegesi serve a delineare i limiti del trascrittore, certamente alle prime armi con la lingua greca e di sicuro privo del testo originale, che hanno prodotto diverse tipologie di errore, di cui si danno esempi.
Non è facile definire le coordinate storico-geografiche entro cui si inserisce tale copia calligrafica di una ‘recollecta’ di appunti presi a lezione da Pontico Virunio. B fa parte di un gruppo di manoscritti autografi viruniani, tutti riconducibili all’esperienza di studio ferrarese dell’umanista presso il Leoniceno e Battista Guarini, avvenuta tra il 1488 e il 1490 circa, ma la versione della “Mosca” in oggetto non presenta punti di contatto con i manoscritti greci di Luciano posseduti dai due umanisti. ‘E forse più probabile, invece, l’ipotesi che riconduce a Venezia e all’apprendistato presso Giorgio Valla il nucleo originario dell’esercitazione lucianea, in questo caso databile tra il 1485 e il 1488. Ad ogni modo la versione dell’autografo viruniano era destinata ad approdare, anonima, alla stampa. La si ritrova, infatti,limata e raffinata, nella ‘princeps’ lucianea stampata a Venezia nel 1494, destinata ad ampia circolazione ed insperata fortuna.

Lingua: Italiano
Pag. 235-269
Etichette: Virunio Pontico, Luciano di Samosata, Encomio della mosca, Trattato, Quattrocento, Cinquecento, Manoscritto, Prima edizione, Umanesimo,

Autore/i articolo: TERESA MARTÍNEZ MANZANO
Titolo articolo: Tres copistas griegos del s. XVI en el fondo antiguo de la biblioteca universitaria de Salamanca

Il saggio della studiosa analizza tre manoscritti greci del secolo XVI (di cui sono dati ‘specimina’), appartenenti al fondo antico della biblioteca universitaria di Salamanca. Ciò le consente di aggiornare ed eventualmente correggere dati relativi alla identificazione dei copisti e alla data di confezione dei codici. Nell’ambito del fondo antico i tre codici in esame sono i più tardi e due di essi appartengono alla collezione di Hernán Núñez de Guzmán, il Pinciano. Il primo, Salm. 567, contiene la sinossi in nove libri del trattato di medicina che il medico Oribasio (IV sec.) dedicò al figlio Eustazio, e fu redatto a Roma nel 1524; del copista, Nicola Suliano, cui rimanda la sottoscrizione di f. 157v, non si sa nulla. Il codice fu annotato da due lettori, dei quali il primo interviene solo in due luoghi per restituire una lacuna, il secondo è lo stesso Pinciano. Attraverso una disamina di altri manoscritti confluiti in Spagna, la studiosa attesta che il codice fu inviato da Roma al Pinciano dopo il 1533. Il Salm. 33 contiene invece l’epitome di Giovanni Xifilino dell’opera di Dione Cassio; numerosi i ‘marginalia’ del Pinciano. ‘E possibile risalire al copista attraverso un’epistola dello stesso Pinciano a a Jerónimo Zurita, in cui si parla di un ms. (l’attuale Matrit. 4714) da cui sarebbero state tratte due copie: di esse la meno calligrafica è appunto il Salm. 33. Il copista è Franciscus Graecus II, una cui lettera autografa nel Vat. gr. 1898 consente di ricostruire qualche aspetto della biografia. L’ultimo manoscritto, il Salm. 32, non appartenne alla biblioteca del Pinciano e fu redatto da un unico copista, di recente identificato con il cretese Sofiano Meliseno, attivo nella seconda metà del XVI sec. Contiene una “Catena in Job” e forse fu copiato proprio a Salamanca; più tardi fece parte della collezione del Collegio della Compagnia di Gesù, anche se di certo non fu tra quelli usati per l’insegnamento.

Lingua: Spagnolo
Pag. 285-309
Etichette: Umanesimo, Trattato, Cinquecento, Copista, Manoscritto, Lingua greca, Biblioteca,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Una prova autografa di versificazione latina di Leonzio Pilato

Con il contributo di Rollo si aggiunge una tessera alla ricostruzione del profilo di Leonzio Pilato. A f. 107r del ms. Ambr. G 32 sup. del XIII- XIV secolo, contenente Teocrito ed Esiodo, compare la mano del Calabrese (si tratta di una gotica corsiva con elementi cancellereschi, visibile nelle tavole accluse). ‘E un tormentato tentativo di composizione in versi fedelmente riprodotto da Rollo nelle sue diverse fasi redazionali, il cui esito consiste in due coppie di esametri che, pur coerenti sotto il profilo concettuale, appaiono strutturalmente contorti. Il latino qui attestato concorda con gli altri documenti riconducibili a Leonzio e conferma come a questa lingua, piuttosto che al greco, egli ricorresse per esprimere sentimenti personali, in questo caso di malinconia e disagio. Lo studioso tenta di contestualizzare tale prova versificatoria, avanzando l’ipotesi, comprovata da una preziosa attestazione del Petrarca, che il ms. sia parte del gruppo di libri di Leonzio sopravvissuti alla sua improvvisa morte in mare, durante la traversata che, dopo un triste triennio a Costantinopoli, avrebbe dovuto ricondurlo in Italia.

Lingua: Italiano
Pag. 311-321
Etichette: Pilato Leonzio, Poesia, Trecento, Manoscritto, Lingua latina, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO MARTINELLI TEMPESTA
Titolo articolo: Per la biblioteca greca di Giovanni Stefano Cotta

L’articolo trae spunto dalla recente identificazione del personaggio celato nello stemma gentilizio presente in due codici ambrosiani (I 93 sup. e F 44 sup.)con Giovanni Stefano Cotta. Dalla dettagliata descrizione codicologica dei due manoscritti, di cui in tavole fuori testo sono riprodotti ‘specimina’, si ricava una perfetta corrispondenza delle caratteristiche codicologiche (tranne il formato e il materiale che ne costituisce i piatti) e della mano che ha vergato entrambi gli esemplari. L’antigrafo del codice senofonteo (F 44) pare sia stato un manoscritto, oggi perduto, presente a Milano negli anni ’60 del ‘400: la sezione senofontea di un suo apografo (gemello dell’ambrosiano) fu infatti copiata probabilmente proprio nel capoluogo lombardo da Costantino Lascaris. Pure a Milano riconduce l’antigrafo dell’ambrosiano contenente Platone; si tratta del Laur. 85,12 la cui scrittura mostra una forte consonanza con la grafia del monaco Marco. In vari ‘notabilia’ è ravvisabile la mano di Francesco Filelfo, al quale, dunque, il Laur. 85,12 dovette almeno per un certo periodo appartenere. Pur in assenza di un inventario dei libri dell’umanista è certo però che essi ruotarono intorno a Milano, sebbene passando attraverso varie mani per la frequente necessità, da parte del Filelfo, di impegnare i propri manoscritti per sanare debiti di denaro.
Sono vari e probanti, dunque, gli elementi che riconducono gli ambrosiani I 93 e F 44 ad un unico ‘atelier’ milanese, anche se non è ancora possibile definire l’identità del loro copista.

Lingua: Italiano
Pag. 323-342
Etichette: Cotta Giovanni Stefano, Dialogo, Storia, Quattrocento, Manoscritto, Copista, Umanesimo,

Autore/i articolo: DANIELA GIONTA
Titolo articolo: La grammatica di Michele Sincello nel ms. Vat. gr. 1826

La studiosa recupera un documento che attesta la fortuna umanistica del trattato “Perì suntáxeos” di Michele Sincello, opera destinata ad ampia fortuna presso gli scoliasti bizantini e più tardi presso gli umanisti interessati alle compilazioni grammaticali. Per quanto a lungo soggetta a fraintendimenti relativi alla paternità (pure nella ‘princeps’ e nelle successive cinquecentine), anche le grammatiche di Gaza e di Costantino Lascaris vi si ispirarono. All’interno del Vat. gr. 1826 che contiene una miscellanea riconducibile alla prima metà del XVI secolo, un fascicolo di dodici fogli presenta una compilazione, anonima e mutila, dell’operetta di Sincello. La sezione caduta è ridotta a pochi fogli, pertanto è possibile operare una valutazione piuttosto ampia delle tipologie di ‘excerpta’ qui presenti. Le quali per la loro eterogeneità (trascrizione, compendio in greco, traduzione in latino, alternanza di greco e latino) testimoniano uno studio personale e finalizzato a specifici scopi riconducibile a Pietro Candido, il monaco grecista collaboratore di Manuzio. Anche i ‘marginalia’ sparsi qua e là, alcuni dei quali attestano un uso trasversale di altri testi grammaticali, inducono la Gionta a scorgere nello studio di Candido sul Vat. gr. 1826 il lavoro propedeutico ad una messa a stampa presso Aldo. La studiosa dimostra inoltre come il camaldolese abbia utilizzato per modello il Laur. San Marco 314, famoso codice appartenuto al Gaza e poi al Poliziano.

Lingua: Italiano
Pag. 343-353
Etichette: Sincello Michele, Perì suntáxeos, Grammatica, Cinquecento, Manoscritto, Edizione, Umanesimo,

Autore/i articolo: CATERINA MALTA
Titolo articolo: Per “Tr. Fame” II 78

La presenza di Adamo nel Trionfo della Fama (II, 76-78) si chiarisce alla luce della biografia del personaggio biblico con cui si apre il “De viris illustribus” allargato. Nei due testi si riscontra, infatti, la medesima concezione ideologica. Nel trattato, poi, il tema della ‘gola’ richiama una redazione anteriore dei versi in oggetto, di cui dà notizia Ludovico Beccadelli, ove Adamo diventa, appunto, paradigma di tale vizio. Nella redazione definitiva dei vv. 76-78 del secondo Trionfo della Fama al termine ‘gola’ si sostituisce però ‘inobedientia’, dietro cui, attesta la Malta, stanno la lettura di Agostino, Girolamo, Fulgenzio, Isidoro, e soprattutto lo studio del “De vocatione gentium” dello pseudo Ambrogio, condotto dal Petrarca sul codice parigino 1757.

Lingua: Italiano
Pag. 355-358
Etichette: Petrarca Francesco, Trionfo della Fama, Poesia, Trecento, Trattato, Umanesimo,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Erotemata crisolorini alla scuola di Giorgio Antonio Vespucci

Vengono qui descritti quattro manoscritti contenenti la grammatica greca di Crisolora, tutti riconducibili all’attività di Giorgio Antonio Vespucci, maestro di greco e latino a Firenze nella seconda metà del ‘400. Il Ricc. 96, contenente il compendio guariniano degli “Erotemata” del maestro bizantino, è vergato da quattro mani, una delle quali è quella del Vespucci, e assieme al San Marco 308 presenta una sua nota di possesso. Rollo riconosce pure nel Laur. San Marco 315 (da f. 40r) la mano del medesimo Vespucci, mentre nel cd. 76.2 Aug. 8° di Wolfenbüttel il maestro interviene aggiungendo una traduzione marginale e interlineare, un elenco dell’alfabeto con le lettere nelle varie forme, regole fonetiche ed esposizione degli accenti e degli spiriti.

Lingua: Italiano
Pag. 359-365
Etichette: Vespucci Giorgio Antonio, Erotemata, Trattato, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO MARTINELLI TEMPESTA
Titolo articolo: Un nuovo testimone di alcune versioni platoniche di Rinuccio Aretino

Lo studioso segnala un manoscritto che ha avuto modo di vedere in occasione della sua vendita all’asta presso la sede milanese di Sotheby’s nel 2005. Esso contiene le versioni umanistiche di tre opere platoniche: la “Lettera di Aristea”, di cui non si è potuta attestare la paternità, il “Critone” e l’ “Assioco” entrambe nella traduzione di Rinuccio Aretino. Grazie alla lettera di dedica del “Critone” è possibile, pur provvisoriamente, dare una collocazione al manoscritto nell’ambito dello ‘stemma codicum’ elaborato dal moderno editore della versione, Ernesto Berti.

Lingua: Italiano
Pag. 365-368
Etichette: Lettera di Aristea, Critone, Assioco, Trattato, Quattrocento, Manoscritto, Traduzione, Umanesimo,

Autore/i articolo: FRANCESCO PAOLO TOCCO
Titolo articolo: Cataldus de Parisio de Sacca

Il contributo di Tocco, frutto di una ricerca avviata sui registri di archivio di Sciacca e Palermo, consente di far luce sul luogo di nascita di Cataldo Parisio, letterato siciliano del ‘400, ritenuto il padre dell’umanesimo portoghese. Che la sua patria sia Sciacca viene infatti provato in via definitiva grazie a documenti che attestano la presenza ivi nel 1480 di un ‘Cataldus de Parisio studens’, che nel 1484 consegue il titolo dottorale e almeno un anno si ferma ancora a Sciacca, prima di trasferirsi in Portogallo. In tali atti trova conferma pure la finora contestata presenza dell’umanista nel 1483 presso lo Studio di Bologna.

Lingua: Italiano
Pag. 368-372
Etichette: Parisio de Sacca Cataldo, Quattrocento, Archivio, Umanesimo,

Autore/i articolo: FRANCESCO PAOLO TOCCO
Titolo articolo: I “Titoli dottorali” del Pardi integrati da Michele Catalano

Lo studioso segnala una peculiarità della copia posseduta dalla Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina dell’opera di Giuseppe Pardi “Titoli dottorali conferiti nello Studio di Ferrara nei sec. XV e XVI”, Lucca 1900. La prima sezione è infatti accompagnata da correzioni e aggiunte autografe di Michele Catalano- Tirrito, relative al periodo in cui insegnò a Ferrara e ne frequentò gli archivi. Al di là della restituzione di letture dubbie ed erronee, è soprattutto un secondo gruppo di interventi a suscitare interesse: Catalano, infatti, aggiunge un corposo numero di personaggi (testimoni, promotori, licenziati e dottori) assenti in Pardi.

Lingua: Italiano
Pag. 372-374
Etichette: Pardi Giuseppe, Titoli dottorali, Storia, Novecento, Biblioteca, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALESSANDRO DANELONI
Titolo articolo: Nuovi contributi su Zanobi Acciaiuoli

‘E dedicato a nuove testimonianze del lavoro filologico ed erudito di Zanobi Acciaiuoli su testi pagani e cristiani il saggio di Daneloni. L’umanista, allievo del Ficino, del Poliziano e, forse, del Calcondila, nonché sostenitore della riforma moralizzatrice propugnata dal Savonarola, fu profondo conoscitore delle lingue e delle letterature antiche, e dal 1497 al 1513 ‘librarista’ della Biblioteca di San Marco. La prima nuova attestazione è relativa al cd. fiorentino Laur. Plut. 56,22 (XIV sec.) contenente, tra l’altro, lettere, orazioni e traduzioni di Massimo Planude. Vi si possono leggere variegati interventi di mano dell’Acciaiuoli che attestano, tra l’altro, l’individuazione degli ‘auctores’ utilizzati e rielaborati dal monaco bizantino. L’interesse dell’Acciaiuoli per Gregorio di Nazianzio è invece attestato dal cd. Laur. San Marco 689 (seconda metà X sec.)contenente l’elogio funebre per S. Basilio. Fittamente postillato dall’umanista, sono frequenti in esso i richiami ad altri testi di Gregorio, ad altri autori cristiani, ad autori pagani, spesso utilizzati come luoghi paralleli. Molte citazioni sono tratte, poi, dal commento a Gregorio di Niceta di Eraclea, del quale l’Acciaiuoli doveva avere un esemplare adespoto e mutilo, come attesta inequivocabilmente la tipologia di utilizzo. Esso è identificabile con il nucleo originario del Laur. Plut. 7,13, cui solo più tardi (cioè dopo la fruizione di Zanobi) furono aggiunte le quarantatrè pagine iniziali. Anche nel Laur. Plut. 69,24 (XV sec.) contenente la “Vita di Crasso” di Plutarco e il confronto tra Nicia e Crasso, compaiono note autografe dell’Acciaiuoli, intente, oltre che a parafrasare in latino, soprattutto a trascrivere pregnanti citazioni dal lessico bizantino “Suda”. Un’ultima tessera per la ricostruzione del profilo culturale di Zanobi è data da un esemplare (posseduto dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) dell’edizione veneziana del 17 luglio 1493 dell’ “Institutio oratoria” di Quintiliano. Sui margini sono riprodotte dalla mano di Zanobi le postille di Angelo Poliziano al testo latino: sono soprattutto le varianti testuali, le congetture, le note esegetiche e le citazioni di ‘auctores’ latini e greci del maestro ad interessare l’umanista. Il quale riproduce la situazione dell’antigrafo in maniera fedele sotto il profilo della quantità dei riporti, ma tralascia di sottolineare gli indizi del processo critico e della riflessione erudita che stanno dietro gli interventi del Poliziano. Si tratta evidentemente di un’operazione ad uso personale, condotta a tutela di un patrimonio esegetico considerato di ampio spessore culturale.

Lingua: Italiano
Pag. 375-400
Etichette: Acciaiuoli Zanobi, Gregorio di Nazianzio, Niceta di Eraclea, Planude Massimo, Plutarco, Quintiliano, Trattato, Cinquecento, Commento, Manoscritto, Stampa, Umanesimo,

Autore/i articolo: DANIELA GIONTA
Titolo articolo: Un libro di nome “Amórion”

La studiosa riesce a decifrare il senso di un’arcana postilla che si legge a margine di un’edizione aldina del 1497, contenente testi grammaticali, ora conservata ad Oxford (Bodleian Library, Bywater B.5.15, M1v). La mano è quella di Pietro Candido cui l’esemplare appartenne e la nota intende rinviare a tre testi di argomento certamente affine, che la Gionta identifica, risalendo pure al manoscritto di riferimento. Si tratta infatti delle “Observationes per alphabetum” di Giorgio Lacapeno, della “Collectio nominum atticorum” di Manuele Moscopulo e del manuale bizantino di Tommaso Magistro. ‘E probabile, inoltre, che lo studio di tali testi da parte del monaco camaldolese sia riconducibile agli anni fiorentini.

Lingua: Italiano
Pag. 401-404
Etichette: Candido Pietro, Grammatica, Quattrocento, Stampa, Umanesimo,

Autore/i articolo: DANIELA GIONTA
Titolo articolo: Tra Questenberg e Colocci

Il codice Vat. lat. 2990 è un autografo di Aurelio Questenberg e contiene traduzioni umanistiche di argomento filosofico elencate nell’indice della carta di guardia. Si riscontra subito una forte eterogeneità grafica nel testo e nei ‘marginalia’ di accompagnamento che induce ad assegnare a momenti diversi i vari materiali: lo stesso copista, ad un certo punto, unì i fascicoli, ottenendo così un volume fattizio, probabilmente di sua proprietà. Nel paratesto è presente una seconda mano, riconducibile ad Angelo Colocci, nella cui biblioteca il codice evidentemente confluì. Così accadde pure al Vat. lat. 2934, miscellanea umanistica di ampie proporzioni, che presenta singolari analogie, sotto il profilo materiale e e la morfologia compositiva, con il Vat. lat. 2990.

Lingua: Italiano
Pag. 404-412
Etichette: Questenberg Aurelio, Colocci Angelo, Filosofia, Quattrocento, Cinquecento, Manoscritto, Paratesto, Umanesimo,

Autore/i articolo: DANIELA GIONTA
Titolo articolo: Un manoscritto ciceroniano di Guillaume Fichet

Oggetto del contributo è il ms. Ottob. lat. 1994 della Biblioteca Vaticana, contenente scritti retorici di Cicerone e, alla fine, l’ “Oratio de laudibus eloquentiae” di Ognibene da Lonigo. Di origine francese, presenta la nota di possesso di Guillaume Fichet, rettore e bibliotecario alla Sorbona e prototipografo parigino assieme a Johann Heynlin, con il quale tra il 1470 e il 1472 stampò diverse opere classiche e umanistiche, tra cui anche la propria “Retorica”. I ‘marginalia’ autografi attestano un’attenta lettura del ‘corpus’ ciceroniano, da cui probabilmente nacque una stampa di opere dell’oratore latino non sopravvissuta. Il ms. 1994 fu portato da Fichet a Roma e, dopo la sua morte, arrivò nelle mani del bibliotecario pontificio Giovanni Lorenzi, che lo annotò e probabilmente vi aggiunse l’operetta di Ognibene. Alla sua morte il codice passò in altre biblioteche private sempre dell’Urbe, per poi confluire in Vaticana nel 1749.

Lingua: Italiano
Pag. 412-423
Etichette: Cicerone, Fichet Guillaume, Retorica, Quattrocento, Biblioteca, Umanesimo,

Autore/i articolo: ARMANDO NUZZO
Titolo articolo: Perosa, Terzaghi e la congettura in testi umanistici (con osservazioni sugli errori d’autore in epistole di Coluccio Salutati)

Lo studioso trae spunto dalla vivace discussione suscitata dall’edizione critica dei carmi del Landino ad opera di Perosa (1930), illustrando soprattutto le riserve allora avanzate da Terzaghi, per sottolineare come ancora oggi nell’ambito della filologia umanistica si discuta sulla metodologia di edizione dei testi. ‘Tra l’autore presunto ignorante che non conosce bene la lingua e l’autore che la conosce e ne viola involontariamente le regole per distrazione o fretta (‘lapsus calami’), si prospetta sempre l’idea di un autore che conosce le leggi e le forzi volontariamente per ragioni di stile o per influsso del bilinguismo’. Da qui la prudenza con cui occorre intervenire e congetturare, operazione quest’ultima, da evitare, ad esempio, nel caso della “Xandra” del Landino, a causa degli specifici connotati della tradizione testuale. Il Nuzzo illustra poi diversi casi di errori d’autore da lui incontrati nello studio degli autografi dell’ Epistolario di Stato di Coluccio Salutati, evidenziando come sia necessario operare sempre un’analisi completa del lessico latino e volgare (in cui confluiscono pure espressioni tecniche) e del contesto della produzione letteraria all’interno della quale nasce l’epistolario. Solo così, infatti, è possibile non di rado comprendere la genesi dell’errore.

Lingua: Italiano
Pag. 427-438
Etichette: Landino Cristoforo, Salutati Coluccio, Poesia, Epistolario, Trecento, Quattrocento, Edizione critica, Umanesimo,