Studi medievali e umanistici | 2004 | N. 2

Anno 2004 – Annata: II – N. 2
A cura di Alessandra Tramontana

Autore/i articolo: AUGUSTO CAMPANA
Titolo articolo: Intorno a Lorenzo Mehus

Si tratta di un inedito riconducibile, come ben ricostruisce Mario Rosa nella postilla che segue al testo di Campana, agli anni 1949-1954, probabilmente destinato a pubblica lettura, cui si confà lo stile colloquiale e sottilmente ironico che pervade queste pagine dell’illustre studioso.
A Lorenzo Mehus, erudito del ‘700, si deve il progetto di stampare un’ampia serie di studi umanistici, dei quali però solo alcuni in effetti videro la luce. Di essi l’edizione più monumentale fu certo quella dell’epistolario di Ambrogio Traversari, preparata dal camaldolese Pietro Canneti, ma arricchita dal Mehus con una grande mole di apparati paratestuali, tra cui una storia letteraria fiorentina (1192-1440), rispondente al gusto sovrabbondante dell’erudito, ma -sottolinea Campana- preziosa, come del resto l’intera sua produzione, per il gran numero di documenti inediti vagliati. A questa prima fase della produzione di Mehus, il cui ‘habitus’ era appunto quello di editore di testi del ‘300 e ‘400 latino, arricchiti da personali indagini storico-critiche, segue un periodo in cui i pur fecondi progetti editoriali raramente si concretizzano. Tra gli opuscoli approdati alle stampe desta singolare interesse un’operetta casualmente capitata tra le mani di Augusto Campana, instancabile bibliofilo: le “Osservazioni letterarie per l’anno 1794, parte prima”, cui non seguì, per lo scarso successo riscosso, la seconda parte. Volumetto assai raro, fu destinato ad esser presto dimenticato, se studiosi del calibro di Sabbadini, Fracassetti, Rossi e altri hanno ignorato nei loro studi linee di ricerca già battute da Mehus in queste pagine. E che all’erudito toccasse una postuma, lunga sfortuna parrebbe confermarlo un curioso detto fiorentino, in uso fino alla fine dell’ ‘800, in cui si gioca senza troppo riguardo sul nome del Mehus, cosa che, tra le discussioni di storici e linguisti, suscitò sdegnose reazioni pure in Giosuè Carducci.

Lingua: Italiano
Pag. 9-23
Etichette: Mehus Lorenzo, Studia humanitatis, Critica letteraria, Quattrocento, Settecento, Epistolografia, Erudizione, Toscana,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Sulle tracce di Antonio Corbinelli

La scoperta di codici appartenenti ad Antonio Corbinelli all’interno del fondo Conventi soppressi della Laurenziana ad opera di Rudolf Blum completava, nel 1951, un percorso già avviato da Antonio Mehus: risultava così ampiamente dimostrato l’interesse dell’umanista per i libri di greco. Al denso saggio di Rollo si deve invece il merito di avere delineato, attraverso l’attenta lettura dei codici appartenuti al Corbinelli e l’identificazione paleografica dei ‘notabilia’ riconducibili alla sua mano, ma anche attraverso indagini di tipo filologico e storico, un primo ma già corposo profilo culturale dell’umanista. Non più oscuro bibliofilo formatosi alla scuola di Crisolora, come a lungo si è creduto, Corbinelli appare adesso raccoglitore e correttore assiduo di testi greci, impegnato in continue collazioni e trascrizioni testuali disciplinate da uno scrupoloso esercizio filologico, cui però non restava estraneo l’interesse ai contenuti dei testi degli ‘auctores’ visionati. Nell’itinerario proposto da Rollo emergono così i mutui rapporti dell’umanista con personaggi come Traversari, Niccoli, Aurispa, Filelfo, Crisolora e soprattutto Guarino e la biblioteca di Corbinelli si delinea con efficacia come il nucleo propulsivo da cui scaturiscono e all’interno del quale si consolidano collaborazioni, amicizie, scambi culturali. Essa costitisce, d’altra parte, anche il filo rosso che accomuna codici nella ‘facies’ attuale apparentemente indipendenti e dei quali invece lo studioso (le cui tesi sono verificabili attraverso l’ampio corredo di tavole fuori testo in cui viene riconosciuta la mano di Corbinelli), scopre legami e ricostruisce assetti originari. Completa il contributo un prospetto dei manoscritti citati nel corso della trattazione.

Lingua: Italiano
Pag. 25-95
Etichette: Corbinelli Antonio, Filologia, Quattrocento, Biblioteca, Umanesimo,

Autore/i articolo: CATERINA MALTA
Titolo articolo: Letteratura antisistina. Nuovi epigrammi di Flavio Pantagato

Il contributo della studiosa prende la mosse dall’analisi di tre epitaffi contro Sisto IV, tramandati dal codice latino 681 della Biblioteca Estense di Modena come opera di Fausto Andrelini, il cui nome però sul manoscritto è sistematicamente sostituito con formule generiche. Di essi il distico finale del terzo componimento (soggetto, comunque, a circolazione autonoma) e l’ ‘incipit’ del primo si ritrovano anche nel ms. Vat. lat. 3353, qui però attribuiti a Flavio Pantagato, pseudonimo accademico del vescovo di Fermo Giovan Battista Capranica, morto nel 1474. Getta nuova luce sulla vicenda l’analisi di un inedito zibaldone autografo di Raffaele Regio (ora conservato a Berlino), contenente, tra l’altro, materiali poetici finora inesplorati, riconducibili alla seconda Accademia romana e, specificamente, proprio a Pantagato; tra essi anche il distico già presente nei manoscritti estense e vaticano, di controversa paternità. Si definisce così un’articolata linea di produzione poetica di ambiente romano fortemente corrosiva nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche e intenta a rovesciare gli schemi consolidati della coeva topica celebrativa. Particolarmente sferzante appare, nel cd. di Berlino, la serie di epigrammi “In Cardinales”, che assume i connotati di un ‘libellus’ unitario sia nella scelta dei bersagli (tutti vicini a Sisto IV), sia nella tematica (il comune degrado e immoralità dei personaggi), per quanto la trascrizione di Regio tradisca la struttura imperfetta del ‘corpus’, probabilmente già dell’antigrafo. Il nuovo materiale indagato dalla Malta permette vari aggiustamenti di prospettiva sul Capranica, tra cui lo spostamento della data di morte dall’inizio alla fine del 1484, quindi dopo quella di Sisto IV. Il saggio della studiosa si conclude con la pubblicazione dei carmi inediti di Pantagato (con gli asterischi quelli da lei attribuiti al Capranica in virtù di elementi interni), accompagnati da note di carattere storico-critico e preceduti da una descrizione dei manoscritti utilizzati e dei criteri di edizione adottati.

Lingua: Italiano
Pag. 97-150
Etichette: Pantagato Flavio, Capranica Giovan Battista, Poesia, Quattrocento, Accademia, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALESSANDRO DANELONI
Titolo articolo: Fonzio e Pomponio Mela

Nell’ambito di un più ampio studio sulla fruizione degli ‘auctores’ da parte di Bartolomeo Della Fonte, Daneloni si sofferma in questa sede su tre esemplari a stampa con postille autografe dell’umanista, di cui si riportano ‘specimina’ nelle tavole fuori testo. Si tratta dell’Inc. C 64 (Bibl. Trivulziana di Milano), copia della ‘princeps’ milanese del “De chorographia” di Pomponio Mela, dell’Inc. L 6.7 (Bibl. Nazionale di Firenze), edizione veneziana del 1477, contenente la medesima opera e dell’Inc. D 54 (Bibl. Trivulziana), edizione romana, riconducibile al 1473-74, del cosiddetto Modestus, “De re militari” e del “De Romanorum magistratibus” di Pomponio Leto. Che il primo ed il terzo incunabulo costituissero un ‘unicum’ codicologico presso la biblioteca di Bartolomeo è testimoniato dalla numerazione delle pagine che nell’Inc. D 54 appare duplice: delle due la più recente, infatti, computa le carte proseguendo la numerazione dell’Inc. C 64. I ‘notabilia’ dell’esemplare trivulziano di Mela, qualitativamente eterogenei, tradiscono uno studio capillare e sistematico da parte dell’umanista, impegnato a titolare e rubricare singole sezioni di testo, ma anche a congetturare con erudizione sul “De chorographia”, servendosi a questo scopo di passi di altri ‘auctores’ in suo possesso (tra poeti e prosatori di storia e geografia emerge massiccio l’impiego della ‘Naturalis historia’ di Plinio e della ‘Geographia’ di Strabone). Sebbene la citazione di essi appaia spesso viziata da corruzioni presenti nei testi a sua disposizione, non mancano interventi pregevoli che testimoniano un vaglio fecondo e approfondito del “De chorographia”. Fondamentalmente sovrapponibili a quelle della stampa trivulziana, appaiono le postille dell’incunabulo fiorentino, nel quale però si trovano pure emendazioni testuali diverse da quelle presenti nell’incunabulo 64. Il fatto che l’umanista non abbia fatto transitare le congetture da un esemplare all’altro induce Daneloni a pensare che l’incunabulo fiorentino sia stato allestito per un amico o allievo. Laddove, al contrario, il volume costituito dalle due stampe trivulziane ha di certo rappresentato nella biblioteca di Fonzio uno strumento di consultazione importante, come attestano anche i frequenti rimandi ad esso contenuti nell’attuale ms. Ricc. 851, un ricco zibaldone di Bartolomeo Della Fonte.

Lingua: Italiano
Pag. 151-165
Etichette: Della Fonte Bartolomeo, Fonzio Bartolomeo, Mela Pomponio, De chorographia, Commento, Quattrocento, Erudizione, Umanesimo,

Autore/i articolo: DANIELA GIONTA
Titolo articolo: Il codice di dedica del Teofrasto latino di Teodoro Gaza

Attraverso documenti epistolari la studiosa delinea l’atmosfera febbrile della Roma di Niccolò V nei primi anni ’50 del Quattrocento e i personaggi che vi operarono. Tra gli altri Bessarione, faro illuminante per il papa che andava allora elaborando il canone relativo ai libri latini e greci destinati alla biblioteca pontificia, e certo anche Teodoro Gaza. Al quale si deve appunto un importante contributo in questa direzione: la versione latina dei trattati botanici di Teofrasto, sulla cui vicenda redazionale risulta illuminante un nuovo testimone, il ms. Laur. 82,16, per la prima volta studiato adesso dalla Gionta. Si tratta del codice di dedica della traduzione al papa (a f. 1r uno stemma papale inconfondibile), che come altri appartenenti a Niccolò V presto raggiunse la biblioteca medicea. Dalla lettera di dedica del Gaza al papa, ivi pubblicata, si ricavano elementi interessanti: l’anno di presentazione dell’opera a Niccolò V (1451), la consapevolezza da parte del bizantino della ‘novitas’ della propria versione, la denuncia del cattivo stato dell’unico codice utilizzato. E se in realtà, come dimostra la Gionta, in almeno un caso fu consultato anche un altro esemplare greco, è pur vero che notevole appare l’impegno filologico di Gaza, costretto a volte anche a cassare luoghi incomprensibili nell’antigrafo; non mancano però pure errori peculiari del traduttore. Il ms. fu comunque soggetto ad una revisione profonda, operata da mano diversa da quella del copista. Si tratta infatti dello stesso Gaza (le tavole fuori testo consentono una verifica paleografica) che, al fine di offrire un prodotto ampiamente fruibile, malgrado gli obbligati tecnicismi peculiari della materia, apporta diversi interventi, discreti ma consistenti al contempo. ‘E molto ampia la campionatura delle singole tipologie di correzioni operate dal Gaza che fornisce la studiosa, la quale sottolinea come a volte la rasura di intere porzioni di testo renda oggi ardua la decodifica della lezione originaria. Dell’ambiguità del laurenziano resta oggi traccia anche in un suo apografo: il ms. S XXIV 3 della Bibl. Malatestiana, dato in prestito da Giovanni di Cosimo a Novello Malatesta nel 1457.

Lingua: Italiano
Pag. 167-214
Etichette: Gaza Teodoro, Teofrasto, Historia plantarum, De causis plantarum, Traduzione, Quattrocento, Biblioteca, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO PAGLIAROLI
Titolo articolo: Giano Lascari e il Ginnasio greco

“La tormentata vicenda del progetto di un Ginnasio greco, dalla Firenze dei primi anni Novanta [del Quattrocento] fino al principio del pontificato di Paolo III”, cioè fino agli anni trenta del Cinquecento, costituisce l’oggetto del contributo di Pagliaroli. Il sapiente utilizzo di una ricca messe di materiale documentario consente infatti di ricostruire un articolato itinerario in cui fa da filo rosso la figura e l’attività di Giano Lascari, protagonista indiscusso di una vicenda culturale che vede l’Occidente e l’Oriente uniti nel comune intento di una rinascita delle lettere greche in Italia. La quale, costantemente sotto l’egida della dinastia medicea, prende le mosse già nel biennio 1490-1492 a Firenze, quando Lorenzo de’ Medici manda in Grecia il Lascari perché trovi libri, ma anche giovanissimi greci disposti ad approfondire lo studio della propria lingua in Italia. Nella casa fiorentina di Giano gli esuli greci, tra cui Marco Musuro e Aristobulo Apostoli, imparavano il latino e copiavano manoscritti. Ciò fino a quando i Medici non furono mandati in esilio; allora la comunità greca si disperse e Lascari si recò in Francia prima, a Venezia e a Roma poi. Ed è proprio nell’Urbe che nel 1514 si rinnova e concretizza l’originario progetto di un Collegio greco, grazie all’illuminata sensibilità culturale di Giovanni de’ Medici, ora papa Leone X. La risonanza della scuola, ospitata in casa di Angelo Colocci, diventa presto assai ampia: vi convergono, infatti, anche allievi non greci e uditori di diverse età; al suo interno, inoltre, si avvia una stamperia presso al quale operavano con alterne mansioni gli stessi allievi. Nel 1518 il Lascari si sposta in Francia, affidando la cura del Collegio ad Aristobulo Apostoli. Comincia così il progressivo declino dell’istituzione, che Giano pensava adesso di trasferire a Milano e a Firenze; pochissime le notizie su questi due Ginnasi, sulle cui attività in ogni caso le difficoltà economiche dovettero avere un peso decisivo, come si deduce dai documenti riportati da Pagliaroli. Nel 1527 Francesco I coinvolge Lascari in un nuovo progetto: l’istituzione di un Ginnasio greco a Parigi sotto la sua egida. Ma che Giano non avesse più la forza di cimentarsi in una simile impresa è testimoniato da una lettera amara a lui rivolta da Aristobulo, nella quale l’antico discepolo biasima la passiva indolenza del maestro e tenta di risvegliarne l’entusiasmo con la proposta di realizzare una nuova scuola, questa volta però in Grecia, cioè lì dove tutto era iniziato. Ma la temperie culturale era inesorabilmene mutata e i protagonisti di quell’epoca ormai scomparsi: anche la richiesta di Aristobulo a Paolo III di mantenere lui quanto Leone X aveva assicurato probabilmente cade nel vuoto.

Lingua: Italiano
Pag. 215-293
Etichette: Lascari Giano, Quattrocento, Cinquecento, Scuola, Lingua greca, Umanesimo,

Autore/i articolo: GIULIO GOLETTI
Titolo articolo: Restauri al “De otio religioso” del Petrarca

Vengono qui presentati i primi risultati della ricerca dello studioso sul “De otio religioso”, in vista dell’edizione degli “Opera omnia” di Petrarca per il VII centenario della nascita (2004). Si tratta, in particolare, di acquisizioni testuali emerse dopo lo studio della tradizione manoscritta e a stampa e, in particolare, di sette testimoni. Essi, infatti, attestano la versione più ampia dell’opera, rispetto a quella tramandata dalla gran parte dei manoscritti, studiata da Rotondi e poi pubblicata nel 1958. Se non è ancora possibile per Goletti avvalorare o respingere la tesi di Rotondi relativa ad una doppia redazione d’autore, si può già in parte restaurare l’edizione del 1958 in almeno due punti del secondo libro. Nel primo caso Goletti, con l’ausilio di due codici, restituisce una porzione di testo con la citazione di un verso di Persio, in un contesto in cui era necessaria fino ad oggi una ‘crux’. Dagli stessi codici, assieme ad un Harleiano del ‘300, emerge poi un altro passo rilevante, la cui assenza nel dettato petrarchesco incredibilmente nessun editore, nè traduttore aveva finora notato. Si annunzia dunque denso di aspettative il lavoro sullo stato redazionale del “De otio”.

Lingua: Italiano
Pag. 295-307
Etichette: Petrarca Francesco, De otio religioso, Trattato, Trecento, Edizione critica, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO MARTINELLI TEMPESTA
Titolo articolo: Nuove ricerche su Giorgio Gemisto Pletone e il codice platonico Laur. 80, 19 (ß)

Il contributo costituisce il prosieguo di un’indagine già avviata, relativa al ruolo del codice Laur. 80,19 nell’ambito della ‘recensio’ di Giorgio Gemisto Pletone al ‘Corpus platonicum’. Martinelli Tempesta, infatti, scorge nel ms. fiorentino il codice su cui Pletone lesse la “Repubblica” e in alcune parti di esso riconosce la sua mano. Dopo una dettagliata decrizione del codice lo studioso, che sottolinea come nebulose siano ancora le vicende che portarono l’esemplare in Laurenziana, si interroga sulla data (probabilmente prima metà del sec. XIV, esclusa la sezione con la mano di Pletone), per soffermarsi poi sulla sezione del manoscritto vergata da Pletone. Il quale è intervenuto sul testo della “Repubblica” e, in misura minore, del “Timeo”, con notazioni in margine, ma anche nel testo (queste ultime su rasura), ravvisabili nelle tavole fuori testo presentate a corredo dello studio. Il saggio si chiude con un confronto paleografico tra le correzioni pletoniane effettuate sul testo del “Timeo” sia nel Laur. 80,19, sia nel Marc. gr. 189, queste ultime, fino ad oggi, passate inosservate. Resta adesso da sciogliere il nodo relativo ai rapporti intercorsi tra i due codici, oltre alla necessaria valutazione delle fonti utilizzate in tali interventi, non solo pletoniani.

Lingua: Italiano
Pag. 309-326
Etichette: Gemisto Pletone Giorgio, Platone, Dialogo, Trecento, Quattrocento, Manoscritto, Copista, Umanesimo,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Un nuovo titolo bilingue crisolorino

Sono stati di recente ricondotti al Crisolora 29 codici, caratterizzati da ‘titoli bilingui’ (in greco e latino), presenti all’inizio e alla fine dei libri, la cui grafia è con sicurezza riconducibile al bizantino. Mancava finora in questa raccolta un libro di poesia drammatica, che pure si ha motivo di credere che Crisolora avesse a disposizione negli anni fiorentini (1397-1400): Rollo lo rinviene nell’Ambr. B 97 (contenente la triade bizantina di Sofocle ed Euripide con la “Vita” di Euripide di Moscopulo). Anche qui il titolo è bilingue, si trova alla fine del libro e, come negli altri casi, non vi sono altri interventi di Crisolora. L”ex libris’ di Giovanni Aurispa non consente, al momento, di definire i tempi in cui il manoscritto passò nelle mani dell’umanista siciliano.

Lingua: Italiano
Pag. 327-329
Etichette: Crisolora Manuele, Poesia , Quattrocento, Manoscritto, Titolo, Biblioteca, Umanesimo,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Preistoria di un Aristotele della biblioteca dei Barbaro

Nel Marc. gr. IV 53 (936), che contiene scritti aristotelici, il riconoscimento della mano di Manuele Crisolora in due note, tese a restituire la corretta sequenza di alcuni fogli rilegati inversamente, consente ad Antonio Rollo di ricostruire a ritroso il percorso cui il libro fu soggetto. Il Crisolora, certamente primo proprietario del codice, lo donò al discepolo Roberto de’ Rossi che, a detta di Vespasiano da Bisticci, fu traduttore di opere aristoteliche: da lui passò a Francesco Barbaro, come attesta una nota presente a f. 1v, e poi al nipote Ermolao che, grazie ad una ricca postillatura, lasciò traccia di sè nel volume.

Lingua: Italiano
Pag. 329-333
Etichette: Crisolora Manuele, Aristotele, Trecento, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: ANTONIO ROLLO
Titolo articolo: Codici greci di Guarino Veronese

Nell’ambito di una ricerca sulla biblioteca greca di Guarino, Rollo si sofferma qui su due codici contenenti rispettivamente i “Moralia” di Plutarco e le “Storie” di Erodoto. Nell’Ambr. C 126 inf. (“Moralia” 1-69), trascritto tra il 1294 e il 1295 da dieci copisti tra cui Massimo Planude, e agli inizi del Trecento posseduto da Pace da Ferrara, professore a Padova (come si deduce da una nota latina), lo studioso riconosce la mano di Guarino da Verona e Ermolao Barbaro.
In relazione ad Erodoto, invece, che pare solo dopo gli anni trenta del Quattrocento circolasse con una certa ampiezza in Occidente, Rollo identifica nel Marc. gr. 360, postillato da Guarino, il codice ottenuto dal Veronese grazie al Panormita, al quale appunto aveva scritto (1426) perché gli procurasse un libro con le “Storie” dello scrittore greco.

Lingua: Italiano
Pag. 333-337
Etichette: Guarino Veronese, Plutarco, Erodoto, Moralia, Storie, Duecento, Trecento, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: NICCOLO’ ZORZI
Titolo articolo: Un ‘visto’ di Francesco da Lucca nel Marc. gr. VII 5 (Tucidide) copiato da Palla Strozzi

La ‘tessera’ di Zorzi si inserisce nell’ambito degli studi sulla cerchia di umanisti che lavorò con Manuele Crisolora, e in particolare sull’allievo fiorentino Palla Strozzi. Alla cui biblioteca Mercati attribuì 25 codici, in virtù della presenza in ciascuno di essi di un visto (‘Visto per mi Francesco da Lucha’), il quale, almeno nel caso dell’Urb. gr. 26 si trovava in un codice sicuramente di proprietà di Palla. Altri cinque codici in base allo stesso criterio furono aggiunti in seguito. Oggi Zorzi è in grado di inserire in questo elenco anche il Marc. gr. VII 5 (Tucidide), in parte autografo di Palla e l’unico a presentare al contempo una sottoscrizione dell’umanista fiorentino e il ‘visto’ di Francesco, il che avvalora la tesi di Mercati.

Lingua: Italiano
Pag. 337-341
Etichette: Strozzi Palla, Tucidide, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: ALESSANDRO DANELONI
Titolo articolo: Le note del Poliziano al testo delle “Dionisiache” nel Laur. 32,16

La presenza delle “Dionisiache” di Nonno di Panepoli nelle opere di Poliziano è riconducibile già agli anni ’70 del Quattrocento, ma si ritrova in maniera più sistematica tra gli anni ’80 e ’90 (nei commenti universitari e nelle centurie dei “Miscellanea”), periodo al quale risale pure la trascrizione di ‘excerpta’ dell’opera, attualmente nel Par. gr. 3069. Essendo adespoto, molto probabilmente già ai tempi in cui Poliziano lo consultò, l’unico esemplare delle “Dionisiache” con certezza posseduto dall’umanista (Laur. 32,16), resta ancora oggi inspiegabile come dal commento alle “Satire” di Persio (fine 1482-83 o 1483-84) l’opera venga dall’Ambrogini attribuita correttamente a Nonno. La ‘tessera’ di Daneloni intende far ordine in relazione alle annotazioni del Poliziano presenti nel Laurenziano, confuse, fino a questo momento, con ‘marginalia’ di altre mani (tra cui Giano Lascari e Pietro Candido). A questo scopo dopo una breve illustrazione delle diverse tipologie di postille, vengono pubblicati tutti i ‘marginalia’ riconducibili appunto all’Ambrogini.

Lingua: Italiano
Pag. 341-347
Etichette: Poliziano Angelo, Nonno di Panepoli, Dionisiache, Poesia epica, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO MARTINELLI TEMPESTA
Titolo articolo: Un postillato di Niccolò Leonico Tomeo perduto e ritrovato

Lo studioso presenta qui la scoperta di un postillato di Niccolò Leonico Tomeo, fino ad oggi considerato perduto, in un esemplare aldino dei “Moralia” di Plutarco (Bibl. Ambrosiana S R 67). Esso contiene il nucleo originario di una raccolta di ‘marginalia’, alla quale si sono poi aggiunti quelli di Donato Polo (o Poli), più tardi copiati entrambi in due esemplari di proprietà di Donato Giannotti. Tale composita raccolta, poi, Fulvio Orsini fece confluire su un proprio esemplare assieme ai postillati presenti nella copia di una stampa aldina appartenuta a Pier Vettori. L’analisi dell’esemplare S R 67 e la disposizione dei ‘marginalia’ induce Martinelli Tempesta a reputare che esso abbia avuto la doppia funzione di fonte delle correzioni di Tomeo prima, e di bacino di raccolta di ulteriori varianti che circolavano anonime poi.

Lingua: Italiano
Pag. 347-352
Etichette: Tomeo Leonico Niccolò, Plutarco, Moralia, Trattatistica, Quattrocento, Cinquecento, Stampa, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO PAGLIAROLI
Titolo articolo: Lorenzo Valla e la “Poetica” di Aristotele

Pagliaroli offre qui un contributo sul versante ancora poco indagato degli autografi greci di Lorenzo Valla. A quelli già segnalati dagli studiosi, infatti, egli può adesso aggiungere il f. 221r del Par. gr. 2999, contenente l’inizio del nono capitolo della “Poetica” di Aristotele. Al di là degli elementi paleografici, a conferma di tale identificazione intervengono anche fattori storico-filologici. Si accerta così la conoscenza diretta dell’opera aristotelica (o almeno del nono capitolo di essa) da parte del Valla, quale già emergeva -pur finora senza concreti riscontri- dal proemio dei suoi “Gesta Ferdinandi regis Aragonum”. Resta da chiarire la collocazione di tale frammento nello ‘stemma codicum’ della “Poetica”.

Lingua: Italiano
Pag. 352-356
Etichette: Valla Lorenzo, Aristotele, Poetica, Trattatistica, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i articolo: STEFANO PAGLIAROLI
Titolo articolo: Nuovi autografi di Marco Musuro

La ‘tessera’ prende la mosse dalla lista dei volumi greci a stampa di Fulvio Orsini, che al n° 3 riporta un ‘Theodoro Gaza, cioè la Grammatica sua, tocco di mano di Gio. Lascari, in foglio, coperto in tavole’, solo di recente identificato da Sheehan con l’incunabolo aldino Inc. II 128 della Bibl. Vaticana. In esso Pagliaroli riconosce postille autografe di Marco Musuro, di cui una riconduce al suo insegnamento a Padova, e ne riporta due di singolare interesse, corredate di fotografia. Una seconda parte del contributo è invece tesa ad avvalorare l’ipotesi, già avanzata dal De Nolhac, relativa all’identificazione di chi sottoscrive il Vat. gr. 1400 (“Strategemmi” di Polieno e “Poetica” di Aristotele) con un nipote di Musuro, Manussos Sachellario, tanto più che è possibile attribuire alla mano dell’umanista cretese i ‘marginalia’ che accompagnano il codice.

Lingua: Italiano
Pag. 356-363
Etichette: Musuro Marco, Quattrocento, Cinquecento, Stampa, Manoscritto, Umanesimo,

Autore/i libro/articolo recensito: DONATELLA MANZOLI
Titolo libro/articolo recensito: Nuovi carmi di Guarino Veronese
Edizioni: Bertoncello Artigrafiche-Cittadella, Padova – 2000
Lingua: Italiano
Pag. 365-374
Recensore/i: Carmen Chisari
Etichette: Guarino Veronese, Poesia latina, Quattrocento, Umanesimo,

Autore/i libro/articolo recensito: MICHELE RINALDI
Titolo libro/articolo recensito: Sic itur ad astra
Edizioni: Loffredo Editore, Napoli – 2002
Lingua: Italiano
Pag. 374-384
Recensore/i: Paola Megna
Etichette: Firmico Materno, Pontano Giovanni, Mathesis, Trattato, Quattrocento, Manoscritto, Umanesimo,