Schede umanistiche | 2010-2011 | N. 24-25

L’intervento, preparato nel contesto di una presentazione del volume di Vladimir Zabughin “”Storia del Rinascimento cristiano in Italia”” (Bologna, 18 maggio 2011), pone l’accento sulla decisione con cui Zabughin intendeva rappresentare nella sua opera una unità e totalità di cultura nella storia del Cristianesimo, rifuggendo da quella frammentazione conoscitiva che egli riteneva un grave difetto degli studiosi “”specializzati””.

L’intervento, preparato nel contesto di una presentazione del volume di Vladimir Zabughin “”Storia del Rinascimento cristiano in Italia”” (Bologna, 18 maggio 2011), affronta i rapporti e approfondisce le possibili influenze degli studi e degli insegnamenti di Alexandr Veselovskij (comparatista russo studioso di Dante, Petrarca, Boccaccio e del Rinascimento italiano) sull’opera di Zabughin.

L’intervento, preparato nel contesto di una presentazione del volume di Vladimir Zabughin “”Storia del Rinascimento cristiano in Italia”” (Bologna, 18 maggio 2011), propone una disamina della prima ricezione dello studio di Zabughin in Italia, incentrata per lo più sulla severa recensione che Cian ne diede sul “”Giornale storico della Letteratura italiana””, ma spesso prendendo spunto da essa per analizzare l’interazione del libro con il complesso clima culturale degli anni Venti del Novecento italiano.

L’intervento, svoltosi nel contesto della presentazione della collana “”Biblioteca del Rinascimento e del Barocco”” (Bologna, 27 maggio 2011), tratta della “”Vita e morte del Cavalier Marino”” del Baciacca, analizzandone i modelli e i rapporti con il genere biografico, per poi argomentare come questa particolare “”Vita”” (decisamente encomiastica) sia da intendere come un lavoro nato da un ‘milieu’ culturale accademico con precisi intenti retorici di promozione di un modello di sapere e di cultura.

In questo intervento l’autore prende le mosse dall’edizione di Valentina Marchesi de “”I duchi di Urbino”” di Pietro Bembo, sondandone le implicazioni sia nel percorso umano e intelletuale del Bembo stesso in cui si intrecciano esigenze e programmi linguistici e più latamente culturali (con particolare attenzione alla discussione sulla politica e sui modelli a cui i governanti avrebbero docvuto conformarsi).

L’articolo tratta dell’edizione parmense di Plinio il Vecchio stampata da Stefano Corallo (1476), che include per la prima volta nelle carte finali un testo considerato da alcuni come un’appendice di annotazioni all’edizione, ma che si sostiene essere una lettera giovanile di Beroaldo al canonico Niccolò Ravacaldo, contenente saggi di correzioni a Plinio.

L’autrice incentra questo articolo sul disegno di Mantegna “”Virtus Combusta””, analizzandone i possibili rapporti con alcune caratteristiche della pittura di Apelle descritti da Plinio.

A partire un’allusione contenuta nell’atto III della “Mandragola”, il saggio analizza la relazione di Machiavelli con i Turchi, sottolineando come il giudizio per certi versi ambivalente che l’autore fiorentino dà di questo popolo (chiaramente negativo sul piano morale, ma positivo sul piano politico) riveli il valore che per Machiavelli riveste il confronto con l’Altro.

L’articolo ha l’obiettivo di ricostruire la figura di Francesco di Vieri, docente di filosofia per oltre un quarantennio tra Pisa e Firenze nella prima metà del Cinquecento, descrivendo l’influenza del suo magistero in Toscana riguardo l’interpretazione dei testi e delle teorie di Aristotele e Platone. Proprio in quest’ottica, l’autore tratta inoltre dei componimenti tributati al Verino al momento della sua morte, soffermandosi su un epitaffio latino del Firenzuola.

A partire dalla corrispondenza tra Vasari e Giovio, il saggio tenta di ricostuire la genesi delle “Vite” dagli anni Trenta del Cinquecento. L’ipotesi di fondo è che le biografie scritte da Giovio negli anni Venti e Trenta del Cinquecento, abbiano un valore modellizzante altrettanto significativo rispetto ai ben più citati “Elogia” (a cui lo stesso Vasari del resto fa esplicitamente riferimento).

L’articolo analizza le citazioni dei testi di Guicciardini presenti ne “La civiltà del Rinascimento” di Burkhardt, tenendo in considerazione anche il materiale di appunti presi dallo studioso tedesco per scrivere la sua opera più celebre. Da questa analisi, l’autrice argomenta come l’infittirsi di citazioni guicciardiniane nel primo e nel sesto capitolo de “La civiltà del Rinascimento” nasca dalla volontà di Burkhardt di definire nel modo più preciso possibile le caratteristiche della prassi politica rinascimentale.

La rassegna si incentra sulla recente miscellanea “Poesia e retorica del Sacro tra Cinque e Seicento”, curata da Erminia Ardissino e Elisabetta Selmi per le Edizioni dell’Orso (2009), soffermandosi di volta in volta sugli studi che la compongono.