Le riviste sostenitrici
Rivista di letteratura teatrale | 2017 | N. 10
Anno 2017 – N. 10
A cura di Annalisa Castellitti
Titolo articolo: Il punto su Lucrezia
Con l’analisi di ognuna delle diciotto battute pronunciate da Lucrezia, nei cinque atti della “Mandragola”, s’intende sostenere che, malgrado le apparenze sembrino penalizzarla, la vera protagonista della commedia è lei. La vera protagonista, perché è l’unico personaggio dinamico nel corso dell’azione, perché nel quinto atto «muta modo di procedere» assecondando la «mutazione della sua fortuna con straordinaria lucidità, perché si riscatta come donna autonoma e indipendente, perché si emancipa dall’autorità dei suoi tre mediocri mentori (madre, marito, padre confessore) e s’impone all’attenzione generale per l’accortezza e il talento decisionale. Perché, infine, è in lei che, anche in senso autobiografico, l’autore più si rispecchia.
Lingua: ItalianoPag. 9-24
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Titolo articolo: La notte del mondo nel teatro di Napoli
La ferma volontà di elevare il teatro di Napoli a teatro del mondo unisce tre testi e tre autori: il “Candelaio” (1582) di Giordano Bruno, “Napoli milionaria!” (1945) di Eduardo De Filippo e “La Gatta Cenerentola” (1976) di Roberto De Simone. Le strategie testuali messe in campo sono diverse, eppure i tre autori propongono da più punti di vista il motivo della notte del mondo e si interrogano sulle cause. Nel dar voce al desiderio della luce, l’attesa dell’alba di Napoli diviene simbolo della genesi di una nuova umanità e di un nuovo mondo.
Lingua: ItalianoPag. 25-33
Etichette: Giordano Bruno, Eduardo De Filippo, Roberto De Simone, teatro, Cinquecento, Novecento, guerra Notte, cultura, mutazione,
Titolo articolo: “Amore e Gratitudine” (1690) di Pietro Ottoboni e la controversa eredità della drammaturgia cristiniana nel teatro della prima Arcadia
Il presente contributo intende offrire una nuova lettura di “Amore e gratitudine” (1691) di Pietro Ottoboni, un dramma pastorale ritenuto particolarmente interessante in quanto esibisce in maniera vistosa i travagli della transizione dall’epoca cristiniana alla nuova stagione arcadica. L’autore parrebbe infatti riprendere tre elementi fondamentali del teatro di Cristina di Svezia, ossia l’impiego della pratica del travestimento transgender, lo sfruttamento del tema del fatalismo e il ricorso al mito interpretato in chiave filosofica, mettendoli al servizio di una logica scenica e culturale affatto differente: nella “risurrezione” del principe Celindo, rinato a nuova vita sotto le spoglie di Elmira, nell’insistenza in chiave antiquietista sul libero arbitrio, nell’introduzione della figura di Proserpina, Ottoboni sembra porre le basi per un nuovo dramma di stampo cristiano che vorrebbe proporsi come manifesto del nuovo teatro d’Arcadia.
Lingua: ItalianoPag. 35-45
Etichette: Cristina di Svezia, Pietro Ottoboni, Arcadia, barocco, dramma per musica, quietismo,
Titolo articolo: La creazione del repertorio nella compagnia Sacchi fra traduzioni degli attori e spagnolesche di Carlo Gozzi
Il presente saggio studia alcune traduzioni in italiano di testi teatrali spagnoli realizzate da attori della compagnia Sacchi, al fine di determinare il ruolo dei comici come creatori di repertorio e il rapporto dei loro adattamenti con i ‘drammi spagnoleschi’ di Carlo Gozzi.
Lingua: ItalianoPag. 47-63
Etichette: Carlo Gozzi, Luigi Benedetti, Antonio Sacchi, commedia dell’arte, teatro,
Titolo articolo: Le “Cerimonie” di Maffei e la “Pamela” di Goldoni. Appunti per un’indagine sul nesso commedia-virtù
Il saggio si propone di indagare il nesso commedia-virtù nella prima metà del Settecento, sulla base delle riflessioni teoriche in merito al rapporto tra morale e teatro. Partendo dalle osservazioni di Ludovico Antonio Muratori nel trattato “La filosofia morale” (1735) – sinora poco considerato negli studi letterari – sulla necessità di una commedia ‘morata’, l’articolo si sofferma in particolare su “Le Cerimonie” di Scipione Maffei (1728) e la “Pamela” di Carlo Goldoni (1750). Tramite l’analisi delle due commedie e la rilevazione dei punti di contatto con i contributi teorici sulla poesia e sul teatro di inizio secolo (da Gravina a Muratori), lo studio ha l’obiettivo di evidenziare, dalla prospettiva della virtù, quanto sia soprattutto la “Pamela” di Goldoni a costituire la prima significativa risposta agli auspici di Muratori.
Lingua: ItalianoPag. 65-75
Etichette: Maffei, Goldoni, Muratori, virtù, commedia,
Titolo articolo: Uno “stretto amico” fra Talia, Clio e Calliope (per tacer di Pasquino): su cinque lettere inedite di Giovanni Giraud a Vincenzo Monti (più una missiva concernente un omonimo del commediografo)
Il saggio presenta le trascrizioni di cinque lettere inedite del celebre commediografo romano Giovanni Giraud per gli anni 1810 e 1817-1818. I testi, pubblicati sulla scorta degli originali a suo tempo censiti nel “Primo supplemento all’epistolario di Vincenzo Monti”, raccolto, ordinato e annotato da Luca Frassineti (Milano, Cisalpino, 2012), vengono corredati dell’indispensabile inquadramento storico-culturale (da cui si evincono le tracce di un’insospettabile interlocuzione privilegiata) e da un adeguato commento filologico-critico.
Lingua: ItalianoPag. 77-96
Etichette: Giovanni Giraud, Vincenzo Monti, epistolografia,
Titolo articolo: Il “Cristo proibito” di Curzio Malaparte. Un’esperienza cinematografica non occasionale
L’articolo analizza il film “Il Cristo proibito” (1951), l’unica pellicola girata dallo scrittore Curzio Malaparte. Dopo aver ricostruito, attraverso materiali editi e inediti, la storia dell’avvicinamento dello scrittore al cinema, ci si concentra sulla storia elaborativa del film portando avanti un’analisi testuale della prima sceneggiatura, di diversi avantesti e della sceneggiatura desunta. L’esame di questi testi evidenzia il carattere tutt’altro che occasionale ed estemporaneo dell’incontro di Malaparte con il cinema e rivela, al contrario, un continuo ripensamento di stili e situazioni narrative. Un’ultima sezione è dedicata al rapporto tra “Il Cristo proibito” e il neorealismo. Benché il film esca in un periodo ancora fortemente caratterizzato dall’estetica neorealista e ne condivida le tematiche, è difficile ascriverlo a questo movimento. La sua cifra espressionistica e metafisica e la volontà di trasfigurare la nuda testimonianza per via pittorica fanno de “Il Cristo proibito” un’opera difficilmente incasellabile nel contesto cinematografico degli anni Cinquanta.
Lingua: ItalianoPag. 97-111
Etichette: Malaparte, sceneggiatura, neorealismo,
Titolo articolo: Realismo, epica e teatro religioso in Bertolt Brecht
Il saggio affronta la questione del realismo nell’opera di Bertolt Brecht da due diverse prospettive. La prima di queste, contemporanea al drammaturgo, viene analizzata a partire dalle due stesure di “Che cos’è il teatro epico?”, che Walter Benjamin redasse nel 1931 e nel 1939, ed è condotta sulla linea del dibattito sul realismo sviluppatosi in Germania a partire dagli anni ’30, dibattito al quale presero parte, tra gli altri, Theodor W. Adorno, György Lukács. La seconda prospettiva verso la quale il saggio si volta è invece legata alla rilettura che, all’altro capo del XX secolo, il postmoderno attua del realismo. Questa seconda linea viene seguita attraverso un’analisi del percorso critico di Fredric Jameson, con particolare attenzione a “Brecht e il metodo” (1998).
Lingua: ItalianoPag. 113-121
Etichette: Bertolt Brecht, Walter Benjamin, Fredric Jameson, teatro epico, realismo,
Titolo articolo: “Li incantesime mieje songhe fernute”. L’ultimo nastro di Eduardo
L’ultimo nastro di Eduardo (Eduardo’s last tape, alla Beckett) riguarda – oltre alla già studiata traduzione di “The tempest” di Shakespeare in napoletano seicentesco, alla Giambattista Basile – le modalità di incisione di un nastro, quasi “per voce sola”, alla fine della sua vita, nel 1984. Un episodio che si prova a considerare sia nel quadro della varia “contaminazione” e “reinvenzione” di Shakespeare nei dialetti italiani, che trova un suo apice negli anni settanta e ottanta dello scorso secolo, sia dell’incontro di Eduardo con esperienze assai diverse da quelle della sua formazione e appartenenza, soprattutto nel rapporto diretto con Carmelo Bene, che trova nella “voce sola” e in Shakespeare due elementi caratterizzanti di una tale “corrispondenza”.
Lingua: ItalianoPag. 123-133
Etichette: Shakespeare William, The tempest,
Titolo articolo: ‘Nun se chiammava manco Ferdinando’. La musica di scena in “Ferdinando” di Annibale Ruccello
Una delle novità più significative del teatro di Annibale Ruccello consiste nel considerare la musica un elemento fondante del momento stesso della scrittura teatrale, quindi precedente all’allestimento, si tratti di musica originale o di musica di repertorio. “Ferdinando” è forse l’esito più emblematico di tale concezione, come testimoniano le note di regia dello stesso Ruccello.
Lingua: ItalianoPag. 135-142
Etichette: Annibale Ruccello, Teatro, Ferdinando,
Titolo articolo: L’angelo nero di Annibale Ruccello
Ferdinando riassume molti temi della drammaturgia di Ruccello. Tre personaggi, che sembrano fuori dalla vita e dalla storia, sono turbati dall’arrivo di un giovane. Egli è bello come un angelo. La sua presenza accende il desiderio di ognuno di loro. Ruccello utilizza lo schema adottato da Pasolini in “Teorema”. Gli effetti finali sono però completamente diversi. L’angelo si rivela un demone. La sua bellezza è al servizio dell’inganno e della cupidigia. Quando egli se ne va, lascia dietro di sé solo la morte.
Lingua: ItalianoPag. 143-147
Etichette: Annibale Ruccello, Pier Paolo Pasolini, letteratura teatrale, Novecento,
Titolo articolo: Shakespeare interculturale: nuove letture di un classico
L’obiettivo di questo contributo è leggere nel trattamento di Shakespeare in ambito internazionale le modalità squisitamente personalizzanti del ‘fare teatro’. Nonostante lo status di classico garantisca una continuità di interesse, in alcuni drammi shakespeariani lo slittamento diacronico impone al processo di traduzione e di messa in scena della cultura di arrivo una maggiore attenzione alla ricezione di certi aspetti: la preservazione o la diversificazione del trattamento testuale e scenico non può non risentire del diverso modo di fare teatro dall’età elisabettiana a quella moderna. Passando in rassegna i diversi esiti del mettere in scena Shakespeare, verranno definite le variabili che, rispetto all’originale inglese, determinano slittamenti e nuove letture, legittime ma perfino auspicabili in prospettiva meta-culturale. Uno sguardo che privilegia ciò che la cultura di arrivo può regalare, arricchendo il testo shakespeariano e garantendone la sopravvivenza.
Lingua: ItalianoPag. 149-163
Etichette: Shakespeare William, traduzione, teatro,