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Rassegna europea di letteratura italiana | 2023 | N. 61-62
Anno 2023 – N. 61-62
A cura di Paolo Perilli
Titolo articolo: Letture dei Viceré
Lingua: Italiano
Pag. 11-15
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Titolo articolo: Pettegolezzo e reticenza. La parola e l’intrigo nel primo capitolo dei Viceré
Il saggio offre una lettura del primo capitolo dei Viceré di De Roberto. A partire dall’incipit che radicalizza la tecnica naturalista dell’ingresso in medias res, il romanzo si segnala per l’adozione di una forma di narrazione reticente. Il lettore e gli stessi personaggi appaiono spesso all’oscuro degli accadimenti e il romanzo procede per illazioni. Il saggio così analizza alcuni elementi ricorsivi del capitolo, i quali, apparentemente insignificanti, nascondono elementi tematici e sviluppi narrativi importanti: il portone aperto e da chiudere, la morte senza la presenza dei figli della principessa, la fretta con cui il primogenito Giacomo si reca al suo capezzale, ecc. Tutto traspare e si svela attraverso le voci pettegole e maliziose, ma anche interessate della servitù, degli ospiti di famiglia, dei parenti, di atti e gesti che paiono rivelatori, fino a rendere la vita della famiglia protagonista oggetto del gossip dell’intera città.
Lingua: ItalianoPag. 17-38
Etichette: Federico De Roberto, I Viceré,
Titolo articolo: I Viceré: il capitolo terzo della prima parte
Si propone un’analisi narratologica di un capitolo dei Viceré, il terzo della prima parte, notevole perché in esso De Roberto sacrifica l’imperativo dell’impersonalità (è la prima volta nel suo laboratorio) all’esigenza di fornire ai lettori una memorabile ritrattistica a tutto tondo dei protagonisti del romanzo. Si succedono i profili degli Uzeda, variegata e madornale antropologia: il capitolo è una collana di analessi biografiche, e a inanellarle è adibito un teller che ricorda, per l’onniscienza e per altre prerogative, quelli del romanzo d’impianto autoriale (secondo la definizione di Stanzel) di primo Ottocento. D’altra parte è essenziale nel capitolo la presenza di un mobilissimo don Blasco: il teller e il monaco (vero personaggio-riflettore: ancora un concetto di Stanzel) si dividono il lavoro; al primo la gestione narrativa del passato, la storia familiare ricostruita per movimenti analettici; al secondo la gestione del presente, la drammatizzazione, per incontri e scontri dialogici, dell’ora in cui è ormai noto il testamento cruciale, e gli attori devono disporsi per una nuova partita. La voce del monaco, i suoi scoppi d’ira, le parolacce, tengono insieme la collana delle analessi, come un filo. Sarebbe troppo affermare che il teller è impassibile: il suo giudizio sulle gesta uzediane si fa avvertire. Ma si contiene: più che esprimere riprovazione, fa parlare l’evidenza scandalosa dei fatti. Lascia al monaco il compito di stigmatizzare (gli Uzeda sono «pazzi», gli Uzeda sono «bestie»), di apertamente condannare, di caricare espressivamente gli squallidi o truci referti. E il monaco finisce col sembrarci il testimone più attendibile, bocca della verità. Le sue opinioni sempre malevole, i toni sprezzanti e clamorosi sono i più adatti a restituire il colore e le dinamiche del peggiore dei mondi possibili d’invenzione.
Lingua: ItalianoPag. 39-74
Etichette: Federico De Roberto, Franz Karl Stanzel, I Viceré,
Titolo articolo: «Ne sa più un pazzo in casa propria che un savio nell’altrui!». Spazi e ideologia del potere nei Viceré
Il saggio analizza alcuni aspetti della rappresentazione degli spazi, soprattutto architettonici, nei Viceré. Come molti dei personaggi, anche i palazzi del romanzo – quello avito di Catania, ma anche le altre dimore secondarie, e lo stesso convento di San Nicola – sembrano sottoposti nel corso della narrazione ad una “mutazione d’uso”, apparentemente clamorosa, ma nella sostanza ambigua e contraddittoria : finendo per apparire una sorta di simbolo del potere e una estensione della tormentata psicologia degli Uzeda. Tale rappresentazione, che investe naturalmente anche il rapporto tra la famiglia e il popolo (una forza tanto straordinaria quanto nei fatti inerte), trova un emblematico epilogo nelle prime pagine dell’Imperio: il parlamento romano, sorretto da colonne di marmo che sono in realtà di cartone, accoglie la massa dei deputati, descritta come una folla indistinta, “miagolante” e ancora una volta, di fatto, inessenziale.
Lingua: ItalianoPag. 75-89
Etichette: Letteratura, Federico De Roberto, I Viceré, L’Imperio,
Titolo articolo: «Tutto si paga». I Viceré e la degenerazione
L’articolo esplora la tematica della degenerazione nei Viceré di Federico De Roberto, a partire dal recupero di una fonte ‘scientifica’ del romanzo: le Études sur la sélection dans ses rapports avec l’hérédité chez l’homme di Paul Jacoby (Pavel Ivanovi? Iakobii), pubblicate nel 1881. Una bozza di lettera rinvenuta tra le carte dell’autore rivelerebbe che, intorno al 1892, De Roberto cercò di contattare il medico russo per discutere la tesi sviluppata nel suo lavoro. Anche le recensioni dell’opera di Jacoby apparse su riviste francesi sembrano aver influenzato i Viceré, in particolare quella di Théodule-Armand Ribot, autore del trattato sull’Héredité psychologique, che costituisce un’altra fonte per De Roberto. Il saggio presenta e discute altre novità documentarie, come il tentativo di traduzione francese del romanzo presso l’editore parigino Plon, e una lettera inedita a Felice Calvi, esperto di araldica, con la quale De Roberto chiede informazioni circa la nobiltà della propria famiglia.
Lingua: ItalianoPag. 91-121
Etichette: Letteratura, Scienza, Federico De Roberto, Pavel Ivanovič Iakobii, Théodule-Armand Ribot, I Viceré,
Titolo articolo: Della “disperazione storica”: la caduta delle illusioni da De Roberto a Sciascia
L’articolo si focalizza su continuità ideologica e discrepanze teoretiche rintracciabili nell’approccio al processo storico nell’opera di Leonardo Sciascia e in quella di Federico De Roberto. Il confronto prende le mosse dall’accostamento tra I Viceré (1894) derobertiani e il racconto sciasciano Il Quarantotto, pubblicato nella raccolta Gli zii di Sicilia (1958); entrambi gli scritti sono incentrati sul nodo della delusione storica scaturita dal processo unitario, vissuto come occasione perduta di un reale rinnovamento socio-politico. Se la posizione di De Roberto si mostra drammaticamente consapevole della resistenza operata dalla classe aristocratica nei confronti del fluire della Storia, che conduce inevitabilmente a una impasse, più complessa appare la posizione di Sciascia, guardando alla sua produzione globale che si estende per oltre trent’anni dopo la stesura del Quarantotto. Emblematico della distanza tra i due autori è il ruolo attribuito alla letteratura: mezzo di sarcastica denuncia della immobilità storica in De Roberto, spazio di riscatto e verità in Sciascia.
Lingua: ItalianoPag. 123-142
Etichette: Letteratura, Risorgimento, Storia, Gli zii di Sicilia, I Viceré,
Titolo articolo: Amor filiorum nel Quadriregio di Federico Frezzi: una plausibile fonte peraldiana
Un passo del Quadriregio che lascia perplessi è quello sull’amore eccessivo (Regno di Satana: lib. ii, cap. 14), punito severamente seppure qui ridotto all’amore per i famigliari. San Tommaso offre una chiave di lettura osservando che un peccato veniale può indirizzare l’individuo ad un altro peccato, mortale. Un suo predecessore come teologo domenicano, Guglielmo Peraldo, nel suo De vitiis (1230/40) aveva già focalizzato l’attenzione sull’amore per i figli come incentivo all’avarizia, volta ad aumentare il patrimonio da lasciargli in eredità. Essendo inconcepibile che il Frezzi non conoscesse lo scritto peraldiano, e data l’apparente assenza di brani affini in altri testi scritti tra quarto secolo d. C. e Trecento e accessibili al poeta, si conclude che nel brano frezziano si tratta velatamente di avarizia, e che la sua ispirazione si deve al Peraldo.
Lingua: ItalianoPag. 145-161
Etichette: Amore, Federico Frezzi, Quadriregio,
Titolo articolo: L’ésprit n’a pas de sexe. Donne e istruzione nel Settecento
L’articolo si propone di delineare, a partire dalle posizioni di Aretafilia Savini de’ Rossi per finire con quelle di Matilde Perrino, attraverso un significativo excursus sulle donne scienziate, come nel corso del XVIII secolo riprende vigore la querelle des femmes grazie alla volontà femminile di dimostrare quanto fosse importante che le donne fossero istruite non solo nella letteratura e nelle arti ma anche e soprattutto nell’ambito scientifico. Varie e discordanti furono al tempo le posizioni al riguardo, ma il dibattito evidenzia l’urgenza del problema e le nuove prospettive di ordine culturale e sociale che si aprono dal Settecento in avanti.
Lingua: ItalianoPag. 163-190
Etichette: Femminile, Istruzione, Scienza, Aretafilia Savini, Matilde Perrino,
Titolo articolo: Fra Dante e la psicanalisi: narcisismo, glaciazione e pietrificazione in Petrolio di Pasolini
Attraverso Dante e la psicanalisi (da Freud a Lacan), il presente saggio interpreta Petrolio di Pier Paolo Pasolini quale ‘corpo-testo’ dotato di un’attività psichica inconscia caratterizzata da scissioni, condensazioni, spostamenti, e da una particolare fissazione allo stadio narcisistico che si traduce nella rappresentazione di fenomeni legati alla pietrificazione e alla glaciazione dell’io e della sessualità. Petrolio è una protesi autoriale che somatizza il disagio della civiltà neoconsumistica facendo emergere i conflitti che innervano il suo corps morcélé.
Lingua: ItalianoPag. 191-233
Etichette: Psicoanalisi, Dante Alighieri, Pier Paolo Pasolini, Divina Commedia, Petrolio,
Titolo articolo: La contraddittorietà del definirsi. Sulla diffrazione della voce e dell’identità nelle Operette morali
Il saggio analizza il dominio dell’identità del personaggio-io in due Operette morali non dialogiche: la Storia del genere umano, a carattere diegetico, e il monologico Cantico del Gallo silvestre. Lo scopo è quello di provare la presenza di cortocircuiti polifonici anche in testi formalmente affidati alla parola di un narratore unico, a dimostrazione di come l’identità non sia passibile di risoluzioni definitive. Si intende pertanto dimostrare come l’idea che non si dia statuto dell’io se non a partire dal confronto con ciò che è altro, e solo in perdita nel processo di verbalizzazione (che diventeranno i presupposti di tutto l’episteme novecentesco fino alla ‘différance’ derridiana e al ‘parlessere’ lacaniano), trovi proprio in Leopardi uno dei suoi primi teorizzatori.
Lingua: ItalianoPag. 235-257
Etichette: Giacomo Leopardi, Operette morali,