Le riviste sostenitrici
Quaderni di critica e filologia italiana | 2004 | N. 1
Anno 2004 – Annata: I – N. 1
A cura di Alessandra Tramontana
Titolo articolo: ‘Incolumis pudor’. Tra latino e volgare da Flaminio a Tasso
Il saggio si propone di dimostrare come la poesia volgare nel primo ‘500 abbia ormai conquistato un ruolo preminente rispetto alla versificazione latina, confermando in tal modo quanto già i contemporanei in opere teoriche andavano argomentando. Tra tutti Paolo Giovio nel suo “Dialogus de viris litteris illustribus” già nel 1527 afferma, attraverso le parole di Alfonso d’Avalos, che la gran parte dei letterati del tempo, pur eruditi nelle lettere latine e greche, si sono rivolti ‘ad vernaculae linguae studia’. E affida poi al secondo interlocutore del dialogo, Giovanni Antonio Muscettola, l’esposizione delle cause di tale fenomeno, riconducibili soprattutto alla libertà di fruizione, da parte del versificatore volgare, della latinità classica e contemporanea, senza alcun timore di pedissequa imitazione del modello, ma al contrario con la possibilità di ricercare e rinnovare forme già consolidate dalla tradizione: è proprio il processo di traduzione, infatti, a garantire l’affrancamento dall’ ‘exemplum’. A comprova di tale linea di tendenza lo studioso esibisce una ricca e circostanziata serie di esempi tratti da versificatori della prima metà del ‘500, in cui evidente appare la relazione tra poesia latina e volgare, in un continuo interscambio tra tradizione classica e innovativi stilemi volgari. E’ il caso di Marcantonio Flaminio, i cui versi latini mescolano reminiscenze oraziane e lucreziane con raffinati neologismi; o di Luigi Tansillo, la cui lirica, esclusivamente in volgare, mostra appieno quanto sia stata interiorizzata la lezione dei classici. Un percorso, questo, che attraverso altri versificatori conduce a maestri come Pietro Bembo e Torquato Tasso, in cui il riuso del patrimonio classico attraverso la contaminazione delle fonti e la fusione dei registri, sancisce, senza più mezzi termini, la nascita della poesia italiana.
Lingua: ItalianoPag. 1-58
Etichette: Bembo Pietro, Flaminio Marcantonio, Tansillo Luigi, Tasso Torquato, Poesia, Cinquecento, Imitazione, Rinascimento,
Titolo articolo: Per una nuova edizione dei “Canti” di Leopardi
Gli autori dell’articolo illustrano i parametri su cui si fonderà una nuova edizione critica dei “Canti” di Giacomo Leopardi, coordinata da Franco Gavazzeni e di prossima pubblicazione presso l’Accademia della Crusca, e pubblicano in questa sede, con funzione di testo campione, la canzone “Ad Angelo Mai”. La prima sezione del saggio è dedicata all’analisi delle precedenti edizioni dei “Canti” leopardiani: quella di Francesco Moroncini (1927) con successive ristampe, quella di Emilio Peruzzi (1981), poi ristampata nel 1998, infine quella di Domenico De Robertis (1984). Poiché gran parte dei manoscritti leopardiani sono copie in pulito con ampie correzioni interlineari e marginali, lo scopo di ciascun editore, pur condotto con differenti metodologie, è stato quello di illustrare fedelmente il precipuo ‘modus operandi’ del poeta, articolato in tre fasi distinte, tutte rintracciabili nelle belle copie manoscritte: 1)copiatura; 2)annotazione di autocommenti, fonti di certificazione linguistica e varianti alternative (‘varia lectio’); 3) correzioni testuali. L’edizione Moroncini, pioneristica per l’approccio filologico adottato nei confronti dell’ampia documentazione testuale, si basa sull’edizione napoletana del 1835 ed è corredata di un unico apparato che comprende tradizione manoscritta e a stampa; il riporto della ‘varia lectio’, poi, è soggetto ad uno sforzo di razionalizzazione fortemente interpretativo e di conseguenza non sempre attendibile nei risultati. Peruzzi affida alla riproduzione fotografica delle carte leopardiane quanto di solito concerne la nota al testo. Sebbene l’editore non divida le diverse componenti della ‘varia lectio’ come Moroncini, tuttavia imprime una formalizzazione verticale alle varianti, il che impedisce il necessario sguardo complessivo al contempo al testo, alla ‘varia lectio’ e alle correzioni. L’edizione De Robertis, infine, si avvale di due volumi, rispettivamente con l’edizione dei testi e la riproduzione degli autografi. Il testo adottato è quello della ‘princeps’ di ogni componimento (scelta che lascia perplessa Paola Italia), sicché non si dà conto delle varianti manoscritte dei “Canti”, mentre l’apparato, diacronico, offre le lezioni fino all’ultima stampa uscita con le correzioni dell’ autore. L’Animosi, assieme al suo gruppo di lavoro, nella nuova edizione presenta, di contro, due testi: l’ultima lezione del manoscritto e l’ultima lezione delle stampe, offrendo così al lettore da una parte un ‘testo di lavoro’ che consente di scrutare da vicino lo scrittoio di Leopardi, dall’altra la rappresentazione dell’ ‘ultima volontà dell’autore’. Gli apparati sono entrambi genetici e a corredo del testo manoscritto vi è pure il riporto della ‘varia lectio’ che gode di spazio autonomo, ma è correlata al testo attraverso la segnalazione dei probabili versi di riferimento. L’edizione è arricchita da tavole ed indici, mentre un cd-rom offre la riproduzione di tutti i manoscritti e le stampe dei ‘Canti’.
Lingua: ItalianoPag. 59-138
Etichette: Leopardi Giacomo, Canti, Poesia lirica, Ottocento, Filologia, Edizione critica, Romanticismo,
Titolo articolo: L’ombra del soldato. Prime note di lettura, per strutture e temi, del “Notturno” di Gabriele d’Annunzio
L’articolo indaga le strutture narrative ed i nuclei tematici del “Notturno” di d’Annunzio, opera la cui stesura lo stesso autore riconduce al febbraio-aprile 1916, ma che in effetti, attraverso diverse redazioni, fu rielaborata fino alle soglie della pubblicazione, il novembre del 1921. Sono due i motivi che la Santi individua alla base del successo dell’opera: il ricorso ai cartigli, ‘escamotage’ per poter scrivere nello stato di cecità in cui l’autore in quel periodo si trovava, in seguito ad un incidente di volo, e il ruolo che d’Annunzio all’altezza del 1921 ormai ricopriva, reduce dall’impresa di Fiume che lo aveva consacrato a ‘leader’ carismatico, non più soltanto nelle vesti di poeta, ma soprattutto in quelle di combattente, anzi di Comandante. L’intrecciarsi del duplice ruolo dell’autore lungo l’ ‘iter’ narrativo dell’opera risultava chiaro già ai primi lettori, tra cui Ugo Ojetti, e costituisce il nodo critico sostanziale del “Notturno” che lo stesso d’Annunzio tenta di risolvere con la preventiva pubblicazione dell'”Annotazione”. La ricostruzione del ‘modus operandi’ dell’autore attuata dalla studiosa, se da una parte, sulla scia degli studi di Carla Ricciardi, si affranca dal condizionamento della finzione letteraria, dall’altra mette in rilievo due diverse modalità diegetiche, tra loro compresenti: la struttura lineare che descrive il decorso della malattia e il tempo scandito dalle visioni, memoriali o allucinatorie, che pur partendo dal presente si dipana attraverso autonomi percorsi, dando origine a diverse sequenze, ciascuna riconducibile ad un nucleo tematico; questo, a sua volta, suggerisce un secondo livello di lettura. Anche sotto il profilo temporale sarà così possibile individuare diversi piani: il presente della finzione, il passato della memoria che emerge attraverso le visioni del presente, il futuro costituito dalla vicenda redazionale del testo. Ne deriva un’opera che vuole essere esemplificazione di un percorso esistenziale in cui l’agire politico e militare dell’autore costituiscono il nucleo di partenza. Attraverso l’analisi della corona introduttiva e delle sequenze che compongono le tre ‘Offerte’ notturne, poi, va delinenadosi un percorso penitenziale dell’autore, in cui gli elementi reali (la ferita all’occhio, l’immagine della madre e della figlia Renata, i luoghi dell’Abruzzo, le azioni belliche, etc.) assumono una forte valenza simbolica, in chiave evangelica. Attraverso una personalissima interpretazione della religione, nella sequenza finale del libro la prospettiva cristologica condurrà infine alla Passione e alla Pasqua di Resurrezione, coronando così il piano dell’opera dannunziana.
Lingua: ItalianoPag. 129-191
Etichette: D’Annunzio Gabriele, Notturno, Prosa, Autobiografia, Novecento, Guerra, Memoria, Visione, Cristianesimo, Decadentismo,
Titolo articolo: Mezzo secolo di commenti al “Pastor fido”. Postille sui rapporti con la tradizione pastorale
Guercio propone una ‘storia di commenti’ -è sua la definizione- al “Pastor fido” di Battista Guarini, sceverando così le caratteristiche delle poche opere moderne di esegesi al testo guariniano. Elemento comune a tali commenti, fino alla svolta costituita dal recente lavoro di Elisabetta Selmi (1999), è la ripresa, più o meno dichiarata, delle “Annotazioni” del 1602, ritenute a lungo interamente guariniane, a cui non si è mai affiancata una sistematica ricerca delle fonti, soprattutto moderne, del capolavoro del Guarini. E’ il caso del commento del Fassò del 1950, poi ripreso e ampiamente rielaborato nel 1971 da Guglielminetti, che correda il testo di due differenti fasce di commento, l’una riconducibile alle antiche “Annotazioni”, l’altra relativa alle note del commentatore moderno. Anche le due edizioni del 1977 (rispettivamente con commento di Luigi Banfi e Daniele Ponchiroli), pur recuperando importanti osservazioni e approfondimenti critici, non apportano alcun progresso nel campo della ricerca delle fonti. Densa di novità appare invece la già citata edizione della Selmi che oltre ad indagare, in assenza di edizione critica, la vicenda redazionale del testo e il rapporto con il resto della produzione del Guarini, finalmente affronta in modo originale lo studio delle fonti, soprattutto moderne, soffermandosi pure sui rapporti tra il “Pastor fido” e la pastorale del Tasso. Ulteriori tasselli sotto questo profilo aggiunge lo stesso Guercio, il quale individua, partendo dalle osservazioni della Selmi, una linea che dal “Sacrificio” del Beccari, attravero l’ “Aminta” del Tasso, conduce appunto al “Pastor fido”, con elementi strutturali e tematici che rimbalzano da un’opera all’altra. Non manca, infine, da parte dello studioso che pure riconosce l’opera meritoria della Selmi, qualche appunto alla sua edizione, nella quale manca, ad esempio, qualsiasi rimando, al di là del Bembo degli “Asolani”, ai lirici del secolo XVI, mentre per lo più sottaciuto risulta il richiamo, cioé il riutilizzo, dei commenti precedenti.
Lingua: ItalianoPag. 193-231
Etichette: Guarini Battista, Pastor fido, Poesia pastorale, Cinquecento, Commento, Edizione, Rinascimento,
Titolo articolo: Note sulla scrittura saggistica di Gabriele Baldini
Gabriele Baldini (1919-1969) fu scrittore versatile; la sua produzione in prosa, infatti, si articolò secondo due diverse linee: l’una, accademica, riconducibile alla sua attività di professore, l’altra, narrativa, scaturita da un’innata vocazione istrionica e volutamente sbrigliata da canoni prefissati. La Bricchi si sofferma sulla prima tipologia di scrittura, quella saggistica, caratterizzata, come la studiosa dimostra attraverso una puntuale analisi, da ‘ripetitività, chiarezza, piana comprensibilità’, elementi che rispondevano tutti all’intento divulgativo che l’autore si proponeva. L’indagine, di tipo linguistico e stilistico, si sofferma sugli scritti shakespeariani, che occupano buona parte dell’attività di Baldini anglista. All’intento esemplificativo risponde intanto l’abitudine di chiarire ogni termine o espressione di non immediata comprensibilità, anche attraverso l’uso costante di connettivi, parentesi, formule cautelative e fatiche, riformulazioni di uno stesso concetto, metafore della cortesia, spie tutte della genesi orale dei testi, nati appunto per le lezioni universitarie. Anche sotto il profilo espositivo è possibile scorgere uno schema costante nella distribuzione dei periodi, organizzati come tappe lineari di un percorso logico. E’ in quest’ottica, e solo apparentemente in contrasto con il già menzionato intento didascalico, che va inteso l’ampio uso di proposizioni incidentali e della virgola come strumenti-guida per il lettore, tesi a suggerire passaggi del ragionamento e pause nella lettura. Esiguo appare, di contro, l’uso di formule lessicali e retoriche, estranee per Baldini alla scrittura saggistica. E’ infine regola imprescindibile nell’argomentazione dello studioso la netta separazione tra il piano dell’informazione e quello del giudizio, quest’ultimo proposto solo dopo aver fornito al lettore tutti gli elementi oggettivi su cui il giudizio stesso si è basato.
Lingua: ItalianoPag. 233-256
Etichette: Baldini Gabriele, Critica letteraria, Saggistica, Novecento, Lingua, Stile,
Titolo articolo: Anitre, acqua e fonti letterarie
All’ultima raccolta di liriche di Giorgio Orelli, “Il collo dell’anitra” (pubblicata nell’ottobre 2001) è dedicato il breve saggio di Silvia Longhi, il cui titolo non a caso fa il verso a quello del poeta, riprendendone il gusto per i giochi verbali. Nel sottolineare certa continuità strutturale e tematica con le raccolte precedenti (“Sinopie”, “Spiracoli”), la studiosa mette in luce l’uso, caro al poeta, di stilemi danteschi, cui, nella raccolta in oggetto, si accompagna anche il richiamo alla “Gerusalemme Liberata” e l’eco di Virgilio. Ma è soprattutto ai giochi della lettera e agli effetti fonici che la Longhi presta attenzione. Si sofferma infatti sulle anomalie tipiche del linguaggio infantile (aspetto già ravvisabile altrove), sulla sperimentazione dialettale (presente nella sezione “In riva al Nilo”), che conduce all’originale travestimento del carme 8 di Catullo, infine sull’ampio uso di artifici fonici, giocati soprattutto sui suoni vocalici ‘i’ e ‘u’, anche in questo caso rispondenti ad un gusto già rintracciabile nei libri precedenti.
Lingua: ItalianoPag. 257-268
Etichette: Orelli Giorgio, Il collo dell’anitra, Poesia, Novecento, Dantismo, Linguaggio,
A cura di: Lino Leonardi
Edizioni: Edizioni del Galluzzo, Tavarnuzze (Firenze) – 2000
Lingua: Italiano
Pag. 269-295
Recensore/i: Cristina Montagnani
Etichette: Canzonieri, Poesia lirica, Duecento, Manoscritto, Filologia,
Titolo libro/articolo recensito: Teoria e prassi della ‘gravitas’ nel Cinquecento
Edizioni: Franco Cesati Editore, Firenze – 2001
Lingua: Italiano
Pag. 297-302
Recensore/i: Vercingetorige Martignone
Etichette: Bembo Pietro, Tasso Torquato, Poesia lirica, Cinquecento, Petrarchismo, Accademia, Rinascimento,
A cura di: Gennaro Barbarisi, Enrico Decleva, Silvia Morgana
Edizioni: Cisalpino-Istituto Editoriale Universitario, Milano – 2001
Lingua: Italiano
Pag. 303-317
Recensore/i: Mauro Moretti
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