Poetiche | 2008 | N. 3

Lungi dal ricorso a sterili formule – ‘adattamento’, ‘riscrittura’, ‘ricreazione’ – lo studioso analizza le traduzioni sanguinetiane come esercizi di ‘pseudotraslazione’, per riprendere una suggestione dello stesso poeta, individuando nelle sue versioni di Catullo, Lucrezio e Orazio la negazione del rapporto immediato fra testo originale e tradotto. Non solo testi ma ‘rischiosissimi test’, come dimostra il critico a conclusione della sua accurata e capillare indagine, che confermano l’attitudine sperimentale dell’autore.

All’insegna della metamorfosi, il personaggio femminile acquista centralità nell’opera poetica sanguinetiana. Presenza/assenza, immagine della Grande Madre, eterno femminino, quest’archetipo infinitamente predicabile è anche portatore, come rivela la dettagliata analisi del critico, di un messaggio protofemminista che apre le porte del nuovo millennio.

Estraneo a generalizzazioni teoriche quanto ad astratte categorizzazioni, Luciano Anceschi ha il merito di restituire le poetiche al loro orizzonte pragmatico. La modernità del suo metodo è al centro di questo studio che, con maturità e convinzione da parte dell’autore, ne valorizza l’aspetto esperienziale anche in relazione alla nuova ‘autocoscienza’ critica tipicamente novecentesca.

La recente e meritoria riproposizione di tre importanti testi luciniani – “Verso libero”, “Antimilitarismo”, “Libro delle figurazioni ideali” – funge da pre-testo, da parte del critico, per un’indagine della modernità letteraria di quest’autore, dal ‘pensiero proteiforme’ ed estraneo a logiche preconcette, che si esplica sovente in una pratica testuale ibrida e multiforme, mirante a coniugare tradizione italiana e influssi europei.

Acuta indagine delle sottili corrispondenze interne tra l’opera di Paul Celan e quella di Giorgio Caproni, in particolare per ciò che concerne l’elaborazione di una ‘teologia negativa’ successiva all’esperienza sconvolgente della deportazione. Una sorta di ‘ateismo religioso’, originato dalla visione di Auschwitz, caratterizza l’opera di entrambi gli autori, come attestano i puntuali riscontri intertestuali forniti dalla studiosa, così come l’immedesimazione nella figura dell’ebreo vittima del nazismo.

Romanzo di ‘tras-formazione’, “Mafarka il futurista” di Marinetti rivela, pur nell’esibita vena sperimentale, impliciti legami con l’epopea omerica puntualmente evidenziati dalla studiosa. Come giustamente si sottolinea nell’articolo la modernità dell’opera, che nell’epilogo contiene l’apologia dell’eroe futurista, poggia su ‘quelle fondamenta mitiche ufficialmente rinnegate’ che risultano invece fondamentali all’elaborazione della bildung del protagonista.

Un tentativo, non sempre convincente, di sottolineare la non infelicità delle eroine tratteggiate da Maria Messina – l”allieva’ di Verga autrice di numerosi racconti sulla condizione femminile – è condotta dal critico, che prende in esame un vasto corpus narrativo dominato da una dialettica oppositiva ingenuità/consapevolezza, vena del sentimento/logica materialistica della ‘roba’. Nonostante le loro legittime aspirazioni di libertà, è quasi sempre il fallimento, infatti, a connotare la loro dolorosa parabola esistenziale.

Responsabilità del critico è quella di saper distinguere, nel vasto panorama letterario attuale, autori e fenomeni degni di considerazione – nei confronti dei quali prendere partito – rispetto a situazioni effimere e asservite ad una logica di mercato. Lo ribadisce con la consueta fermezza lo studioso, che deplora l’elusione della critica, oggi di moda, ribadendo la necessità di conferire senso al testo attraverso le tre fondamentali funzioni: ‘l’analisi, l’interpretazione e il commento’.

Omaggio a Luigi Gozzi, critico teatrale, autore e regista recentemente scomparso, illuminato interprete del teatro d’avanguardia.