Moderna | 2001 | N. 2

Presentazione degli Atti delle giornate di studio “Genealogie della poesia nel secondo Novecento”, tenutesi presso la Certosa di Pontignano nei giorni 23-25 marzo 2001 e organizzate dall’Università degli Studi di Siena e dall’Università per Stranieri di Siena, che vengono pubblicati nel numero in esame.

L’autore tenta di fare il punto sulla poesia italiana a partire dagli anni ’50, quando cioé da parte di alcuni grandi maestri (Montale) e da nuove leve (Pasolini per un verso, Sanguineti dall’altro), si sente l’esigenza di un nuovo rapporto con la realtà. Guglielmi individua dunque tre linee di sviluppo per la poesia dell’ultmo mezzo secolo: una della continuità con i grandi del primo Novecento (è una linea della “moralità”), una politica e ideologica (“Officina”), e una infine internazionale e neoavanguardistica; tutte disponibili a incrociarsi tra di loro nelle figure cardine di un Zanzotto, di un Pasolini ancora, ma non solo.

Riallacciandosi alla teoria delle “forme fluide” di Adorno (banalizzando: il fare artistico come recupero e contaminazione di forme precedenti), Frasca propone un’analisi delle varietà linguistiche da tenere presente per i poeti del secondo Novecento (varietà formulaica: la lingua della radio; processale: quella televisiva; iconometrica: quella dei fumetti; dromoscopica: cinematografica; glossolalica: musicale; ritornello: pubblicitaria e canzonettistica; letteraria: la lingua poetica) e attraverso l’analisi di “Medicamenta” di Zanzotto e di “Quare tristis” di Giovanni Raboni, osserva i diversi usi poetici delle varietà linguistiche.

Individua negli anni ’90 del XX secolo una fertilità di esperienze poetiche, sottolineando e la struttura individuale del fare in versi, sia invece quella articolata intorno ad alcuni perni culturali (la rivista napoletana “Altri termini”, quella genovese “Altri luoghi; il “Gruppo ’93” con rimandi precisi alla Neoavanguardia).

Attraverso l’analisi di alcuni poeti (fra gli altri Francis Ponge, Wystan Hugh Auden, Montale, Pasolini, Pagliarani, ma anche Penna, Rosselli e Zanzotto) attivi fra gli anni ’40 e la contemporaneità (questo l’arco del postmoderno, per Berardinelli), l’autore intravede come distintiva di tale epoca letteraria la forzatura dei propri confini di genere (da qui la distinzione intanto fra lirica e poesia “tout court”), in direzione della teatralità e di andamenti più congeniali alla prosa, ripensando la tradizione e allargando dunque lo spettro dei modelli, instaurando un rapporto dialettico con la “lirica” in senso stretto.

Peculiarità del moderno, secondo la rilettura fattane da Cortellessa, la “parodia” (bachtinianamente: rovesciamento) fa il suo ingresso in poesia con Palazzeschi; il critico ne individua, a partire da Pagliarani, varie fenomenologie: alessandrino-crepuscolare di Alessandro Fo, critico-allegorico di Pagliarani e Andrea Inglese, scoronante-ludico: il “Gruppo 93”, elegiaco-ambiguo di Rosaria Lo Russo, e la modalità zero, fatta di “divagazioni e garbuglio” di Tommoso Ottonieri.

Dallo spoglio di venticinque raccolte poetiche edite fra il 1987 e il 2000, da autori nati fra il 1945 e il 1965, Testa può formulare alcune considerazioni lessicali sulla poesia più recente: dalla assimilazione sostenziale dell’italiano standarda come lingua comune, alla non esclusione di forme letterarie auliche (lemmi della tradizione), foresterismi anglosassoni, ma anche latinismi, dantismi, fino alla compiaciuta immersione in sacche basse – dialetti e gerghi -.

Sanguineti, da critico e da poeta, affida alcune osservazione sulla poesia del Novecento, ribadendo la centralità dell’avanguardia nel fare letterario (con il loro bagaglio di realismo, anarchia e azzeramento delle distanze fra il concetto di mercato e quello di museo), e mettendo in guardia i critici dal conio di una categoria come quella di “memorabilità” nel senso di culto delle forme chiuse.

L’autore si interroga sul rapporto fra la poesia e il postmoderno, sul posto della poesia nella realtà umana e sulla sua valenza straniante o meno.

L’autore osserva nel XX secolo lo slabbramento della testualità poetica, alla confusione dei ruoli locutorii e dunque del soggetto enunciante.

Piangini pone alcune coordinate per la lettura di Pagliarani, sottolineando la natura metalinguistica e metapoetica della sua opera poetica, e l’importanza riconsciuta alla fase della lettura.

Testi di Elio Pagliarani.

Presentando alcuni testi di E. Sanguineti ne ripercorre brevemente la carriera poetica.

Testi di Sanguineti.

Portando in esame alcuni testi poetici (Sereni, Rosselli, Fusco), la studiosa ribadisce l’importanza della corporeità, prodotto di un rapporto conoscitivo di natura sensibile con il mondo, nella poesia del XX secolo.

A chiusura del convegno la tavola rotonda vede gli interventi di Leonetti, Barile, Grignani, Luperini, Nava, Prete.

Nel presentare il seguente repertorio bibliografico ragionato sulla poesia del secondo Novecento, appunta alcune considerazioni sullo stato della critica letteraria, lamentandone il monologismo.