Le riviste sostenitrici
Medioevo letterario d’Italia | 2004 | N. 1
Anno 2004 – Annata: I – N. 1
A cura di Dario Pontuale
Titolo articolo: La tecnica della rima nelle opere volgari di Bonvesin da la Riva. Parte prima: rimario
In questo interessante articolo di Carlo Beretta viene presentata la figura di uno dei maggiori poeti volgari dell’Italia del Nord tra il Due e Trecento, ossia quella del milanese Bonvesin da la Riva. Oltre alla sua prolifica produzione poetica, Bonvesin deve la sua notorietà all’utilizzo sapiente della quartina monorima di alessandrini, di provenienza francese. Il risultato poetico di questo autore, però, non si esaurisce solo in questa forma metrica, ma raggiunge dei buoni risultati anche nella quartina di alessandrini a rime accoppiate e la strofa di sei alessandrini a schema: AABABA. Nel suo articolo Beretta intende studiare la tecnica di questa rima non soltanto sotto l’ottica dei procedimenti atti alla costruzione di tali liriche, ma anche approfondendo quelle condizioni fonetiche che hanno portato a simili risultati. Il brano è suddiviso in due sezioni: la prima è riservata al rimario completo delle opere in volgare, la seconda, che sarà pubblicata nel prossimo numero, conterrà lo studio basato sui dati raccolti nella prima parte.
Lingua: ItalianoPag. 11 – 50
Etichette: Poesia dialettale, Duecento, Trecento,
Titolo articolo: Ancora sulla ballata “Molto à ch’io non cantai”
Nel 1888 Giosuè Carducci pubblicò sul suo “Il Propugnatore” una serie di Rime antiche da carte d’archivi e la seconda di esse era una ballata grande in settenari del 1300. “Molto à ch’io non cantai”, questo il titolo della ballata, proveniva dall’interno della coperta pergamenacea anteriore di un Liber reformationum et consiliariorum del Comune di San Gimignano conservata nell’Archivio di Stato di Firenze e trascritta dal notaio Tucius olim Segne notarii de Areio. Il grande scrittore toscano ritenne legittimo considerare la lirica di origine siciliana e così fu considerata addirittura fino al 1966, quando Ignazio Baldelli la inserì invece nella sua raccolta di liriche “siculo-umbre”, notate alcune desinenze e lessemi che si avvicinavano maggiormente alla zona dell’Umbria e più particolarmente a quella di Todi. Questo saggio mira, grazie ad un nuovo testo critico, ad un commento stilistico-linguistico e ad un’analisi sulla forma metrica, a rivedere le posizioni del Balzelli ed a proporne delle sconosciute. L’articolo, per maggiore chiarezza ed organicità, viene suddiviso quindi in sei parti: Stato della questione, Il Testo, Commento, Questioni di lingua, Questioni di metro, Conclusioni.
Lingua: ItalianoPag. 51 – 72
Etichette: Poesia dialettale, Trecento, Ballata,
Titolo articolo: Nuove indagini sulla raccolta di rime italiane del ms. Escorial e.III.23
Tale lavoro si prefigge il compito di chiarire, attraverso un metodo codicologico, gli aspetti del codice Escorialense e.III.23, le funzioni e la sua circolazione. Questo codice raccoglie, oltre ad un frammento di liriche due-trecentesche, quattro trattatelli in latino ma viene ricordato, soprattutto, per il suo valore di capostipite della scuola veneziana dello Stilnovo. La Capelli nella sua ricerca, che parte da una prima indagine di Michele Barbi e poi da una seconda di Domenico De Robertis, pone particolare attenzione sul riesame delle diverse mani interventure sulla compilazione del codice, sulla fascicolazione irregolare di questi e sull’utilizzo dei marcatori alfabetici. Tutti questi elementi spingono ad affermare in conclusione all’autrice del saggio che il codice Escorialense e.III.23 potesse essere utilizzato all’epoca come un “esemplare di servizio”, quindi una specie di modello impiegato per la preparazione dei codici successivi.
Lingua: ItalianoPag. 73 – 114
Etichette: Duecentro, Trecento, Poesia, Manoscritto,
Titolo articolo: REMAKING PETRARCH’S “CANZONIERE” IN THE FIFTEENTH CENTURY
Questo testo si interroga su cosa sia accaduto al “Canzoniere” di Petrarca dal 1734, anno della morte del proprio autore, al 1501, anno della la famosa edizione aldina curata da Pietro Bembo. Per rispondere a questo interrogativo si devono considerare l’attività che i singoli scrivani svolsero materialmente su questa opera, infatti essi avevano spesso familiarità con la poesia lirica e con i canali attraverso cui questa circolava, ma proprio una simile familiarità li spinse, durante la trascrizione, ad adottare delle varianti testuali e grafiche che si allontanarono progressivamente dal quelle del testo originale. Tali modifiche sono però utili per dimostrare come nel secolo successivo alla scomparsa del Petrarca la sua opera più grande fosse letta ed interpretata dai posteri. Oltre all’evoluzione progressiva della trascrizione dei poemi petrarcheschi, per una corretta comprensione del problema, si deve aggiungere anche la trasformazione della tipologia del libro che si compie dalla fine del Trecento fino all’inizio del Cinquecento. In conclusione, questo saggio vuole dimostrare, prendendo anche in considerazione i Triumphi, quanto sia imprescindibile lo studio degli aspetti materiali e grafici dei codici letterari con la storiografia letteraria.
Lingua: InglesePag. 115 – 140
Etichette: Poesia, Petrarca Francesco, Canzoniere, Trecento,
Titolo articolo: La tradizione delle “Rime” di Antonio degli Alberti. Parte prima
La breve biografia iniziale sul fiorentino Antonio degli Alberti offre molti spunti di riflessione sulla personalità poliedrica del personaggio. Fu poeta e mercante, politico e banchiere, si dilettò abilmente con la letteratura nella sua villa chiamata Il Paradiso insieme a Francesco Landini e Coluccio Salutati, eresse un monastero in segno di devozione a Santa Brigida ma neppure dopo due anni lo fece demolire per far sfollare i frati che lo abitavano, fu condannato poi all’esilio e si rifugiò a Bologna dove finì i suoi giorni. Gran parte delle sue opere sono andate perdute, tranne il Flautus vocis, le rime invece hanno subìto un lungo processo di falsificazioni e censure e forse anche per questo Alberti trova spazio ridottissimo nelle antologie e nelle storie della letteratura. La critica moderna lo annovera tra gli imitatori di Petrarca e Dante, con il gusto per l’erudizione classica, lui estimatore della sestina nel XIV secolo. L’unica edizione completa delle rime del poeta fiorentino è stata curata da Anicio Bonucci nel 1863. Il saggio, diviso in due parti, affronta nella prima una nuova recensione dei manoscritti e delle edizioni apparse, mentre nella seconda, contenuta nel prossimo numero, il tentativo di individuare il canone poetico alla base delle rime di Antonio degli Alberti.
Lingua: ItalianoPag. 141 – 170
Etichette: Poesia, Antonio degli Alberti, Rima, Poesia,
Titolo articolo: Per una nuova edizione dell “Rime” di Matteo Griffoni
L’articolo si apre con una premessa nella quale l’autore spiega come per inquadrare lo spirito e l’identità culturale di Matteo Grifoni sia necessaria un’analisi che attraversi contemporaneamente il campo poetico, storico-ideologico, storiografico-diaristico e quello musicologico, approfonditi successivamente. Nella seconda sezione si da risalto a come sia stato possibile raccogliere tutto il materiale su questo notaio e poeta bolognese ossia grazie all’aiuto degli scritti autografi, apografi e delle edizioni; nella terza, invece, vengono considerate le ballate scritte dal Griffoni ed esaminate nella loro struttura metrica. Il modulo prevalentemente adottato è quello di due versi a rime alternate, volta con concatenatio e ripresa distica concentrata su una sola rima, seguendo uno schema ZZ, AB, AB, BZ. L’ultima sezione offre una nuova ed interessante ottica di lettura di queste ballate, grazie ai nuovi ritrovamenti di Raffaella Pini, e affresca un contesto della vita cortigiana bolognese e dei suoi protagonisti. Alcuni dubbi però persistono sull’oggettiva autografia del testo.
Lingua: ItalianoPag. 171 – 192
Etichette: Poesia, Rima, Griffoni Matteo,
Titolo articolo: Dall’Umbria verso Montecassino sulle tracce della mistica francescana
Questo scritto anticipa la pubblicazione della tesi di laurea di Francesco Verderosa, che svolge un’indagine linguistica sul volgarizzamento del quarto libro dell’Arbor vite crucifixe Iesu di Ubertino da Casale. Il manoscritto, rinvenuto dal frate minore Cesare Cenci, ha un valore rilevante per la tradizione letteraria mistica francescana. Il testo, infatti, viene tramandato con l’intento di far conoscere alle classi meno dotte un’opera teologicamente fondamentale dell’ordine stesso. In esso vengono trasmessi punti cardini della dottrina cattolica: Il predicatore più grande, l’ultima cena, l’agnello mansueto, la dottrina delle rocce, le conversazioni di Cristo risorto ed altre ancora. Il libro dell’Arbor Vite assume però un notevole valore anche in un contesto linguistico poiché in tale manoscritto si possono rintracciare le tappe basilari di una migrazione fonetica e morfologica del testo, lungo la “Via degli Abruzzi”, una via commerciale, religiosa e culturale nata accanto a quella romano-fiorentina. Proprio sulla “Via degli Abruzzi” i francescani, sfruttando l’antica presenza benedettina, intrapresero la loro attività di diffusione del proprio ordine e della propria letteratura. Considerando i dati raccolti e presentati Verderosa, infine, giunge a delle conclusioni sulla volgarizzazione dello scritto Ubertino sopravvissuto ad un’acuta “sabinizzazione” e sulla sua localizzazione geografica individuata a ridosso della linea Roma-Ancona, sulla dorsale appenninica fra l’Umbria sud-orientale e le Marche occidentali, datata tra il XIV ed il XV secolo.
Lingua: ItalianoPag. 193 – 208
Etichette: Storia della lingua, Manoscritto, Trecento,