Le riviste sostenitrici
Letteratura e arte | 2003 | N. 1
Anno 2003 – N. 1
A cura di Cristiana Anna Addesso
Titolo articolo: Fra un virtuoso oblio e una memoria divina. Petrarca, l’ars memoriae e il codice Troyes 552
Andrea Torre interviene sulla questione relativa al rapporto tra Petrarca e la tradizione dell’ars memoriae, rinvenendo tracce del suo interesse tra quegli ‘uncini’ della memoria che sono le glosse apposte nel celebre codice Troyes 552 al ciceroniano “De oratore”, testo fondante della mnemotecnica. Lo studioso si sofferma anzitutto sulla glossa relativa alla significativa figura del greco Temistocle, recuperata dal Petrarca nei “Rerum memorandarum” e nel “De remediis utriusque fortunae”. In esse il poeta ricorre anzitutto ad un’idea ‘materiale’ della memoria, ricollegata alla negativa immagine della ‘sarcina’, allusiva di una memoria irregolare, caotica e perciò inutile, e a quella positiva del petto di Temistocle, un ‘locus maior’, spazioso e capiente, simbolo di una memoria stabile ed ordinata. La figura di Temistocle torna nel “De remediis” per dare voce e sostegno alla “ratio” contro il “gaudium” con il suo virtuoso desiderio di un oblio preferibile alla caotica memoria delle immagini delle vanità terrene. Ancor più densa di significati per Andrea Torre è, infine, la glossa relativa alla figura del greco Simonide, tradizionale ‘inventor memoriae’, che fornisce spunti allo studioso per sottolineare l’importanza attribuita da Petrarca alla memoria ‘visiva’ e al primato degli occhi sugli altri organi di senso.
Lingua: ItalianoPag. 11-22
Etichette: Petrarca Francesco, Codice Troyes, De remediis utriusque fortunae, Rerum memorandarum, Secretum, Manoscritto, Trecento, Memoria,
Titolo articolo: Kunstliteratur monumentale. Qualche riflessione e un progetto per la firma d’artista dal Medioevo al Rinascimento
Sulla scorta del progetto-repertorio “Opere firmate nell’arte italiana. Medioevo-Rinascimento” che la Donato dirige con Enrico Castelnuovo, il saggio si propone di indagare innovativamente non solo le varie tipologie delle sottoscrizioni, o firme d’artista, ma di dare risposta ad un nutrito numero di interrogativi a proposito (perché l’artista firma, quando e dove ciò avviene). La firma dichiara solitamente due aspirazioni, alla benevolenza celeste o alla gloria terrena. Nel primo caso Monica Donato rileva come l’artista tenda a legare il proprio nome (e dunque il ricordo di sé) ad una figura sacra, solitamente Cristo, la Madonna o un santo patrono, cogliendo esempi soprattutto dall’arte medioevale Due-Trecentesca, dalla firma di Giovanni Pisano sulla Fontana di Piazza a Perugia alla celebre “Maestà” di Duccio di Buoninsegna, che le offrono spunti per far osservare anche come le sottoscrizioni d’artista ricorrano assai spesso, durante il pieno e basso Medioevo, in cantieri pubblici di opere scultoree ed architettoniche dalla forte valenza sociale (si pensi alle firme di Lanfranco e Wiligelmo nel Duomo di Modena o al nome dell’architetto Buscheto nella cattedrale di Pisa). La ‘cupiditas gloriae’ è legata all’arte rinascimentale quando la firma d’artista, dipinta a sua volta su libri, fogli volanti, cartellini, finte epigrafi o incisa sulle sculture, predilige ‘classicamente’ l’imitazione dell’antico nella forma ‘opus’ seguito dal genitivo del nome (“opus Fidiae”) e il vezzoso ‘pendenti titulo’ col ‘faciebat’, a significare la perfettibilità dell’arte, e gioca fra quel ‘pingere’ e ‘fingere’ fondato dal binomio Petrarca-Simone Martini nel Virgilio ambrosiano.
Lingua: ItalianoPag. 23-47
Etichette: Duecento, Trecento, Cinquecento, Arte, Antropologia, Medioevo, Rinascimento,
Titolo articolo: Dalla vita del poeta alla vita dell’artista. Tendenze del genere biografico nel Quattrocento
Il saggio si propone di soffermarsi sulla biografia del poeta come fonte di ispirazione della biografia d’artista, le cui radici trecentesche traggono essenzialmente spunto dall’impatto dell’arte giottesca sui contemporanei, dalla presenza dell’artista nel genere novellistico nonché dai libri dedicati da Plinio agli artisti nella “Storia naturale”. Ricostruita la nascita della biografia del poeta ad opera del Boccaccio, Bartuschat ripercorre le varie tappe per giungere alla biografia dell’artista e ne individua al contempo i topoi più diffusi : la difesa del ruolo sociale dell’artista, il talento naturale ad imitare la natura, il motivo della vocazione naturale ostacolata dal padre, il rapporto maestro-allievo e la rivalità fra gli artisti. Lo studioso verifica quindi la relazione tra biografia del poeta e biografia dell’artista occupandosi specificamente della Vita del Brunelleschi di Antonio Manetti, raccostabile al genere biografico svetoniano-plutarcheo, da cui emerge la forza d’invenzione dell’artista che ri-fonda le regole della prospettiva e quella nozione di ‘eroismo culturale’ che Bartuschat rilevava nella biografia del poeta.
Lingua: ItalianoPag. 49-57
Etichette: Boccaccio Giovanni, Brunelleschi Filippo, Ghiberti Lorenzo, Giotto, Manetti Antonio, Trecento, Cinquecento, Biografia, Poeta , Medioevo, Rinascimento,
Titolo articolo: Le sezioni “De pictoribus” e “De sculptoribus” nel “De viris illustribus” di Bartolomeo Facio
Il saggio di Gabriella Albanese si inserisce, assieme a quello successivo di Paolo Pontari, in una microsezione della rivista dedicata ad indagare le origini della biografia artistica rinascimentale attraverso le figure di Bartolomeo Facio e Biondo Flavio. La Albanese volge la sua attenzione al “De viris illustribus” (1455-56) di Bartolomeo Facio, in cui compaiono significative sezioni dedicate agli artisti (De pictoribus, De sculptoribus), esibendone nel suo saggio numerosi passaggi. La studiosa, che chiarisce in apertura i rapporti Facio-Biondo, “De viris”-“Italia illustrata”, si propone di comprendere la genesi retorica della monografia storico-biografica degli artisti in area rinascimentale e, pertanto, rileva le peculiarità dell’inventio retorica del Facio, desumibili dal rapporto tra il proemio e i sottoproemi del “De viris” o dalla analisi compositiva della pittura che si sostanzia delle ciceroniane ‘partitiones oratoriae’. L’attenzione della Albanese si volge dunque al ‘catalogus’ di pittori e scultori creato dal Facio, motivandone – con richiami allo stesso Biondo Flavio o alla politica culturale di Alfonso il Magnanimo – la preferenza accordata al gusto tardo-gotico (Gentile da Fabriano, Pisanello) e la preminenza della pittura fiamminga (van Eyck, van der Weyden).
Lingua: ItalianoPag. 59-79
Etichette: Facio Bartolomeo, De viris illustribus, Trattato, Quattrocento, Retorica, Pittura, Umanesimo, Napoli,
Titolo articolo: Gli artisti nel “Catalogus virorum illustrium” dell’ “Italia illustrata” di Biondo Flavio
Le pagine dedicate dal Pontari all’ “Italia illustrata” di Biondo Flavio costituiscono, assieme al precedente e correlato saggio di Gabriella Albanese, un significativo contributo all’indagine sulle origini della biografia artistica rinascimentale. Pontari propone rilevanti considerazioni sull’imponente ed erudita descrizione storico-geografica che il Biondo realizzò ampliando la più modesta committenza di Alfonso il Magnanimo (un catalogo di artisti contemporanei), un’opera che ha destato scarso interesse nella critica, a dispetto della sua rilevanza nell’ambito della storiografia artistica. Lo studioso analizza le motivazioni sottese alla scelta degli artisti inseriti da Biondo nella sua “Italia illustrata”, sottolineandone anche la complessa stratigrafia con riferimenti alle redazioni primitive delle regioni ‘Romandiola’ ed ‘Etruria’. Pontari propone domande e fornisce risposte sul canone artistico di Biondo, costituito dal vertice dell’architettura moderna, Brunelleschi, dai nuovi Apelle e Zeusi, Giotto e Donatello; da Gentile da Fabriano, che consente al Pontari di far dialogare Biondo con Facio e Vasari; da Altichiero e Pisanello, vanto della scaligera Verona. Pontari si congeda dal lettore aggiungendo alla testimonianze figurative relative allo stesso Biondo già recensite da Riccardo Fubini, l’interessante presenza del Biondo come nuovo Strabone nell’ “Italia nova” della Galleria delle Carte Geografiche in Vaticano da lui relazionata al ritratto miniato dell’autore presente nel manoscritto di New Haven (c.1r) contenente l’ “Italia illustrata”.
Lingua: ItalianoPag. 80-110
Etichette: Biondo Flavio, Italia illustrata, Storiografia, Quattrocento, Pittura, Umanesimo,
Titolo articolo: Biografia scritta di Neri di Bicci pittore. “Visibile pregare”: percorsi tra parole e immagine nelle opere di Neri di Bicci
Federico Poletti entra nella fiorente e vivace bottega del fiorentino Neri di Bicci (1419-92) per intraprendere un percorso attraverso le sue opere, in cui l’elemento verbale ricorre nelle tre costanti tipologie del ‘cartiglio’, del ‘titulo’ e del libro aperto. Se il cartiglio, per il quale Neri riprende e rielabora lo schema compositivo di Filippo Lippi, identifica solitamente personaggi e committenti, il ‘titulo’, assai ricorrente nelle numerose Annunciazioni, corre solitamente alla base della tavola, seguendone le partizioni ed assumendo talvolta una particolare ‘valenza plastica’ poggiandosi sui litostrati. Quanto alla presenza della parola scritta sotto forma di libro aperto, Poletti si sofferma sui significativi spunti offerti dall’affresco con San Giovanni Guadalberto (Santa Trinita, Firenze), dal Sant’Antonio (Art museum, Denver, Colorado) e dal San Giovanni evangelista (Montecarlo), ove ricorrono citazioni erudite o messaggi devozionali rivolti al popolo rurale.
Lingua: ItalianoPag. 111-126
Etichette: Neri di Bicci, Quattrocento, Pittura, Scrittura, Rinascimento, Firenze,
Titolo articolo: Cronache di architettura: 1458-1464. Alberti e Bernardo Rossellino nei “Commentarii rerum memorabilium quae temporibus suis contingerunt” di Enea Silvio Piccolomini
Il saggio riflette sui “Commentarii” di Enea Silvio Piccolomini, memoriale manoscritto che il papa Pio II compilò ad uso dei propri ‘familiares’ allo scopo di fornire ai futuri suoi biografi e storici gli elementi necessari per comprendere il suo pontificato. La Villa ne sottolinea anzitutto l’alto valore autobiografico, le capacità di osservazione e descrizione del Piccolomini, rilevando come i “Commentarii” possano di fatto considerarsi anche una ‘cronaca d’architettura’ e una ‘biografia di artisti’ nella misura in cui vi risulta narrata minuziosamente l’opera di restauro e rinnovamento del borgo natìo del Piccolomini, Corsignano, prossimo a diventare, in suo onore, Pienza, secondo il progetto di Leon Battista Alberti e per opera di Bernardo Rossellino.
Lingua: ItalianoPag. 127-133
Etichette: Piccolomini Enea Silvio, Commentarii, Cronaca, Quattrocento, Autobiografia, Architettura, Città, Umanesimo,
Titolo articolo: Autoportrait d’humaniste en athlète prodigieux. L’ “Autobiographie” et la plaquette “L.Bap.” de Leon Battista Alberti
Nel tentativo di stabilire la paternità della anonima “Vita” albertiana (I ed. 1751, II ed.1759), Michel Paoli osserva come alla tradizione, rappresentata dalla “Autobiografia”, dal Biondo e dal Ficino, che di Alberti esaltava il ‘versatile ingegno’ si accostino abbastanza presto la pari esaltazione del suo ‘talento prodigioso’, delle presunte capacità divinatorie dell’artista e dei suoi ‘exploits’ atletici. Paoli, che ricorda come anche nel “De familia” Alberti rifletta sull’importanza dei ‘giuochi virili’, sottolinea il fatto che nella “Vita” si parli piuttosto di ‘exploits’ con una certa tendenza all’autoesaltazione e al narcisismo, scorgendo in ciò una probabile dimostrazione della paternità albertiana di questo testo giunto anonimo. Il saggio si propone altresì di stabilire legami oggettivi tra la “Vita” albertiana e la ‘plaquette’ (medaglia) che ritrae l’Alberti (Biblioteca Nazionale di Parigi) all’insegna del comune modello antico, la biografia imperiale da un lato e la medaglistica e l’oreficeria classica dall’altro. Sia l’autobiografia che il presunto autoritratto forniscono, tuttavia, per Paoli un’immagine irreale dell’Alberti che nella medaglia in particolare sembra ritrarsi sul modello del San Giorgio del Donatello, una dimensione cristiana che Paoli riesce a scorgere nella forma più che nel contenuto della “Vita”, ma che induce lo studioso anche a ritenere che entrambe le opere possano rientrare in un più ampio ‘ironico’ progetto dell’artista.
Lingua: FrancesePag. 135-143
Etichette: Alberti Leon Battista, Vita, Autobiografia, Cinquecento, Classicismo, Cristianesimo, Esoterismo, Arte, Rinascimento,
Titolo articolo: “Per attentamente mirare…” La visione alienante nell’ “Arcadia” di Sannazaro
Andrea Pantani si interroga sul motivo della ‘visione’ nell’ “Arcadia” del Sannazaro, prendendo spunto dall’ekphrasis delle porte del tempio di Pales istoriate con immagini prelevate dalla mitologia (Prosa III). Lo studioso sottolinea il significato simbolico del ‘mirare attentamente’, dello ‘sguardo fisso’ ed alienante dal reale di cui Sannazaro connota il dio Apollo ed il personaggio Ergasto, corrispettivi dell’incapacità dell’amante a distinguere il vero dal falso e del poeta a guardare in modo neutrale la realtà, preda dei suoi interessi estetici. Dallo sguardo ‘fisso’ Pantani passa così a riflettere su quello ‘torto’ o ‘obliquo’ caratterizzante il dio Mercurio ritratto sulle porte del tempio, sguardo tipico di occhi ladri ed invidiosi, dietro i quali lo studioso rileva riferimenti simbolici alla congiura dei baroni. Se il mito di Endimione gli fornisce elementi per riflettere sulla visione onirica, e dunque ancora sul processo di alienazione dal reale, la rappresentazione istoriata del giudizio di Paride, e in particolare l’artificio artistico di ritrarre Venere di spalle sottraendo la ‘visione’ della sua bellezza al mirare dei pastori, inducono Pantani a vedervi una chiara esplicitazione della poetica dell’ ‘allusione’ sottesa a tutta l’ “Arcadia”.
Lingua: ItalianoPag. 145-160
Etichette: Sannazaro Iacopo, Arcadia, Poesia pastorale, Quattrocento, Visione, Mitologia, Umanesimo, Napoli,
Titolo articolo: Il libro e la pagina scritta, presenza nelle immagini
Il saggio indaga la presenza della pagina scritta nelle arti figurative, specificamente in pittura, a partire dalle soluzioni più semplici in cui il libro vale come puro oggetto tridimensionale, generando effetti di trompe l’oeil, o in cui il testo scritto sia facilmente ricollegabile ai soggetti del dipinto, caratterizzandone il livello sociale e intellettuale. È questo il caso, ad esempio del prezioso codice miniato nel ritratto di Leone X realizzato da Raffaello. Più complesse le soluzioni a carattere teologico (Beato Angelico) o quelle rientranti nella iconografia mariana: la Madonna, spesso assorta nella lettura, può diventare lei stessa autrice della pagina scritta come nel celebre “Tondo del Magnificat” del Botticelli, tollerare l’ingenuità infantile del Bambino che accartoccia le pagine (Van der Weyden) o lasciarsi distogliere dal nunzio angelico che sembra turbare la quiete del suo studiolo umanistico nel celebre dipinto leonardesco. Accanto all’atteggiamento di accettazione da parte dell’artista nei confronti della presenza del libro e della scrittura nell’opera d’arte, Gigetta Dalli Regoli non manca di registrare anche forme di aperto rifiuto. Punta avanzata di questa linea dissenziente sulla possibilità che le parole potessero aiutare l’arte (che trovava il suo portavoce in Vasari) è Michelangelo che lascia solo avvertire la presenza del “verbum” attraverso gli enormi volumi di Sibille e Profeti della Sistina, negando all’uomo ogni possibilità di lettura.
Lingua: ItalianoPag. 161-172
Etichette: Cinquecento, Critica d’arte, Libro, Scrittura, Pittura, Rinascimento,
Titolo articolo: Corrispondenze tra arte e letteratura. Letterati in pittura, pittori in letteratura
I suggestivi motivi dell’artista in letteratura e, viceversa, del letterato in pittura offrono alla Pietragalla, nel primo caso, lo spunto per una ricognizione per generi letterari e tra latino e volgare, e nel secondo la possibilità di individuare ed analizzare le descrizioni che i letterati fecero dei propri o degli altrui ritratti. Nell’ambito della poesia, partendo dalle testimonianze di Dante e Petrarca su Giotto, Cimabue e Simone Martini e giungendo al ‘catalogus’ offerto dall’Ariosto (Furioso, canto XXXIII), rilevante sembra alla studiosa sul versante della latinità il carme “In pictorem” del Piccolomini, permeato da una sostanziale affinità tra le ‘artes’. Al contrario l’assenza di artisti caratterizza la novellistica (e la commedia) umanistica in latino a dispetto della già nota rivalutazione del ruolo dell’artista -dotato di arguzia e sagacia- affidata invece alla novella in volgare. Il tema del ‘ritratto’ del letterato si sostanzia nel saggio dei celebri dipinti realizzati dal Tiziano raffiguranti Pietro Aretino, di cui Nicolò Franco offrì delle corrosive descrizioni, e del ritratto del Castiglione, ad opera di Raffaello, cui lo stesso autore del “Cortegiano” ed Antonio Tebaldeo fecero riferimento rispettivamente in un’elegia ed in un sonetto.
Lingua: ItalianoPag. 173-183
Etichette: Aretino Pietro, Castiglione Baldassarre, Franco Nicolò, Piccolomini Enea Silvio, Tebaldeo Antonio, Cinquecento, Poesia, Novella, Pittura, Umanesimo, Rinascimento,
Titolo articolo: Biografie ‘dipinte’. I ritratti dei letterati nella cultura umanistica
Gli antichi modelli di raffigurazione del letterato in epoca alto-medievale e tardo-gotica, di stampo classico e biblico, tra i quali prevalgono la rappresentazione frontale in piedi (di ascendenza aristotelica-averroista), lo schema iconografico della Annunciazione, del re David scrittore dei salmi e di San Luca che scrive o ritrae la Madonna, inducono Marcello Ciccuto a rilevare anzitutto come il letterato riveli sempre, rispetto all’artista-artigiano, il possesso di quell’ingenium inteso come fondamentale strumento dell’atto creativo. Lo studioso si chiede, dunque, come gli artisti affrontino la figura del letterato durante l’Umanesimo, a seguito della ritrovata pari dignità ed autonomia tra queste due figure professionali, giungendo a dimostrare (riferendosi, tra gli altri, all’ “Omaggio a un poeta” di Giorgione) come i poeti diventino ‘specchio degli artisti’, come il ritratto di un letterato possa diventare funzionale per l’artista alla riflessione sullo stato dell’arte.
Lingua: ItalianoPag. 185-201
Etichette: Trecento, Quattrocento, Pittura, Iconografia, Biografia, Ritratto, Medioevo, Umanesimo,
Titolo articolo: I sonetti dell’arte. Aretino tra Apelle e Pigmalione
Tra le poesie ad argomento artistico, e specificamente ‘ritrattistico’ (dal Tebaldeo al Bembo al Della Casa), il cui modello va individuato in RVF 77-78, Rossend Arqués seleziona due sonetti dell’Aretino ispirati ai ritratti realizzati dal Tiziano dell’ambasciatore imperiale Don Diego Hurtado de Mendoza e della sua amata, sonetti che offrono spunti di riflessione su quei miti di Apelle e Pigmalione forieri di una nuova estetica rinascimentale. Tiziano, il nuovo Apelle, vince il pittore classico per la sua ‘geniale’ capacità di cogliere i tratti psicologici ed il mondo interiore del soggetto ritratto, fondando per l’Aretino una pittura-poesia che porta con sé un nuovo e più ampio concetto di ‘imitazione’. Con il dipinto dell’amata di Don Diego Hurtado Tiziano, che ha gareggiato con Amore per cogliere e fare proprio quel ritratto stampato già nel cuore dell’amante, è anche nuovo Pigmalione. Superando l’imitatio Naturae e sulla scorta di una vera e propria ‘fisiologia della conoscenza’, che poco ha a che fare per Arqués col neoplatonismo, Tiziano crea immagini dotate di vita, le cui virtù interne è capace di cogliere in ragione delle proprie virtù cognitive e di rappresentare in forza del suo ‘genio’ come perfettamente rispondenti all’idolo interiore così formato.
Lingua: ItalianoPag. 203-212
Etichette: Aretino Pietro, Vecellio Tiziano, Poesia, Pittura, Estetica, Rinascimento,
Titolo articolo: Michelangelo. Le rime dell’arte
Nel ‘corpus’ poetico michelangiolesco Susanna Barsella individua e seleziona un nutrito numero di componimenti che ben si prestano ad essere riuniti sotto la comune etichetta di “Rime dell’arte”. Tre i nuclei tematici che la studiosa vi individua: l’arte e il lavoro artistico, la predestinazione all’arte, l’arte come produttrice di bellezza e come metafora di conoscenza. Fondamentale per la Barsella il parallelismo tra l’arte della scultura e l’azione dell’amore che nelle “Rime” si pongono come due aspetti paralleli dell’uomo ‘faber’ di sé e del mondo, tali da consentirgli di realizzare la sua natura e, insieme, di trasumanare verso il divino. Messa da parte la concezione platonica dell’arte, che sembra alla Barsella appiattire la dottrina artistica del Buonarroti, la studiosa sancisce la varietà delle fonti michelangiolesche che si innestano su una concezione aristotelica della realtà, giungendovi attraverso la lettura dei due celebri “Non ha l’ottimo artista alcun concetto” e “Si come per levar, donna si pone”. Da essi emerge l’affermazione dell’amante, e per esso dell’artista, come ‘paradigma’ dell’uomo che, guidato dalle idee di bene e di bello, non solo supera con l’arte la natura, ma scolpisce ‘perfezionando’ la materia e dunque anche se stesso.
Lingua: ItalianoPag. 213-225
Etichette: Buonarroti Michelangelo, Rime, Cinquecento, Poesia, Arte, Amore, Neoplatonismo, Aristotelismo, Scultura, Rinascimento,
Titolo articolo: ‘Con artifizio maravigliosissimo’. Benvenuto Cellini nelle biografie d’artisti tra Cinquecento e Settecento
Il saggio analizza, lungo un articolato percorso dal Cinquecento al Settecento, le testimonianze offerte dai principali storiografi d’arte sulla biografia celliniana. Conservando a margine il valore della autobiografia del Cellini, punto di partenza è naturalmente il Vasari e l’edizione giuntina della “Vite” che riporta, nella sezione degli Accademici del Disegno, episodi salienti della vicenda artistica celliniana, elogiandone con pregnanza descrittiva alcune opere, ma conservando un tono di sobrietà e di distacco, uno stile di circostanza e manierato derivante dai rapporti di scarsa cordialità tra i due artisti. Assente nelle “Vite” del Bellori, lontane dalle ‘degenerazioni naturaliste’ e passionali, il Cellini ricompare nelle “Notizie” di Filippo Baldinucci, significative certo per lo spazio riservatogli come artista e come letterato, ma in cui il Cellini è pur sempre funzionale alle notizie da lui stesso fornite sul Primaticcio, nella cui Vita il Baldinucci inserisce le tessere celliniane. Si giunge così al Settecento, al carmelitano Orlandi che nell’ “Abbecedario pittorico” fornisce una voce illuministicamente sintetica ma pressoché esaustiva del profilo del Cellini, e soprattutto alla riedizione delle “Notizie” del Baldinucci ad opera di Giuseppe Piacenza che restituisce, esibendo ed integrando tutte le fonti a disposizione, una biografia finalmente a tutto tondo del Cellini.
Lingua: ItalianoPag. 227-244
Etichette: Baldinucci Filippo, Bellori Gian Pietro, Cellini Benvenuto, Piacenza Giuseppe, Vasari Giorgio, Vite, Notizie, Biografia, Cinquecento, Settecento, Arte, Rinascimento, Illuminismo,
Titolo articolo: Zuccaro e il “Cortegiano”. La ‘maniera’ fra parole e immagini
Monica Ghilardi si occupa delle raccolte epistolari di Federico Zuccaro (1539-1609), “La dimora di Parma” e “Il passaggio per l’Italia”, che restituiscono un’immagine ‘poliedrica’ di un autore che si presenta all’interlocutore nelle cangianti vesti di pittore, filosofo, viaggiatore, descrittore, uomo della Controriforma e, soprattutto, ‘uomo di corte’. La studiosa riflette sulle minuziose descrizioni ecfrastiche dello Zuccaro, pittore-autore abituato ad osservare la realtà per ritrarla sulla tela come sulla pagina, e si sofferma in particolare sulle componenti spiccatamente ‘cortigiane’ della sua cultura e della sua scrittura informata dalla presenza di richiami alle castiglionesche ‘grazia’, ‘decoro’, ‘leggiadria’, ‘sprezzatura’. Spiccata, infine, la ‘cortigiana’ curiosità dello Zuccaro per il ‘vario’, il ‘mutevole’, il ‘diverso’ inteso come ‘bizzarro’, mentre certamente significativa è la testimonianza offerta sul Caravaggio, il cui ‘nuovo’ realismo è per il pittore manierista sinonimo di gradita ‘stravaganza’.
Lingua: ItalianoPag. 245-265
Etichette: Castiglione Baldassarre, Zuccaro Federico, Il Cortegiano, La dimora di Parma, Il passaggio per l’Italia, Trattato, Epistolario, Cinquecento, Seicento, Cortigiano, Letteratura di viaggio, Manierismo,