La Rassegna della letteratura italiana | 2008 | N. 2

Nel presente intervento Anglani commenta e analizza i passi più significativi dello scambio epistolare intercorso tra Alessandro e Pietro Verri nel 1794, cogliendo quei sentimenti che più avvicinano e allontanano i due fratelli. Divisi nettamente sulla concezione della storia, in questo periodo Alessandro e Pietro concordano sui pregi e i vantaggi della solitudine. Tuttavia, nonostante le lettere di Pietro in piu’ di un’occasione evidenzino la sua disillusione nei confronti della societa’ contemporanea, a differenza del fratello egli non perde la speranza nel ritorno dei “tempi della ragione” ed e’ pronto a rompere il suo isolamento e diventare “cittadino”.

Vanden Berghe riesamina le versioni ossianiche di Michele Leoni confrontandole con quelle di Cesare Balbo e Melchiorre Cesarotti ed evidenziandone le influenze provenienti a Leone dalla traduzione francese in prosa delle “Garlic Antiquities” e gli innumerevoli spunti provienienti dalla letteratura italiana, in primis dalla Divina Commedia utilizzata sostanzialmente come repertorio linguistico.

Spicka passa in rassegna e commenta alcuni interventi sul pensiero politico petrarchesco pubblicati soprattutto in seguito alla celebrazione del centenario della nascita del grande umanista. La sua attenzione si sofferma in particolare su tre monografie dedicate a Petrarca: G. Ferraù “Petrarca, la politica, la storia”, Centro interdipartimentale di studi umanistici, Messina, 2006; Petrarca politico. Atti del convegno (Roma-Arezzo, 19-20 marzo 2204)”, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, 2006; G. Baldassarri “Unum in loco. Strategie macrotestuali nel Petrarca politico”, Milano, LED, 2006.

Dopo aver riportato alcuni versi estrapolati dai “Paralipomeni alla Batracomiomachia” (II, 32-33), ricollegandoli ad un passo delle “Mémoires” di Metternich (V,32), Maragoni si sofferma brevemente su altre tre tipologie di nessi tra testi: il ricalco minimo ma fedele; il rimaneggiamento; la metamorfosi di un modello in stereotipo. Come primo esempio lo studioso propone “Tosca” i,168 di Scarpia e la confronta con “I Promessi Sposi” XXXII,10 e come secondo “Giacinta” (I,14,x) di Capuana e il suo riferimento “I Promessi Sposi” X,60-61. Nel terzo esempio le immagini presenti in “I Promessi Sposi” VIII,93 sono ben consolidate ne “Il marito di Elena” (III,4) di Verga, “L’esclusa”, di Pirandello (II,8,xlv) e “Cristo si è fermato a Eboli” di Levi (XVII,3).

L’attenzione di Zappitelli è rivolta al linguaggio comico leopardiano e all’importanza che per esso ha l’esperimento di traduzione di “Caronte e Menippo”, tratto dai “Dialoghi dei morti” di Luciano. A tal fine la studiosa riporta oltre alla traduzione leopardiana, il testo di Luciano secondo le edizioni di cui Leopardi disponeva nella biblioteca paterna e la versione latina del Benedictus. Per meglio documentare l’originalità delle scelte lessicali del recanatese, successivamente presenti nelle sue operette di area comica, Zappitelli accosta ai testi succitati anche le versioni di Guglielmo Manzi, Luigi Settembrini e quella più moderna di Vincenzo Longo.

Nel suo intervento Biscuso analizza i contenuti del “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’ italiani” composto da Leopardi probabilmente tra la primavera e l’estate del 1824, quand’egli è ormai giunto ad un pieno materialismo, che trova definitiva espressione nelle “Operette morali”. Esaminando la dimensione concettuale-metodologica e il livello storico e definito l’oggetto dell’indagine del “Discorso”, lo studioso attribuisce ad esso il valore di testimonianza del fatto che la nostalgia per le illusioni perdute non si traduca in Leopardi in una pura e semplice condanna della ragione illuministica e della civilizzazione moderna, ma sia ancora in grado di proporre un”arte della vita’ che potrà essere veramente efficace solo a patto che maturino le dovute condizioni storiche.