La Rassegna della letteratura italiana | 2008 | N. 1

Fido espone in rassegna, commentandole brevemente, le principali edizioni dell’ ultimo decennio dedicate al recupero degli epistolari settecenteschi: “Lettres à Bettine” di Dominique Vivan Denon, édition preparée par Piergiorgio Brigliadori, Elena Del Panta, Anna Lia Franchetti, Anne- Marie Pizzorusso, Anne Schoysman, sous la direction de Fausta Garavini, Arles, Actes Sud, 1999; “A Venetian Affair” di Andrea Robilant, New York, Alfred A. Knopf, 2003, ricostruzione della corrispondenza amorosa tra il patrizio veneto Andrea Memmo, amico di Casanova e l’anglo-veneziana Giustiniana Wynne, poi contessa Orsini Rosemberg; le “Lettere” di Gasparo Gozzi, a cura di Fabio Soldini, Fondazione Pietro Bembo/Ugo Guanda Editore, 1999; “Carteggio 1774-1791” di Giovanni Cristofaro Amaduzzi e Aurelio de’ Giorgi Bertola, a cura di Maria Francesca Turchetti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005; “Lettere” di Carlo Gozzi, a cura di Fabio Soldini, Venezia, Regione Veneto/Marsilio, 2004 ed infine le “Lettere di Elisabetta Caminer (1751-1796). Organizzatrice culturale”, a cura di Rita Unfer Lukoschik, Conselve, Pd, Edizioni Think ADV, 2006.

Il saggio segue la parabola letteraria del mito e della leggenda di Garibaldi e delle sue camicie rosse alimentato non solo dallo stesso generale sin dall’anno della sconfitta dell’Aspromonte (1862) con l’inizio della stesura del suo “Poema autobiografico” in ventinove canti, ma anche da una numerosa serie di scrittori di diversa formazione, dall’umile Bartolomeo Marchelli, detto Bazara, ad Alexandre Dumas, testimone d’eccezione dell’impresa dei Mille. Tuttavia il mito viene schiacciato dalla realtà del Novecento la cui letteratura ne mette in luce il fallimento, come ad esempio nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa il romanzo più amaro e rappresentativo del Risorgimento tradito.

Il ruolo dell’ekphrasis e della reiterazione nella scrittura di Salvatore Mannuzzu è al centro del saggio di Fortini, che ne sottolinea l’uso non solo nel romanzo “Alice” del 2001, ma anche ne “Le ceneri del Montiferro” e in “Un Dodge a fari spenti”. La studiosa evidenzia come tali figure retoriche siano ben radicate nella letteratura italiana del Novecento e come sulla componente percettiva corporea dei romanzi di Mannuzzu sia stata determinante la lezione di Deledda e Morante.

Il saggio ripropone la lectio magistralis tenuta da Mannuzzu in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Lettere e filosofia presso l’Università di Sassari, il 25 ottobre 2004. Il discorso è dedicato alle vicenda biblica di Giobbe ed è teso a dimostrare come quest’ultimo sia campione del desiderio, più ancora che del dolore.

Il saggio di Sarteschi è la risposta a quelle posizioni che negano la compiutezza del Canzoniere petrarchesco, confutando in particolar modo le tesi espresse da Natascia Tonelli in un suo intervento sul Vat. Lat. 3195, il manoscritto contenente le 366 liriche dei Rerum vulgarium fragmenta. Analizzando in particolar modo i sonetti finali, dal 360 al 366, Sarteschi mostra com’essi costituiscano gli anelli di chiusura di un’opera conclusa nel messaggio e dotata di una precisa struttura simbolica. Inoltre, prendendo spunto dal “Secretum”(p.267), la studiosa sostiene: ‘Il compimento del libro concretizzava un contenuto esemplare: l’avvenuta riunificazione degli sparsi frammenti dell’anima “garantita da Colui che non inganna e non si lascia ingannare”‘.

Nel presente saggio Cristiani si sofferma sull’analisi dell'”Astrea placata”, uno dei componimenti di Metastasio noti sotto il nome di feste teatrali, composta nel 1739 per ordine di Carlo VI. La studiosa ne mette in evidenza gli echi e il superamento della tradizione celebrativa letteraria non solo dell’idea di Impero in generale, ma anche dell’Impero asburgico in particolare e ne dimostra l’originalità in relazione al contesto storico in cui è inserita.

Vaucher-de-la-Croix dimostra come la recensione di Francesco Forti alla “Statistica della Svizzera”, pubblicata in apertura al novantacinquesimo numero dell'”Antologia” di Vieusseux, abbia non solo il merito di individuare con precisione i principi su cui si fonda lo studio statistico del suo autore, il ticinese Stefano Franscini, ma soprattutto il metodo deontologico alla base di tutta la sua opera e della sua azione politica e pedagogica.

Oltre all’ individuazione delle relazioni letterarie che Caterina Ferrucci ebbe con i più importanti personaggi italiani della sua epoca, da Leopardi a Manzoni, a Giusti, a Gioberti, legate per la maggior parte alla sfera pubblica della sua vita e alla stima e alla considerazione da lei suscitate, Elisabetta Benucci ne scopre una piccola parte del privato, chiudendo il suo saggio con alcune lettere che la donna scambio’ con il futuro marito e con Fanny Targioni Tozzetti. Analizzando il tono delle uniche due missive che costituiscono il carteggio tra le due donne, Benucci ipotizza che i contatti tra di esse fossero molto piu’ frequenti di quanto cio’ che ci rimane testimoni e che tale confidenza avesse anche reso possibile qualche indiscrezione sul rapporto tra Tozzetti e Leopardi.

Le due note dannunziane di Bisanti si riferiscono rispettivamente alla novella “Gli idolatri” e all’atto I, scena 1, vv. 40-45 de “La fiaccola sotto il moggio”. Nella prima l’autore precisa le influenze di Verga su D’Annunzio da indivuduare non solo nella novella “Guerra di santi”, ma soprattutto in “Liberta’”. Nella seconda nota Bisanti fa riferimento all’accostamento dei personaggi di Annabella e Benedetta alle Parche ed individua in esso un chiaro riferimento alla scena iniziale del “Crepuscolo degli Dei” di Wagner, richiamandosi alle tre Norne presenti nel prologo dell’ultima giornata della Tetralogia.