La Rassegna della letteratura italiana | 2006 | N. 2

Nel presente saggio Christian Genetelli distingue un prima e un poi nella storia di Leopardi lettore di Alfieri, individuando come spartiacque il 27 novembre 1817, data in cui il giovane recanatese termina la lettura della “Vita” dell’astigiano. Prima di tale evento l’interesse che Leopardi nutre per Alfieri non è un mistero: nella “Lettera ai Sigg. compilatori della Biblioteca Italiana in risposta a quella di Mad. la Baronessa di Staël Holstein ai medesimi” del 18 luglio 1816, non soltanto l’astigiano è inserito in un canone selettivo, ma laddove Leopardi scrive che ‘Metastasio non volle mai leggere Tragedie Francesi’ c’è una chiara citazione a Ranieri de’ Calzabigi che riferisce tale episodio nella “Lettera sulle quattro prime tragedie di Vittorio Alfieri”. Oltre a questo legame paratestuale con l’astigiano, c’è l’esperienza della Maria Antonietta, cominciata il 30 luglio 1816, in cui il soliloquio della protagonista è un chiaro riferimento alle tragedie e allo stile conciso di Alfieri, concisione presente anche nella “Traduzione al libro secondo dell’Eneide”. Importanti per esaminare l’alfierismo leopardiano del tempo, sono inoltre gli scambi epistolari con Pietro Giordani. In particolare le lettere del 30 aprile 1817, in cui Leopardi parla della recente sua ‘conversione’ (termine adoperato dall’ astigiano a proposito del proprio stile nel “Parere sopra le tragedie di Vittorio Alfieri”) e del 30 maggio dello stesso anno in cui, sempre a proposito della propria conversione letteraria, il recanatese cita apertamente un verso adottato da Alfieri nel sonetto “Su le presenti Tragedie”. Confessa Leopardi a Giordani: ‘E’ un anno e mezzo che io quasi senza avvedermene mi son dato alle lettere belle che prima non curava […] sì che avendo sempre badato ai rami non ho fatto come la quercia che ‘a vieppiù radicarsi il succo gira, per poi schernir d’austro e borea l’onte”.
Al termine del suo intervento Genetelli sottolinea inoltre come l’astro nascente di Alfieri nel panorama leopardiano, non comporti l’eclissi di Metastasio, anch’egli più volte modello dichiarato.

L’intervento di Tanturli è la risposta ufficiale della Dantesca ad un opuscolo di Enrico Malato, In difesa della Società Dantesca Italiana, Roma, Salerno editrice, 2006, che denuncia un certo rallentamento nell’attività scientifica della Società. L’autore ribatte puntualmente a tutte le accuse mosse nell’opuscolo, mettendo in evidenza la situazione tutt’altro che stagnante dell’istituzione.

Nel presente saggio Gilda Corabi analizza il carteggio di Pietro Giordani. In particolare, l’interesse è focalizzato su un gruppo di lettere inviate dal Giordani a Giusti e che dopo la morte di quest’ultimo il mittente pretese indietro da Ferrucci, per timore che venissero pubblicate. Causa di questa pretesa restituzione sarebbe il contenuto delle missive: in esse Giordani avrebbe espresso una serie di giudizi negativi su Monti, in seguito da lui elogiato.

Partendo dall’analisi del tema del paesaggio in letteratura i cui elementi fondamentali sono la presenza umana e la percezione sensoriale, Dora Marchese passa ad esaminarne la presenza in una delle Novelle Rusticane di Verga: “Pane nero”. La studiosa individua a tal proposito tre grandi aperture paesaggistiche corrispondenti ai tre momenti principali dello svolgimento narrativo: l’innamoramento di Santo e Nena, la storia d’amore di Lucia con Pino il Tomo e poi con mastro Brasi, e la vicenda di Carmenio costretto ad assistere all’agonia e alla morte della madre. In tutti e tre gli episodi percezione sensoriale e presenza umana costituiscono l’essenza stessa del paesaggio. Gli odori, i rumori descritti nelle tre aperture paesaggistiche sono, infatti, tutti filtrati dallo stato interiore dei protagonisti che, attraverso il fenomeno dell’irradiazione, trovano nel paesaggio il riflesso della propria personalità.

Antonio Carrannante esamina la carriera critica e letteraria di Sergio Antonielli, collaboratore della rivista “Rassegna Italiana” dal 1946 al 1949 e del “Belfagor” di cui l’a. del presente saggio mette in evidenza i “ritratti critici” di Ungaretti (1949), Montale (1950), Quasimodo (1951) Sereni (1952) e Russo (1961), nonchè un articolo di taglio politico sullo stalinismo ed una recensione del 1961 alle “Poesie” di Gozzano del 31 luglio 1961. Per quanto riguarda l’attività letteraria, sono ricordati i romanzi “Il campo 29”, “La tigre viziosa”, “Il venerabile orango”, “Un cane e un uomo in pù” e “Oppure, niente”. Per Carrannante il risultato più solido dell’esercizio critico e letterario di Antonielli andrebbe riconosciuto nel suo “difficilissimo equilibrio fra vita ed elaborazione letteraria”.