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La parola del testo | 2014 | N. 1-2
Anno 2014 – Annata: XVIII – N. 1-2
A cura di Marina Dattola
Titolo articolo: Appunti sul canzoniere provenzale T: la prospettiva dantesca (tra Giacomo da Lentini a Petrarca)
Il canzoniere provenzale T, conservato presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, acquisisce una rilevanza notevole nel dibattito sui contatti certi che sono esistiti tra le canzoni provenzali e la cultura poetica italiana, partendo dalle opere di Giacomo da Lentini e arrivando ai sonetti del Petrarca. L’opera ebbe sicuramente un’origine veronese e non esistono dubbi sul fatto che lo stesso Petrarca ebbe la possibilità di visionarne personalmente il contenuto. Il codice pergamenaceo è composto su due unità codicologiche preesistenti, cioè un testo oitanico e tre quaternioni dedicati a Peire Cardenal, e risulta evidente anche la presenza di diverse tipologie di scrittura. Numerosi sono i raffronti proposti tra i testi tràditi da T e alcune opere dantesche, ma due caratteristiche emergono in maniera evidente: la contiguità in T tra i testi provenzali e il permanere nella mente di Dante di tali componimenti che riuscirono ad emergere e a manifestarsi nei suoi scritti in momenti diversi.
Lingua: ItalianoPag. 13-31
Etichette: Giacomo da Lentini, Alighieri Dante, Petrarca Francesco, Letteratura provenzale, Canzoniere, Duecento, Trecento,
Titolo articolo: Petrarca: aura e antaura, ‘tristitia’ e ‘melancholia’
L’autore dell’intervento propone una riflessione sugli archetipi figurativi e mitografici utilizzati dal Petrarca nei suoi componimenti, individuando due polarità nella fenomenologia del personaggio-poeta. Da una parte, infatti, a prevalere nello scenario descritto è l’armonia, la pace e lo stupore dell’estasi, dall’altra la legge del contrasto, il tormento delle passioni che genera un continuo stato di angoscia e inquietudine. La prima condizione dell’anima viene rappresentata attraverso l’immagine dell’aura, un leggero moto di vento che nei “Rerum vulgarium fragmenta” coincide con la manifestazione di Laura, generando una corrispondenza tra la realtà esterna e il segreto custodito nella psiche. L’antaura, invece, rappresenta il mutamento generato dal trascorrere delle stagioni che non riescono, nonostante tutto, a portare al disgelo, cioè a convincere e rendere reciproco l’amore da parte della donna.
Lingua: ItalianoPag. 33-84
Etichette: Petrarca Francesco, Rerum vulgarium fragmenta, Trecento,
Titolo articolo: Grammairiens et maîtres d’italien en France sous l’Ancien Régime
Nel 1548 venne pubblicata a Parigi la prima grammatica italiana in lingua francese il cui autore fu Jean-Pierre de Mesmes, esponente di una nobile famiglia di avvocati, attivamente partecipe alla cultura umanista e i cui membri erano esperti della lingua italiana, al quale si deve anche la traduzione di una delle prime commedie dell’Ariosto, i “Suppositi” (1552). Le cinque edizioni della “Grammaire italienne”, che furono pubblicate tra Parigi e Lione nell’arco di circa trent’anni, dal 1548 al 1581, testimoniano l’importanza che la lingua italiana ricopriva in Francia in quegli anni. Tra le tante edizioni di successo seguenti, degne di nota sono quella del 1647 di Claude Dupuis dal titolo “Le Rozier de la langue italienne”, il “Nouvelle Méthode pour apprendre facilement et en peu de temps la langue italienne” di Claude Lancelot del 1649, “Le maître italien” di Giovanni Veneroni in diverse edizioni, fino al successo ottenuto nel corso del XVIII secolo dall’abate Annibale Antonini con la sua “Grammaire italienne à l’usage des dames”.
Lingua: Inglese/ItalianoPag. 85-96
Etichette: Grammatica, Francia, Cinquecento, Seicento, Settecento,
Titolo articolo: A proposito dei libertini italiani
Alberto Beniscelli ha pubblicato nel 2012 l’antologia “Libertini italiani. Letteratura e idee tra XVII e XVIII secolo” il cui intento è quello di riflettere su un movimento di costume e di idee che in Italia, a causa della presenza della Chiesa e del controllo della Compagnia di Gesù e dell’Inquisizione, appare più sommesso. Beniscelli propone, preliminarmente, una distinzione tra ‘libertini di spirito’ e ‘libertini morali’ distinguendo la dissolutezza dei costumi da quella intellettuale, cioè di coloro che rifiutano dogmi e riti. Tra gli autori presenti nella raccolta possiamo, citare Naudé, Ericio Puteano, il Frugoni, per poi passare alle accademie che furono facilmente affascinate dal libertinismo, come quella degli Umoristi e degli Incogniti. Beniscelli è riuscito anche a creare una mappatura dei centri toccati da tale movimento, da Roma a Padova, sede dell’aristotelismo di Cesare Cremonini, Venezia, città del magistero sarpiano, Napoli, dove il Sarpi si recò, e Genova, città di Fortunio Liceti. Per quanto riguarda i temi trattati, l’argomento amoroso assume sfumature differenti e viene tralasciato l’aspetto spirituale per dedicarsi a quello più puramente sensuale.
Lingua: ItalianoPag. 97-102
Etichette: Libertinismo, Italia, Seicento, Settecento,
Titolo articolo: Viaggi d’epica
Renzo Rabboni affronta il tema del viaggio nel genere epico concentrandosi, però, solo sulla “Tebaide di Stazio”, tradotta dal cardinale Cornelio Bentivoglio d’Aragona, pubblicata con lo pseudonimo di Selvaggio Porpora nel 1729, a Roma. In particolare, i passi del racconto analizzati fanno riferimento al viaggio di Polinice esule da Tebe ad Argo e quello di Tideo esule da Calidone ad Argo, il cammino inverso da Argo a Tebe di Tideo, l’anabasi dell’ombra di Laio e le catabasi di Tiresia e Manto e di Anfiarao. Gli spostamenti assumono un valore strutturale e vengono utilizzati per attivare una rete di intrecci, ma l’interpretazione che ne dà il Bentivoglio è ricca di riferimenti ai temi della grazie e della fede: il conflitto tra tebani e argivi diventa fondazione mitica delle moderne guerre di religione; la lotta fratricida diviene simbolo della spaccatura che si è generata all’interno del mondo cristiano; la lotta tebana è simile a quella francese, olandese, germanica condotta contro Roma e Teseo, il condottiero ateniese, va ad identificarsi con il Cristo trionfante, capace di attuare un intervento risolutivo.
Lingua: ItalianoPag. 103-122
Etichette: Stazio, Bentivoglio d’Aragona Cornelio, Tebaide, Viaggio, Settecento,
Titolo articolo: Nota su Francesco Gori Gandellini
L’intervento propone un’analisi della raccolta di scritti di Francesco Gori Gandellini, pubblicata nel 2013 a cura di Bernardina Sani e Carlotta Ghizzani e comprendente il “Saggio d’istoria pittorica sanese” e il “Prospetto della scuola dei pittori senesi”. Nel 1777, quando soggiornò per la seconda volta a Siena, l’Alfieri ebbe la possibilità di stringere rapporti di amicizia con un gruppo di uomini colti e tra questi vi era proprio il ricco mercante ed esperto d’arte Francesco Gori Gandellini. Grazie agli scritti giunti sino a noi emergono quelle che furono le affinità morali, culturali e politiche con l’Alfieri, ma anche le divergenze evidenti nella diversa concezione che avevano dell’arte, incapace secondo l’Alfieri di trasmettere idee e passioni al pari della poesia. In entrambi è possibile, comunque, riscontrare una profonda insofferenza nel confronti della realtà politica del loro tempo che li condusse a sostenere un atteggiamento antitirannico e libertario.
Lingua: ItalianoPag. 123-126
Etichette: Gori Gandellini Francesco, Alfieri Vittorio, Arte, Siena, Settecento, Ottocento,
Titolo articolo: Alfieri in tre lettere di Lorenzo Pignotti a Vittorio Fossombroni
Vengono qui proposte tre lettere, di cui due inedite, scritte dal fisico e novelliere Lorenzo Pignotti all’amico Vittorio Fossombroni, rilevanti perché portano alla luce degli aspetti mai emersi della vita di Vittorio Alfieri. Nella prima che non è datata, ma che dovrebbe risalire al 1780, il Pignotti avvisa l’amico di un’imminente visita ad Arezzo di due suoi amici, l’Alfieri appunto e Francesco Maria Gianfigliazzi, soggiorno aretino che non era stato citato in nessun’altra fonte. Dal testo emerge anche una possibile motivazione per il viaggio compiuto dall’Alfieri, il quale era alla ricerca di un giovane con cui trattare, forse un cameriere. La seconda missiva è datata 12 dicembre 1783 e attesta un deterioramento del rapporto di amicizia tra il Pignotti e l’Alfieri, provocato probabilmente dalle critiche dal primo mosse contro le tragedie alfieriane, ma l’ultima lettera scritta il 14 marzo 1785 dimostra come i rapporti tra i due non si siano completamente interrotti, tanto che è documentato un incontro a Firenze e più volte il Pignotti compare tra gli invitati alle recite organizzate dallo stesso Alfieri.
Lingua: ItalianoPag. 127-132
Etichette: Alfieri Vittorio, Pignotti Lorenzo, Fossombroni Vittorio, Letteratura epistolare, Settecento, Ottocento,
Titolo articolo: “Giovane, piansi; or, vecchio omai, vo’ ridere”: il comico dell’Alfieri
È presente in Vittorio Alfieri oltre alla dimensione tragica, ben nota, anche una comica che occupa una posizione centrale nelle sue riflessioni, spaziando dal comico vero e proprio al satirico. Egli stesso nel “Parere dell’autore sull’arte comica in Italia” analizzò il ruolo di autori, attori e pubblico affermando che erano necessari scrittori di alto livello e interpreti validi per poter raggiungere una qualità teatrale elevata. Tra le opere dove questa componente è presente si possono citare l'”Esquisse”, le tre “Colascionate”, il capitolo “Cetra che a mormorar soltanto avvezza”, la farsa “I Poeti”, gli sciolti “Generoso corsier” e “Nell’ora appunto in cui Morfeo diffonde” e le due “Novelle”. Il personaggio poeta diventa a sua volta bersaglio della comicità alfieriana perché l’autore, volendo colpire i vizi e le debolezze dell’umanità, non sottrae neanche se stesso alle invettive ironiche sintomi, inoltre, di un’insicurezza ancora latente.
Lingua: ItalianoPag. 133-144
Etichette: Vittorio Alfieri, Teatro, Comico, Satira, Settecento, Ottocento,
Titolo articolo: Gli arcaismi ne “Il sabato del villaggio”
Sin dai primi versi “Il sabato del villaggio” appare come un componimento ricco di ricordi letterari che vengono nell’intervento proposto attentamente analizzati. Il primo in ordine è quello relativo alla “donzelletta”, con una tradizione aulica perché di derivazione provenzale e risalente al primo secolo della letteratura italiana, poteva avere, inoltre, la duplice valenza di nobildonna o domestica. L’accostamento di rose e viole, morfologicamente così diverse, ha una lunga tradizione e costituisce un ‘topos’ comune che il Leopardi ha accettato di condividere, così come l’espressione ‘il petto e il crine’. Anche per il personaggio della ‘vecchiarella’ si può risalire ad una vecchia tradizione poetica, mentre la descrizione della scena dei fanciulli che giocano non viene raccontata utilizzando richiami aulici, ma ricorrendo a una concretezza che è estranea alla matrice letteraria.
Lingua: ItalianoPag. 145-149
Etichette: Leopardi Giacomo, Il sabato del villaggio, Settecento, Ottocento,
Titolo articolo: Misteri possibili e digressioni necessarie: “I misteri di Firenze” di Collodi
Prima di dedicarsi alla letteratura per l’infanzia Carlo Lorenzini, per molto tempo, collaborò con diversi periodici come critico, commentatore, pubblicista e, tra il 1857 e il 1858, diede alle stampe in tre dispense, allegate al settimanale “La lanterna di Diogene”, il romanzo “I misteri di Firenze”. Il modello di riferimento per l’autore italiano fu sicuramente il ‘feuilleton’ francese, con particolare attenzione all’opera “I misteri di Parigi” di Eugène Sue, anche se l’ambientazione appare sostanzialmente diversa, poiché i bassifondi italiani non erano altrettanto interessanti rispetto a quelli d’oltralpe. Il romanzo collodiano è così strutturato su una vicenda principale circondata da un susseguirsi di episodi marginali, spesso inconclusi, ai quali si aggiunge una ‘digressione’ che diviene un vero e proprio manifesto programmatico per l’autore. L’intento era quello di mettere in crisi il genere romanzesco, distruggendo la struttura tradizionale e introducendo un gusto umoristico attraverso personaggi estranei al genere stesso come aristocratici parassiti, mogli infedeli, avventurieri, usurai e giocatori d’azzardo.
Lingua: ItalianoPag. 151-164
Etichette: Lorenzini Carlo, Collodi, I misteri di Firenze, Romanzo, Ottocento,
Titolo articolo: “La Leda senza cigno” di Gabriele D’Annunzio: caratteri ed elaborazione
Il romanzo breve “La Leda senza cigno”, pubblicato settimanalmente sul “Corriere della Sera”, venne scritto da Gabriele D’Annunzio nel 1913 il quale, tre anni dopo, decise di rivedere e ampliare l’opera per ricavarne un volume preceduto da una prefazione. Nel 1916, infatti, venne stampata la “Licenza”, una lunga prosa di memoria, in cui D’Annunzio descriveva brevemente la genesi della “Leda senza cigno” e ne evidenziava le peculiarità. Il racconto è ambientato nella Landa francese e questo, insieme alla corrispondenza tra il personaggio Donatella e l’amica dell’autore Natalie de Goloubeff, dimostra l’esistenza di chiari riferimenti autobiografici. La trama, anche se labile ed esile, serve a D’Annunzio per riuscire a portare a termine uno scavo interiore, l’analisi delle impressione e dei ricordi più profondi del protagonista. Quattro sono le redazioni sopravvissute, due manoscritte e due a stampa, che confrontate rivelano numerosi ripensamenti, con cancellazioni e aggiunte successive, che dovevano servire a precisare un’immagine o a definire un concetto attraverso paragoni.
Lingua: ItalianoPag. 165-174
Etichette: D’Annunzio Gabriele, La Leda senza cigno, Novecento,
Titolo articolo: How America discovered Pirandello: valuing the legacy of the 1922 premiere of “Six Characters”
Grazie alla prima traduzione in inglese di Edward Storer, l’opera teatrale “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello riuscì a superare i confini del continente europeo attirando l’attenzione, in particolare, di Brock Pemberton, un intraprendente produttore americano. Nel 1922, difatti, questi annunciò l’inserimento del dramma nella stagione teatrale di Broadway e, dopo aver scelto un piccolo teatro come luogo per la prima messa in scena, attirò sempre più l’attenzione degli esperti del settore riuscendo a suscitare in loro grande interesse. Da subito, infatti, emersero quelle che erano le caratteristiche pregnanti dello stile pirandelliano: un atto d’accusa alle forme tradizionali del teatro moderno, la predilezione per la rappresentazione realistica rispetto la pura illusione, una visione relativistica della vita e dell’identità, la profondità della riflessione filosofica e psicologica. Ovviamente, molti furono anche coloro che mossero delle critiche allo scrittore italiano non riuscendo a comprenderne l’innovazione apportata al teatro contemporaneo, ma nonostante ciò, tra 1923 e il 1931, altri sei drammi pirandelliani vennero messi in scena negli Stati Uniti.
Lingua: InglesePag. 175-192
Etichette: Pirandello Luigi, Sei personaggi in cerca d’autore, Teatro, Stati Uniti d’America, Novecento,
Titolo articolo: Dantismi novecenteschi: il caso Ungaretti
Se si vogliono prendere in esame le presenze dantesche nell’opera di Giuseppe Ungaretti bisogna preliminarmente tener conto dell’esistenza di diverse categorie, cioè quelle relative alla sua produzione critica, agli studi sulla struttura formale del testo lirico e quelle interne alla produzione poetica. La presenza di Dante emerge, però, maggiormente nei testi teorici e accademici poiché in entrambi vi era la tendenza a ritornare dopo anni sui propri versi, spostandoli di ordine e attribuendo loro nuovi significati. Altra idea comune ai due autori è costituita dalla scelta di far corrispondere l’io narrante con la categoria universale dell’uomo, considerando il protagonista uno e molteplice, il poeta personaggio dei propri versi. Emergono altri punti di contatto, poi, con il riferimento a immagini come quella della pietra, alla scelta di frequenti ambientazioni notturne e al comune interesse per la metafora del viaggio. Il tema della precarietà della vita e della sua fragilità diventano il centro delle metafore estreme utilizzate sia nel descrivere l’Inferno che la Guerra, principio tematico ed ideologico delle due opere.
Lingua: ItalianoPag. 192-204
Etichette: Alighieri Dante, Ungaretti Giuseppe, Intertestualità, Duecento, Trecento, Novecento,
Titolo articolo: La saga della “Buona famiglia”: i primi vent’anni di narrativa di Isabella Bossi Fedrigotti (1980-2001)
L’intervento intende ripercorrere la carriera letteraria della scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, caratterizzata da una produzione omogenea con costanti tematiche e strutturali. La prima opera “Amore mio uccidi Garibaldi” respinge la struttura tipica del romanzo storico e offre una visione differente del Risorgimento, mentre la seconda “Casa di guerra” è un romanzo di memorie familiari, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Il romanzo che, però, ha ottenuto maggiore successo è stato “Di buona famiglia”, storia di due sorelle separate da un muro di silenzio ed isolamento, vittime della loro stessa ‘buona famiglia’. A queste opere sono seguite poi il “Magazzino vita”, “Cari saluti”, il “Diario di una dama di corte” e “Il catalogo delle amiche”.
Lingua: ItalianoPag. 205-212
Etichette: Bossi Fedrigotti Isabella, Di buona famiglia, Romanzo,
Titolo articolo: Alessandro Fo e la poetica del ‘carpe diem’
Davide Puccini, autore dell’intervento, ripercorrere l’intera carriera letteraria del poeta Alessandro Fo partendo, ovviamente, dalla prima raccolta “Otto febbraio”, pubblicata nel 2005. Emerge chiaramente in questo contesto una delle attrattive esercitata dalla poesia di Fo, cioè il carattere giocoso e piacevole che non esclude, però, riflessioni più cupe su temi profondi. A questa raccolta sono seguiti due ‘plaquettes’, “Bucoliche (al telescopio)” e “Le scarpe di Emma” caratterizzati da temi che sono stati più volte ripresi dall’autore nel corso degli anni. Al 2000 risale la raccolta “Giorni di scuola”, seguita da “Piccole poesie per banconote”, nata per celebrare il passaggio dalla lira all’euro, “Crepuscolo”, una sorta di opera ‘in progress’, l’ultima raccolta “Vecchi filmati” e la ‘plaquette’ “Lettera di compleanno. Piccolo omaggio a Bruno Luiselli per i suoi 75 anni” che anticipa quello che sarà il futuro svolgimento della sua poesia.
Lingua: ItalianoPag. 213-255
Etichette: Fo Alessandro, Poesia,