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La parola del testo | 2007 | N. 2
Anno 2007 – Annata: XI – N. 2
A cura di Marina Dattola
Titolo articolo: Retorica dell’osceno e poetica dell’eufemismo nel “Satyricon”
Il “Satyricon” di Petronio per molti aspetti può essere considerato l’opposto del genere romanzesco offrendo al lettore una trasformazione in chiave ironica di episodi e temi presenti nell'”Odissea”. La sua particolarità sta proprio nel riuscire a rivedere il romanzo d’amore modificando le forme tradizionali narrative e retoriche. Gli espedienti utilizzati dall’autore sono il linguaggio metaforico e il proverbio che necessitano, ovviamente, di un’adeguata traduzione per non perdere la loro valenza sarcastica. Nella traduzione offerta, a questo scopo, vengono utilizzati cultismi (lasciando il latino in alcuni punti) e le lingue moderne simbolo del ‘bon ton’ come il francese. La valenza di queste soluzioni acquista maggiore valore se confrontata con altre. L’intervento è corredato da tre appendici.
Lingua: ItalianoPag. 199-234
Etichette: Petronio, Satyricon, Letteratura latina,
Titolo articolo: Mannello di diortosi cidiane
Alfonso D’Agostino analizza nel suo intervento un frammento epico tratto dal codice di Pamplona dal titolo “Cantar de Mio Cid”. L’intento finale è quello di realizzare una ricostruzione critica del testo attraverso l’analisi di cinquantacinque versi o gruppi di versi. Nella maggior parte dei casi le variazioni nella trascrizione sono minime proprio per rispettare la composizione iniziale dell’opera. L’edizione presa come punto di riferimento è quella di Alberto Montaner. Le lacune vengono colmate utilizzando il corsivo e là dove la ricostruzione è maggiormente azzardata le parentesi uncinate.
Lingua: ItalianoPag. 235-276
Etichette: Cantar de Mio Cid, Filologia,
Titolo articolo: Il sonetto eucaristico di Guglielmotto d’Otranto, rimatore del sec. XIII
Guglielmotto d’Otranto è considerato dalle fonti l’autore di un sonetto scritto in onore dell’ostia consacrata riportato nel canzoniere Vaticano Barberiniano Latino 3953. Si tratta di un componimento che presenta degli aspetti interessanti sia per quanto riguarda la datazione, tra Duecento e Trecento, sia per il tema trattato usuale in quel periodo. Il sonetto venne più volte segnalato per le sue particolarità metriche ed ebbe grande successo, infatti, sono stati individuati altri quattro codici e un incunabolo che ne hanno tramandato la conoscenza e favorita la diffusione. L’autore voleva difendere il dogma dell’Eucarestia affermando che nell’ostia è presente Cristo sotto forma di pane e vino. Probabilmente Guglielmotto era un monaco cistercense di origine salentina e questo non può stupire visto che il Salento in quegli anni era un territorio molto vivo sia dal punto di vista letterario che da quello religioso.
Lingua: ItalianoPag. 277-297
Etichette: Guglielmotto d’Otranto, Sonetto, Letteratura religiosa, Duecento,
Titolo articolo: “Petri de Vinea Vehementi nimium commotus dolore”: la restituzione del testo tra storia e filologia
Il “Vehementi nimium commotus dolore” è una satira in strofe goliardiche scritta tra il 1241 e il 1243, molto probabilmente da Pier delle Vigne. Il testo critico offerto parte dall’individuazione di quattro manoscritti conservati a Carpentras, Parigi, Montpellier e Firenze e nel dettaglio l’esemplare preso in esame è quello della Bibliothèque Nationale de Paris, un manoscritto pergamenaceo di 168 fogli. Il numero dei documenti e gli ambiti cronologici (tra la metà e la fine del XIV secolo) testimoniano il successo, anche se limitato ad un preciso ambito geografico, dell’opera soprattutto nel sud della Francia. Partendo dalla ‘collatio’ è possibile suddividere i testi in due rami, denominati ‘x’ e ‘y’, infatti in quest’ultimo caso l’elemento comune a tutti gli esemplari sono le lacune presenti. L’opera viene riportata interamente ed è un’accusa esplicita ai prelati, corrotti e lussuriosi, che spingono i sudditi a costanti conflitti senza pensare al loro destino spirituale. L’accusa rivolta a papa Gregorio IX è quella di aver dato troppa importanza e potere ai frati mendicanti generando un profondo conflitto con l’impero. Si tratta di un ‘carmen’, ovviamente, filoimperiale visto che Federico II viene definito come il difensore assoluto della Chiesa e per questo rientra in quel gruppo di opere scritte per portare avanti la disputa tra Stato e Religione. L’intervento è corredato dalla presenza di quattro tavole, riproduzione di alcuni degli esemplari manoscritti citati.
Lingua: ItalianoPag. 299-365
Etichette: Pier delle Vigne, Federico II, Gregorio IX, Filologia, Duecento,
Titolo articolo: Ambiguità e duplicità semantica nel “Chevalier à l’épée”
Le “Chevalier à l’épée” è un romanzo del XIII-XIV secolo facente parte del ciclo di Galvano. In passato è stato attribuito a Chrétien de Troyes e presenta, infatti, una struttura bipartita tipica proprio dei romanzi chrestieniani: in una prima fase l’equilibrio dell’eroe viene minacciato mentre, nella seconda, questi riesce a recuperare il suo posto nel mondo cortese. Il protagonista, Galvano, appare superficiale, quasi sciocco, eccessivo anche nella scelta dell’abbigliamento. Sin dal principio a risaltare è l’ambiguità tra mondo ideale e realtà che provoca lo smarrimento dell’eroe. Attraverso il percorso narrato il protagonista riesce ad abbandonare l’ingenuità iniziale per giungere alla ribellione finale. I canoni della figura cavalleresca vengono stravolti, Galvano non sa come fare per recuperare l’equilibrio perso e il tutto è reso attraverso un continuo riferimento alla metafora e all’ironia, tentando di confondere il lettore nella distinzione tra vita e romanzo.
Lingua: ItalianoPag. 367-393
Etichette: Chevalier à l’épée, Letteratura cavalleresca, Trecento, Quattrocento,
Titolo articolo: La cattedra della cianghellina. Monna Diana e Cianghella nel «Corbaccio»
Nel “Corbaccio” Boccaccio spiega che la vedova protagonista della storia è savia non perché conosce e rispetta le leggi umane e divine, ma perché appartiene ad una particolare scuola filosofica nota come cianghellina, da Cianghella, filosofessa e fondatrice del movimento. Le donne appaiono quindi incapaci di saziare gli istinti sessuali e questo a causa della debolezza della loro componente razionale. Le donne che appartengono alla cianghellina, poi, vanno ben oltre e, non solo appagano i loro istinti, ma arrivano a teorizzare il loro vizio spingendo la donna a saziare un desiderio vorace e irrefrenabile. Le fondatrici citate sono due, Cianghella e Diana, secondo i commentatori due figure storiche: Cianghella è la stessa donna citata da Dante nel “Paradiso” mentre per Diana l’identificazione è più incerta. Viene quindi offerta una possibile interpretazione di questa figura che richiama inevitabilmente l’immagine della dea cacciatrice.
Lingua: ItalianoPag. 395-408
Etichette: Boccaccio Giovanni, Corbaccio, Trecento,
Titolo libro/articolo recensito: La Palermitana
A cura di: Patrizia Sonia De Corso
Edizioni: Olschki, Firenze – 2006
Lingua: Italiano
Pag. 409-410
Recensore/i: Alessandro Capata
Etichette: Folengo Teofilo, La Palermitana, Quattrocento, Cinquecento,