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Interpres | 2009 | N. 28
Anno 2009 – Annata: XXVIII – N. 28
A cura di Nicoletta Marcelli
Titolo articolo: La mutatio vitae di Poggio Bracciolini. Ricerche sul “De avaritia”
Il saggio prende in esame il dialogo “De avaritia” (1428-’29) di Poggio Bracciolini,
mostrandone la stretta e diretta dipendenza dalle letture e dalle meditazioni condotte
dall’autore negli anni precedenti (soprattutto durante il soggiorno inglese, tra 1418 e 1423) sui vizi e in particolare sulla cupiditas. Letture e meditazioni che
indussero l’autore, ormai piú che quarantenne, a mettere in discussione sia la sua
vita passata, sia la sua vecchia idea di cultura e di letteratura, l’una e l’altra dominate
dall’ambizione e dall’eccessivo attaccamento ai beni terreni. In tal modo, diventa
difficilmente sostenibile la tradizionale interpretazione che vede nel dialogo l’espressione di una mentalità modernamente laica, incline a esaltare l’avarizia come motore
economico, politico e civile della società; interpretazione che si fonda sull’isolamento,
all’interno del dialogo, dell’intervento del secondo interlocutore, Antonio
Loschi, considerato il portavoce dell’autentico pensiero di Poggio, con la conseguente
svalutazione del contributo degli altri due personaggi, Bartolomeo Aragazzi
e il teologo greco Andrea da Costantinopoli. Proprio quest’ultimo, invece, con la
sua durissima condanna dell’avarizia, espone senza dubbio la reale posizione del
Bracciolini, fondandosi in prevalenza sull’autorità dei Padri della Chiesa (particolarmente su Giovanni Crisostomo), le opere dei quali, lette e studiate da Poggio in
Inghilterra, sono alla base della profonda svolta esistenziale e culturale che trova
espressione nel dialogo.
Pag. 7-68
Etichette: Quattrocento, Trattatistica, Bracciolini Poggio, De avaritia, Crisostomo Giovanni, Patristica,
Titolo articolo: Le “Facezie” di Poggio Bracciolini e la letteratura comica coeva
Il saggio prende in esame una serie di convergenze fra alcune facezie di Poggio
Bracciolini e la produzione letteraria fiorentina di àmbito comico di fine Trecento
e inizio Quattrocento (ovviamente Boccaccio, ma anche, e forse piú, Sacchetti, e
perfino Burchiello). Piú che impostare il discorso nei termini di una derivazione
diretta di un testo da un altro, l’A. insiste sulle ricadute che tali contatti hanno sulla
prospettiva linguistica dell’opera, mirando a inquadrare le Facezie poggiane e i testi
con cui interagiscono nel contesto del dibattito linguistico del primo e pieno Quattrocento,
con particolare riguardo ai rapporti fra latino e volgare. Pur nell’àmbito
di una stretta interrelazione con l’universo classico, volgare e mediolatino, la raccolta poggiana si contraddistingue anche per peculiarità sue proprie: lo sguardo
disincantato del narratore sul mondo e la tensione etica che, pur rifuggendo da
ogni estremismo, emerge in diverse facezie, aiutano a far luce sul senso profondo
dell’iniziativa del Bracciolini e costituiscono importanti fattori di unità della raccolta.
Pag. 70-108
Etichette: Quattrocento, Prosa, Comico, Lingua volgare, Trecento, Quattrocento, Bracciolini Poggio, Facezie, Boccaccio Giovanni, Sacchetti Franco,
Titolo articolo: Attribuzioni comiche nel Riccardiano 149
Questo studio offre un’analisi filologica e letteraria di una miscellanea quattrocentesca,
il Riccardiano 149, che documenta la carriera di ellenista di Lapo da
Castiglionchio il Giovane nell’orbita di un largo riposizionamento umanistico tra
il 1434 e il 1438. Un sistematico “smontaggio” del ms. ne rivela la volontà di sperimentazione
comica e la disponibilità all’interferenza generica: per esempio, nella pratica
classica del libellus e della silva, nella biografia “cinica” (rivissuta come genere
paradossografico della filosofia classica) o nell’uso del parallelo storiografico.
Pag. 110-30
Etichette: Quattrocento, Filologia, Comico, Poesia latina, Manoscritto, Lapo da Castiglionchio il Giovane,
Titolo articolo: “A laude della gloriosa Annuntiata di Firenze”: una canzone e un capitolo ternario di Antonio di Matteo di Meglio. II. Il capitolo ternario
Il saggio costituisce la prosecuzione di quello già pubblicato nel vol. XXVI 2007
di questa rivista e dedicato alla canzone Ave regina celi, o Virgo pia di Antonio di
Matteo di Meglio, araldo della Signoria di Firenze. Il presente lavoro, invece, è
incentrato sul capitolo ternario Vergine santa, madre glorïosa, di cui si fornisce il testo
critico corredato dal commento, che, come pure l’introduzione, si occupa di rintracciare
le fonti tre-quattrocentesche presenti all’autore e di inquadrare il componimento
all’interno della tradizione poetica di argomento mariano, filone estremamente
fortunato soprattutto in àmbito fiorentino. Si mettono in evidenza, infine,
gli stretti legami che intercorrono tra il capitolo ternario, per larga parte occupato
dall’esposizione del passo del Vangelo di Luca relativo all’Annunciazione, e la
Chiesa della Santissima Annunziata di Firenze, dove Antonio di Meglio immagina
di recitare la poesia.
Pag. 132-79
Etichette: Quattrocento, Poesia religiosa, Edizione, Antonio di Matteo di Meglio,
Titolo articolo: Un “redentore” mediceo per l’Italia: dal XXVI del “Principe” alle lettere familiari
L’articolo ripercorre alcuni tratti tematici del cap. XVI del Principe di Machiavelli
alla luce dei numerosi parallelismi formali e sostanziali in esso rintracciabili con le
lettere private inviate dallo stesso Segretario a Francesco Guicciardini tra il 1525 e
il 1526. Il perdurare nel tempo dello stato di assoggettamento dell’Italia al dominio
straniero e dell’instabilità politica di Firenze crea infatti i presupposti per una rinnovata
exhortatio, che Machiavelli rivolge ai Medici e in particolar modo a Clemente
VII affinché, in seno alla Lega di Cognac, abbracci il partito delle armi contro la
nefasta avanzata di Carlo V verso la nostra penisola. Temi e motivi che nel trattato
avevano trovato la principale fonte di ispirazione nella figura di Lorenzo de’ Medici
duca d’Urbino, quali la necessità di costituire un esercito nazionale e l’emergere di
un capo militare carismatico e capace di guidare la rivendicazione dell’autonomia
fiorentina e italiana rispetto ai grandi stati europei, vengono ora reinterpretati e
adattati alla nuova situazione storico-politica e ai personaggi di Clemente VII e Giovanni
dalle Bande Nere. L’abbandono, dopo la morte di Lorenzo il Giovane, del
progetto politico legato al Principe e l’assenza di una reale circolazione del trattato in
quegli anni hanno probabilmente favorito il recupero di tali contenuti, che acquistano
nelle pagine dell’epistolario nuovo spessore drammatico e nuova vitalità.
Pag. 180-221
Etichette: Quattrocento, Cinquecento, Trattato, Epistolografia, Letteratura politica, Niccolò Machiavelli, Il principe, Francesco Guicciardini, Lorenzo de’ Medici duca d’Urbino,
Titolo articolo: Cristoforo Buondelmonti e la “Penia” di Rinuccio Aretino
La Fabula Penia è ancorata all’esperienza biografica a Creta di Rinuccio Aretino
attraverso la testimonianza (controversa per alcuni aspetti, peraltro superabili) di
un suo conterraneo, Cristoforo Buondelmonti, probabilmente suo primo lettore,
che la menziona. Il confronto delle due opere e un sopralluogo sui siti cretesi può
mettere in luce il differente intendimento letterario e l’amicizia fra i due umanisti.
Pag. 222-36
Etichette: Quattrocento, Commedia, Letteratura didascalica, Cristoforo Buondelmonti, Rinuccio Aretino Penia,
Titolo articolo: Mostri e prodigi nell’opera di Antonio Benivieni. Teratologia e cultura di un anatomo-patologo del Quattrocento
L’opera di Antonio Benivieni De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum
causis è considerata dagli storici della medicina la prima trattazione, modernamente
intesa, di anatomia patologica. Tra i molti casi studiati nel XV secolo dal
medico fiorentino, risultano di particolare interesse quelli legati in varia maniera
alle malformazioni e ai prodigi. In questi casi singolari, e talvolta davvero paradigmatici,
si incontrano e convivono teratologia e cultura dell’uomo e del medico
Benivieni. Alcune delle mostruosità descritte risultano poi di notevole interesse
per gli studiosi delle malformazioni congenite e delle sindromi malformative.
Attraverso il percorso tracciato nel De abditis da Benivieni si cerca di evidenziare
la convivenza nella sua opera di linee culturali che oggi ci appaiono distanti, come
quelle della fede, della magia e della scienza medica, in un continuo alternarsi di
tradizione e innovazione, tra l’attenta lettura dei classici e intuizioni mediche
originali.
Pag. 237-53
Etichette: Quattrocento, Trattato, Patologia, Medicina, Antonio Benivieni, De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum casis,
Titolo articolo: Notizie su Luigi Pulci in uno zibaldone colocciano
Fra le varie notizie relative a letterati contenute in uno zibaldone Angelo Colocci
(Vat. Lat. 4831), recentemente pubblicato, ve ne sono alcune che riguardano Luigi
Pulci. Una breve e sibillina scheda dedicata a Marsilio Ficino conferma che negli
ultimi cantari del Morgante Pulci sovrappose la figura del filosofo a quella del re
pagano Marsilio: la nota del Colocci, pertanto, fornisce un sostegno documentario
all’interpretazione allegorico-polemica di quei cantari proposta da Paolo Orvieto.
Anche altri luoghi dello zibaldone potrebbero celare riferimenti a passi pulciani: si
esaminano qui in partic. l’apologo della volpe e del lupo nella secchia e la facezia
sulla divisione del peto.
Pag. 255-65
Etichette: Quattrocento, Manoscritto, Poema cavalleresco, Luigi Pulci Morgante, Angelo Colocci, Marsilio Ficino, Allegoria,
Titolo articolo: Le molestie del Machiavelli
In risposta al saggio di F. Bausi (Machiavelli molestato? In difesa di Paolo Sassi, in
«Interpres », xxiv 2005, pp. 266-71), si ribadisce che l’affermazione secondo cui
Machiavelli, da piccolo, sarebbe stato sessualmente molestato da un suo maestro
di grammatica costituisce una pura e semplice ipotesi, della quale potrebbe forse
fornire conferma la lettera a lui indirizzata da Francesco Vettori il 16 gennaio 1515.
Pag. 266-67
Etichette: Quattrocento, Cinquecento, Niccolò Machiavelli,
Titolo articolo: Intorno a un’ottava (ignorata) forse di Niccolò Machiavelli
In una lettera polemica di Lionardo Salviati a Jacopo Corbinelli, conservata
nella Biblioteca Ariostea di Ferrara assieme a un esemplare da quest’ultimo postillato
della Seconda orazione in morte di don Garzia de’ Medici (1563), si cita
un’ottava «del Machiavello » di esplicito contenuto erotico. Malgrado la lettera
fosse pubblicata fin dall’Ottocento, nessuno degli studiosi di Machiavelli pare
avere notato l’illustre attribuzione. La presente nota trascrive il passo in questione
contenente l’ottava, provvedendo a contestualizzarlo nell’ipotesi che i versi possano
realmente risalire alla penna di Niccolò. Una volta ritenuta accettabile la paternità,
un nuovo insolito testo verrebbe a aggiungersi allo scarno corpus delle rime
machiavelliane.
Pag. 268-74
Etichette: Quattrocento, Cinquecento, Poesia, Niccolò Machiavelli, Rime,
Titolo articolo: Il ‘nodo’ del “Dialogo della lingua” attribuito a Niccolò Machiavelli
L’articolo torna su un “nodo” irrisolto degli studi machiavelliani, ovvero sulla
questione attributiva del Dialogo o discorso intorno alla nostra lingua, partendo da un
passo che finora ha attirato l’attenzione degli studiosi solo per quel che riguarda il
riferimento, giudicato da piú parti problematico, a « uno delli Ariosti di Ferrara ».
Questa volta, invece, è messo a fuoco il séguito del passo, in cui l’autore del Dialogo
“recensisce” i Suppositi di Ludovico Ariosto con un lessico che sembra mutuato
dai primi rifacimenti volgari della Poetica di Aristotele, e in particolare, nell’ambiente
dell’Accademia fiorentina, dal primo volgarizzamento del trattato aristotelico,
eseguito da Bernardo Segni e pubblicato da Lorenzo Torrentino nel 1549.
Secondo questa ipotesi, la redazione dell’operetta, o almeno di parte di essa, sarebbe
dunque da posticipare agli anni a ridosso del 1550 e messa in relazione con
le polemiche linguistiche suscitate – come già aveva visto Sergio Bertelli in un
Pag. 275-96
Etichette: Cinquecento, Dialogo, Questione della lingua, Filologia attributiva, Niccolò Machiavelli, Dialogo della lingua, Ludovico Ariosto Suppositi, Accademia fiorentina, Bernardo Segni Aristotele, Poetica, Volgarizzamento,