Il Veltro | 2006 | N. 1-2

Il secondo fascicolo dedicato al Cinquantenario dell’accordo per l’emigrazione italiana in Germania si apre con una riflessione storico-economica sul rapporto tra economia ed emigrazione nei due paesi.

Grazie ai recenti contributi storiografici, cui l’autore si rimanda, è possibile definire e approfondire molti aspetti del fenomeno migratorio italiano in Germania nel corso della storia.

L’autore analizza i flussi migratori italiani verso il nord Europa, verso la Germania in particolare, fornendo dati di consistenza e statistici e approfondendo alcuni aspetti della migrazione (regioni di provenienza, tipologie di lavoratori ecc.).

L’analisi puntuale, organizzata per fasi cronologiche, delle tipologie di lavoratori richiesti all’Italia dalla Germania tra il 1938 e il 1945 rileva molti aspetti, anche politici, dei rapporti tra i due paesi durante i rispettivi regimi, nonchè dei sistemi repressivi adottati in Germania nei confronti dei lavoratori italiani.

Tra le riserve di manodopera rurale cui attingeva la Germania per la crescita dell’apparato industriale si annoverava, fino alla Grande Guerra, un grosso contingente di lavoratori del Veneto e del Friuli. L’autore esamina nel dettaglio tale fenomeno.

Indagine sull’emigrazione italiana nella Germania occidentale tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1973, anno in cui si registrò il massimo afflusso di italiani in Germania.

Viene ricostruito il percorso preparatorio al trattato del 1955, individuando le strategie adottate dai due paesi, in particolare l’Italia, sottolineando i rispettivi interessi e gli obiettivi cui l’Italia puntava.

L’accordo del 1955 costituisce uno spartiacque nella storia tedesca contemporanea. L’autore ne studia le motivazioni e la portata, in particolare dal punto di vista tedesco.

Nonostante l’accordo del 1955 sia comunemente ritenuto l’inizio della grande immigrazione italiana verso la Germania, il reclutamento di manodopera italiana per la Germania fu molto al di sotto le aspettative dei due paesi e fu caratterizzato da un’ampia fluttuazione.

Le tappe fondamentali della presenza emiliano-romagnola in Germania, a partire da Marcus Caelius, primo “emigrato” bolognese in Germania ufficialmene riconosciuto.

Suddividendo schematicamente la storia dell’emigrazione italiana in Germania in tre fasi, la prima delle quali parte dall’accordo del 1955, l’autore cerca di fare chiarezza nei disparati pareri sull’integrazione degli italiani in Germania.

Ripercorrendo per grandi cenni il percorso storico dell’emigrazione italiana nel mondo, l’autrice si sofferma sul ruolo della cultura nella creazione di una teoria dell’emigrazione italiana; in relazione ad essa un ruolo primario è riconosciuto al filosofo Ernesto Grassi, fondatore del Centro italiano di studi umanistici e filosofici.

Nel ritenere che la situazione degli italiani in Germania non sia delle migliori, l’autore espone la visione reciproca che i due popoli hanno l’uno dell’altro indicando quale ragione del disagio attuale il contesto delle relazioni storiche tra i due paesi.