Il lettore di provincia | 2009 | N. 132-133

Il saggio riflette sulla figura di Giuseppe Garibaldi per dimostrare che fu uno stratega di eccellenza. Capodieci, in particolare, ne mette in luce quindi la sua conoscenza dell’arte della guerra, rilevando anche che la strategia e la tattica teorizzate e praticate da Garibaldi si ricollegano alla sua visione ‘romantica’ della vita.

Il saggio è un compiuto ed analitico profilo di Giuseppe Garibaldi e del garibaldinismo, visti nella prospettiva della storiografia e della letteratura.

Il saggio offre una compiuta disamina contenutistica e stilistico-strutturale del “Poema autobiografico”, composto da Giuseppe Garibaldi dopo l’oltraggio subito in Aspromonte (1862) e durante il periodo della convalescenza. Garibaldi rievoca nei 29 canti in endecasillabi la propria vita di combattente, rendendo al contempo un tributo alla memoria dei compagni caduti, rivendicando la forza delle proprie idee, l’amore per la libertà e la patria.

L’autrice si propone, partendo dalla scrittura popolare spontanea, dalla pubblicistica e da mirate pagine letterarie, di cogliere i tratti di un più o meno consapevole coinvolgimento nel Salento delle masse nel processo risorgimentale, “sia come azione dei ceti egemoni impegnati nel tentativo di guidare l’opinione pubblica nascente verso un nuovo ideale di patria, sia come prime esperienze comunicative delle classi medio-basse”.

Rileggendo le “Georgiche” di Virgilio e l'”Alcesti” di Euripide, l’autrice propone brevi ma intense e poetiche riflessioni sulle figure di Euridice e Alcesti, legate nell’Ade pagano da un comune destino di amore e morte.

L’autore propone una serie di interessanti collegamenti tematici tra autori lontani nel tempo e nello spazio ma sorprendentemente riconducibili l’uno all’altro alla luce di specifiche immagini letterarie. Fido ricollega quindi il leopardiano “Dialogo della Natura e di un Islandese” ad un passaggio del “Tesoretto” di Brunetto Latini; il “Rabouilleuse” di Balzac con “Il paese di cuccagna” della Serao alla luce della comune riflessione sul gioco del lotto; l'”Ode on a Grecian Urn” di Keats ai “Sarcofaghi” di Montale per il tramite del “Marble Faun” di Hawthorne.

L’autore pubblica il corpus delle lettere tra Alfredo Grilli e Vittoria Abeti in cui i due interlocutori si scambiano informazioni, opinioni e punti di vista sul profilo di Renato Serra, che la Abeti aveva avuto quale docente presso al Scuola Normale di Cesena.

Alla luce degli studi sul ‘trauma’ in ambito letterario, tema solitamente legato al postmodernismo e al postcolonialismo, l’autrice propone una compiuta analisi della rilettura di “Otello” attuata nel romanzo “The Nature of Blood” di Caryl Phillips (1998), in cui il motivo del trauma si ricollega alla riflessione sul razzismo sia per l’identità nera che ebraica.

Il saggio riflette sul celebre romanzo “1984” di George Orwell e sulla sua riduzione cinematografica “Brazil” di Terry Gilliam (1985), rilevandone la comune profonda riflessione sul mito del progresso da beffeggiare e la comune tendenza a costringere il lettore-spettatore a riflettere sulle tendenze aberranti della contemporaneità.

L’autore focalizza il protagonismo di Montale nel panorama della letteratura italiana del Novecento accanto a Pirandello e Calvino, mettendone in luce l’autorevolezza quale modello poetico per le successive generazioni poetiche e riflettendo sul valore testimoniale della sua biografia.

L’autore propone una analisi delle prime tre raccolte poetiche del sardo Angelo Mundula (“Il colore della verità”, 1969; “Un volo di farfalla”, 1973; “Dal tempo all’eterno”, 1979), di cui coglie contenuti, simboli, significati, stilemi, dal concetto di tempo ed eterno al dialogo con Dio e al concetto di trascendente.

Nell’ambito dell’esperienza del “Trebbo poetico” Della Monica rievoca brevemente il rapporto culturale e l’amicizia con Attilio Bertolucci, avviata nel gennaio 1957.