Le riviste sostenitrici
Humanistica | 2015 | N. 1-2
Anno 2015 – Annata: X (N.S. IV) – N. 1-2
A cura di Annalisa Lorenzetti
Titolo articolo: Le postille al Livio parigino e le vite non romane del de viris romano
Il presente contributo si sforza di dare un’idea d’insieme delle postille del Petrarca apposte a partire dagli anni Cinquanta del Trecento sul codice Parisinus Lat. 5690 recante le “Storie” di Tito Livio, postille che dimostrano la continua, accurata attenzione con cui il grande umanista ne ripercorse il testo. La lettura e la caratterizzazione di tali postille pongono in luce alcune questioni particolari, quali quella del destinatario del sonetto XL dei “Rerum vulgarium fragmenta”, che sembra da riferire alla disponibilità del codice, che il Petrarca infine acquistò nel ’51 ma che fu da lui ‘diu tamen ante possessus’, come recita una sua nota finale, e soprattutto la questione delle biografie non romane del “De viris”, quelle cioè d’Alessandro Magno, di Pirro e d’Annibale, sin qui date per composte tra il ’41 e il ’43: in realtà, quelle di Pirro e d’Annibale si direbbero quanto meno rimaneggiate assai più tardi, mentre quella d’Alessandro Magno sarebbe stata composta per intero dopo il ’56, come aveva suggerito il Billanovich e come qui si ritiene di poter confermare.
Lingua: ItalianoPag. 13-35
Etichette: Petrarca Francesco, Tito Livio, Biografia, Trecento,
Titolo articolo: Il Petrarca e i barbari. I: Cesare
Il “De gestis Cesaris”, l’ultima grande opera storiografica del Petrarca, è un manifesto antibarbarico sia nel metodo, che contro la perentorietà dell’enciclopedia ricorre alla narrazione diffusa accogliendovi una riflessione critica, che negli intenti. I barbari contro i quali Cesare condusse le proprie campagne vittoriose, Germani, Britanni, Galli, hanno dato vita a realtà politiche che si oppongono all’utopia petrarchesca del rinnovato primato romano. Il racconto della conquista enfatizza perciò le caratteristiche antropologiche negative di tali popoli, smentendo le lusinghiere leggende prodotte dalle storie barbariche, come quelle relative alle fondazioni di Londra e Parigi. Sono i moderni Galli, ai quali mai è concessa la nobilitante denominazione di ‘Franchi’, il principale obiettivo polemico del Petrarca; la tarda invettiva “Contra eum qui maledixit Italiae” costituisce perciò il referente politico più appropriato del “De gestis Cesaris”.
Lingua: ItalianoPag. 37-48
Etichette: Petrarca Francesco, De gestis Cesaris, Trecento,
Titolo articolo: Manuscritos y lectores del Secretum en la Europa del siglo XV
Il presente contributo prende in esame le descrizioni disponibili dei codici del “Secretum” conservati in Inghilterra, in Francia, in Spagna e in area germanica, ivi compresa la Boemia, nell’intento di ottenere indicazioni sui lettori dell’opera. Vi si dimostra l’impossibilità di distinguere, giusta quanto venne proposta in passato, tra lettori monastici e lettori umanistici del Petrarca latino. Poichè inoltre, indiscutibilmente, il “Secretum” veniva sovente letto nei monasteri, l’autrice ne indaga i motivi rinvenendoli nel fatto che il Petrarca vi evoca precise tradizioni della letteratura monastica, benchè sovvertendole al fine di presentare un nuovo modello di vita spirituale.
Lingua: SpagnoloPag. 49-58
Etichette: Petrarca Francesco, Secretum, Trecento, Quattrocento,
Titolo articolo: The impact of early printing on the diffusion of the Petrarcha Latinus in Europe
Il contributo propone una serie di considerazioni sulla tradizione del Petrarca latino nel passaggio, a partire dai primi anni Sessanta del Quattrocento, dalla circolazione manoscritta all’edizione a stampa dell’opera. I tratti salienti di tale cambiamento per più versi fondamentale vengono enucleati non soltanto sulla base del lavoro tipografico e della cura editoriale, ma altresì grazie alle superstiti tracce dellaa specifica iniziativa dei proprietari dei singoli esemplari, tracce rinvenibili non meno nella rilegatura dei libri che nella composizione o nel significato delle miscellanee in cui taluni scritti furono inseriti. Viene in particolar modo illustrato il ruolo-guida svolto dalle principali tipografie del mondo germanico e dei Paesi Bassi fino al 1496, anno in cui uscì a Basilea, per i tipi dell’Amerbach, la prima edizione a stampa di tutti gli “Opera latina” del Petrarca.
Lingua: InglesePag. 59-75
Etichette: Petrarca Francesco, Stampa, Tipografia, Quattrocento,
Titolo articolo: Le paysage du Bucolicum carmen de Pétrarque et sa réception au Quattrocento chez les poètes néo-latins d’Italie: Sur quelques implications esthétiques et symboliques
La rappresentazione del paesaggio nel “Bucolicum carmen” petrarchesco rivela incontestabili innovazioni: dotato di nuovi contorni e inserito in una geografia diversificata, il locus amoenus virgiliano v’è sottoposto a una soggettivazione e posto a specchio dello stato d’animo dell’io scrivente, divenendo anzi il luogo di una personale definizione del processo creativo. Tale innovativa lettura ispira l’opera di vari poeti latini del Quattrocento, in particolare quella del Pontano e del Sannazaro, ferventi eredi del Petrarca. Essi nutrono le proprie egloghe di nuovi spunti attraverso i quali danno espressione alla voce dell’animo, esplorando così, conformemente alla forma mentis perrarchesca, il processo di realizzazione della creazione poetica.
Lingua: FrancesePag. 77-84
Etichette: Petrarca Francesco, Bucolicum carmen, Paesaggio, Ricezione, Quattrocento,
Titolo articolo: De vita solitaria: Il Petrarca e la ‘reinvenzione’ dello studioso
Come modello di vita ideale, la solitidine viene connessa a una vita agreste e legata alla natura fin dall’Antichità. Alla soglia dell’Età moderna il topos produce tuttavia effetti nuovi negli scritti con cui Petrarca si volge contro la concezione medievale del lavoro intellettuale in quanto fatto collettivo. Riallacciandosi ai concetti da lui formulati in particolare nel “De vita solitaria”, che di contro ai convincimenti del tempo legittima la solitudine autoimposta, gli umanisti del Basso Reno pongono le basi di una specifica concezione dell’attività intellettuale come modus vivendi legittimo e socialmente utile: l’episodio è di fondamentale importanza per la successiva nascita del moderno concetto di ‘studioso’.
Lingua: ItalianoPag. 85-92
Etichette: Petrarca Francesco, De vita solitaria, Trecento, Quattrocento,
Titolo articolo: Viaggi sedentari nel Rinascimento: La fortuna dell’Itinerarium ad sepulchrum domini nostri fra Quattro e Cinquecento
Il contributo studia la fortuna rinascimentale dell'”Itinerarium ad sepulchrum Domini nostri” petrarchesco nel suo costituirsi come archetipo della geografia antiquaria umanistica. Trattando di un viaggio mai compiuto, il testo si offre come un modello di viaggio mentale ed erudito da imitare. Nelle loro “Descriptiones Italiae” da Genova a Napoli, il Biondo, Ciriaco d’Ancona o Leandro Alberti traggono dal Petrarca un modo d’interrogare le fonti classiche ponendo l’indagine storica al servizio della conoscenza cartografica, ma soprattutto meditano sui tratti identitari dello spazio politico peninsulare forgiando i caratteri dell’ideale autore intellettuale che lo esplora.
Lingua: ItalianoPag. 93-101
Etichette: Petrarca Francesco, Itinerarium ad sepulchrum Domini nostri, Fortuna, Rinascimento,
Titolo articolo: La “Celestina” e la “Polyanthea”: Due utenti del “De remediis”
Il contributo studia due modalità del riutilizzo del “De remediis utriusque fortunae” petrarchesco. La prima è quella dello spagnolo Fernando de Rojas nella “Celestina” (1499), che dello scritto del Petrarca riprende molte asserzioni e giudizi. L’altra modalità è quella seguita da Joseph Lang alias Langius nella propria edizione della “Polyanthea” (1607), e consiste nel riprendere interi capitoli del “De remediis”. L’una è ‘sapienziale’, fatta di massime e assiomi; l’altra è ‘retorica’, volta a mostrare come una verità possa diffrangersi in una serie di frasi irrelate ma affini. La prima modalità è umanistica, la seconda è barocca; entrambe concorrono tuttavia a far luce su aspetti ad un tempo ben presenti, nel “De remediis”, e in esso intrecciantesi.
Lingua: ItalianoPag. 103-111
Etichette: Petrarca Francesco, De remediis, Fortuna, Quattrocento, Seicento,
Titolo articolo: Le Petrarcha des collectioneurs, de la Renaissance aux Lumières
La centralità del Petrarca nella cultura del Rinascimento e dell’Età moderna è legata all’eccezionale diffusione della sua opera attraverso la stampa: solo tale diffusione può rendere conto del prestigio senza pari di cui godette Petrarca, nonchè del ruolo che la sua opera svolse nella costituzione di una cultura letteraria moderna anche in tempi e in luoghi assai lontani dai suoi. Tale diffusione non si limitò certo ai “Rerum vulgarium fragmenta”, chè i suoi “Opera quae extant omnia” latini e volgari editi dapprima nel 1554 e poi nel 1581 a Basilea, basterebbero a dimostrarne la reale, assai ampia portata; dopo il 1525, tuttavia, fu soprattutto la poesia volgare a imporsi nella costituzione del libro petrarchesco per antonomasia, “Il Petrarcha”. Per secoli esso ebbe in tutta Europa uno specifico e rilevante spazio nella storia letteraria, oltreché in quella del libro e dei costumi sociali. Attenta ai caratteri di ciascuna edizione e dei singoli esemplari, l’ampia ricerca bibliografica qui proposta consente di ricostruire altresì la loro evoluzione, ponendo in luce le reazioni dei primi lettori, dei grandi collezionisti del Settecento e del poeta bibliofilo Vittorio Alfieri.
Lingua: FrancesePag. 113-123
Etichette: Petrarca Francesco, Il Petrarcha, Collezionismo, Cinquecento, Seicento, Settecento,
Titolo articolo: Alcune considerazioni sulle canzoni a ballo del secondo Quattrocento e sull’incunabolo C 8 g 11 della British Library
Da oltre un secolo, e fatta eccezione per i componimenti del Poliziano, nessuna delle irrisolte questioni attributive sollevate dalle canzoni a ballo d’ambito laurenziano viene affrontata o discussa. Partendo da tale costatazione, il contributo riesamina l’intera questione alla luce dell’importante testimonianza recata dall’incunabolo di ballatette C 8 g 11 della British Library. Nella prima parte esso descrive il contenuto dell’incunabolo e lo confronta con due altre e diverse edizioni di ballatette ricostruendo le relazioni fra quei due testimoni. Nella seconda parte, dichiaratamente muovendosi in un’ottica attribuzionistica l’autrice prende invece in esame specifiche implicazioni delle scelte contenutistiche operate nell’incunabolo scoprendovi nuovi componimenti di Bernardo Giambullari e, soprattutto, di Matteo Franco, mai prima d’ora ritenuto autore di canzoni a ballo. La terza parte del contributo offre in edizione critica il testo di una delle ballate trasmesse dall’incunabolo: “I’vo’dirti dama mia” e, sul fondamento d’elementi interni al testo stesso, ne propone l’attribuzione a Luigi Pulci. L’appendice ristampa infine i componimenti dall’autrice attribuiti a Matteo Franco.
Lingua: ItalianoPag. 129-144
Etichette: Incunabolo C 8 g 11, Canzone, Quattrocento,
Titolo articolo: Un esprit en deux langues: Constantin Lascaris et la rédaction des Vitae Siculorum
Nel presente contributo vengono indagati la complessa cronologia delle due redazioni delle “Vitae Siculorum” di Costantino Lascaris e il contesto delle loro rispettive dediche alla luce delle risultanze dello studio del codice Matritensis 4621, nel cui testo viene qui riconosciuta una prima lunga stesura delle medesime “Vitae”. Lo studio, in particolare, delle filigrane del codice e del carteggio dell’umanista consente di affermare che il Lascaris concluse la seconda redazione dell’opuscolo nella seconda metà degli anni Settanta del Quattrocento, e che la inviò allora al vescovo di Catania Giovanni Gatto; per la prima redazione, invece, egli venne coadiuvato dal dotto messinese Ludovico Saccano. Oltre un decennio più tardi le “Vitae Siculorum”, rimaste sino ad allora allo stato di brutta copia, trovarono una definitiva sistemazione: in un contesto d’elogio politico alla città di Messina, l’opuscolo, diviso in due distinti trattati, venne dededicato al viceré di Sicilia Ferrante de Acuña e ad Alfonso d’Aragona, già duca di Calabria e poi, re di Napoli.
Lingua: FrancesePag. 145-161
Etichette: Lascaris Costantin, Vitae Siculorum, Quattrocento,
Titolo articolo: Per la disputa fra poesia e pittura nel Rinascimento: Virgilio e Raffaello
Il contributo tratta del confronto, tentato da numerosi artisti in Età rinascimentale, con un'”Eneide” da essi vista quale ‘locus’ elettivo di una disputa tesa a determinare a quale, fra le arti della pittura e della poesia, debba spettare il primato. Dall’esame dei casi di ‘ecfrasis’ del poema risulta evidente come il poeta latino neghi all’arte figurativa ogni funzione strutturale o comunicativa, preferendo esaltare quasi in esclusiva le risorse descrittive o informative della scrittura poetica, ed epica in primis, in uno con l’importante ruolo di ‘lector’ e di ‘agens’ di volta in volta affidato ad Enea, protagonista di una narrazione fortemente dinamizzata rispetto alla ‘sterilità’ delle immagini dell’arte figurata, sfiduciate da Virgilio in sostanza perchè ritenute produttrici di inganni per i sensi. Di contro, in talune figurazioni pensate da Raffaello per l’illustrazione dell'”Eneide” ed eseguite da artisti quali Marcantonio Raimondi o Marco Dente, scopriamo una sorta di ribaltamento dell’antico primato della retorica epica attuato tramite il conferimento di un massimo d’intensità e dinamica rappresentativa, non più alla parola, bensì all’immagine.
Lingua: ItalianoPag. 163-189
Etichette: Virgilio, Sanzio Raffaello, Pittura, Poesia, Rinascimento,
Titolo articolo: La cartografia rinascimentale del regno di Napoli: Dubbi e certezze sulle pergamene geografiche aragonesi
Nella primavera del 1767, allorchè risiedeva a Parigi come segretario d’ambasciata del re di Napoli, l’abate Ferdinando Galiani ebbe la ventura di rinvenire un cospicuo numero di pergamene geografiche databili tra la fine del Quattro e gli inizi del Cinquecento e raffiguranti, nell’insieme, l’intero regno di Napoli. La straordinarietà della scoperta obbligò al rifacimento quasi completo della carta del regno cui l’abate stesso lavorava su commissione del re sin dal ’62, e che fu poi terminata nel ’69 per l’appunto sulla scorta di quelle antiche pergamene. Coprotagonista dell’avventura fu il patavino Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, il geografo che il Galiani aveva incaricato di disegnare quella carta, e che funse da intermediario tra Galiani e gli impiegati del Dépôt de la guerre che custodivano le pergamene. La vicenda del ritrovamento portò dapprima alla copiatura dei documenti, poi al loro trafugamento e alla loro parziale distruzione, infine all’invio delle pergamene superstiti a Napoli, al ministro Tanucci. Il presente contributo cerca di mettere ordine nell’intera vicenda fornendo elementi di riflessione e nuovi argomenti circa la datazione e l’attribuzione delle pergamene.
Lingua: ItalianoPag. 191-232
Etichette: Napoli, Cartografia, Rinascimento,
Titolo articolo: The origins of agonistic drama: Sophistic disputation from Roman to early Humanistic comedy
Sviluppando un’indicazione d’Emily Gosers sugli ‘effetti a zig zag’ dell’antica biografia terenziana e concentrandosi sul corpus teatrale del commediografo latino come fondamentale matrice di rivalità per i drammaturghi elegiaci medievali, l’autore del presente contributo legge i Prologhi di Terenzio come testi atti a vestire retoricamente la trama delle pièces da essi introdotte, e descrive poi con specifica attenzione ai dispositivi di disputazione antilogica posti in essere il modello da essi costituito. Punto d’arrivo di tale lettura è l’invito a prendere in considerazione, per entro l’umanesimo rinascimentale, un più largo insieme di stimoli agonistici e una più generale tensione agonistica.
Lingua: InglesePag. 235-246
Etichette: Commedia, Medioevo, Umanesimo, Quattrocento,
Titolo articolo: Per Romeo Schievenin: Realdi Columbi Cremonensis, “De re anatomica libri XV” – Realdo Colombo, “Anatomia”
Il contributo presenta e illustra i caratteri scientifici e formali (linguistici, retorici, lessicali) del “De re anatomica” di’ Realdo Colombo (Cremona, 1510-15 ca. – Roma, 1559) raccogliendo i principali risultati della specifica indagine condotta da un’équipe di filologi, storici e storici della medicina dell’Università degli studi di Padova che approda ora all’edizione dell’opera con traduzione italiana e commento per i tipi della casa editrice Les Belles Lettres nell’originale, prestigioso disegno della collana “Sciences et Savoirs: Bibliotèque de science, tradition et savoirs humanistes”. La ricerca scientifica e il lavoro del Colombo affondano senz’altro le proprie radici nell’opera di Andrea Vesalio, cui il Colombo medesimo succede nel 1544 sulla cattedra di Anatomia dello Studium patavino; e tuttavia esse ambiscono non tanto a migliorare Galeno, o piuttosto ad affossarlo definitivamente, quanto a superare e vincere sotto il duplice profilo scientifico e didattico lo stesso monumentale capolavoro del Vesalio, il “De humani corporis fabrica”.
Lingua: AlbaneseEtichette: Schievenin Romeo, Colombo Realdo, Cinquecento, Novecento, Duemila,