Giornale storico della letteratura italiana | 2016 | N. 642

Mario Chiesa firma un profilo bio-bibliografico di Mario Marti (1914-2015), condirettore della rivista dal 1971 fino al momento della sua scomparsa, avvenuta a Lecce il 4 febbraio 2015. Viene così ripercorsa la sua lunga e prestigiosa attività di ricerca, che spazia dagli studi sui Giocosi, gli Stilnovisti, Guittone e Dante a quelli su Bembo, Ariosto, Boccaccio, Berni e Leopardi fino ad arrivare ai lavori sugli autori della cultura del Salento.

L’A. interviene sulla difficile questione del rapporto che intercorrerebbe tra il programma illustrativo sotteso ad alcune miniature del “De Officiolum” di Francesco da Barberino e la raffigurazione dell’inferno nella Commedia di Dante. Contrastando la tesi della derivazione dantesca dell’iconografia barberiniana dell’inferno, più nel dettaglio l’A. afferma come tra la rappresentazione del Limbo (presente nel breviario alla c. 69r.) e quella dell’inferno (che si incontra a c. 156r.) possa esistere al più una similarità iconografica con la descrizione del regno dell’oltretomba presente nel capolavoro dantesco, dovuta con ogni probabilità alla comune suggestione esercitata sui due autori da una medesima immagine o da simili modelli strutturali e iconografici, di cui nel presente saggio viene fornita una rassegna.

Viene commentato e pubblicato un esiguo carteggio di argomento pascoliano intercorso tra Augusto Guido Bianchi, Ettore Cozzani e Vittorio Cian. Più nel dettaglio sono quattordici in totale le missive edite: undici appartenenti al carteggio Bianchi-Cozzani e risalenti agli anni 1923-1939, e tre indirizzate da Cian a Bianchi e datate tra il 1937 e il 1939. Il contenuto del carteggio Bianchi-Cozzani arricchisce le informazioni sul dibattito inerente al poeta romagnolo, in questo caso sbilanciato tra un approccio biografico (quello di Bianchi) e uno interpretativo (quello di Cozzani); le tre lettere di Cian documentano invece la richiesta da parte di Bianchi di alcuni testi pascoliani del critico e la ricezione della controversia tra Bianchi e Cozzani sulle pagine del “Giornale storico della letteratura italiana”.

L’A. del contributo mira a individuare le diverse funzioni attraverso le quali la poesia dantesca agisce nei versi di un autore novecentesco come Franco Fortini. La ricerca intertestuale qui condotta non si risolve quindi nella mera compilazione di un inventario di riferimenti all’illustre poeta presenti nell’opera di Fortini, ma si sostanzia nella valutazione degli effetti prodotti dall’inserimento di tale materiale allotrio nella sua poesia.

L’A. precisa come il riferimento alla fama dei pugliesi bugiardi, ossia traditori, presente sia in un verso del “Fiore” (“Al buono amico, che non fu di Puglia”) che in un altro di Folgòre da San Gimignano (“Fra voi regna il pugliese e il Ganellone”), deriverebbe da un motivo proverbiale. I versi in questione, cioè, non sarebbero riconducibili all’ipotesto dantesco, segnatamente al verso “a Ceperan, là dove fu bugiardo ciascun pugliese” (“Inf”. XXVIII 16-17), giacché già all’epoca di Dante era già proverbiale l’inaffidabilità dei pugliesi, soprattutto nella prova delle armi.

L’A. recensisce la pubblicazione della prima edizione di “Senilità”, risalente al 1898, con il commento e per cure di Flavio Catenazzi (Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2015).