Giornale storico della letteratura italiana | 2004 | N. 594

Il lunghissimo saggio di Paolo Luparia sul “Mondo creato” del Tasso occupa più di un terzo del numero complessivo di pagine del fascicolo 594 della prestigiosa rivista. Attraverso una puntuale e fitta serie di riscontri testuali, effettuati soprattutto su documenti epistolari, e ricostruendo l’albero stemmatico dell’opera, lo studioso fa luce sulla storia redazionale dell’ultima fatica tassiana, la cui stesura viene fatta risalire al periodo compreso tra la primavera del 1592 e la prima decade dell’ottobre del 1594.

Nel suo ampio contributo Isabella Becherucci si sofferma principalmente sull’influenza del pensiero degli storici francesi, segnatamente del Thierry e di Fauriel, non tanto o non solo sulla gestazione della prosa di accompagnamento all'”Adelchi”, il noto “Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia”, ma soprattutto sulla prima stesura della tragedia stessa, che in anticipo rispetto alla prosa storica accolse “come suo primo impulso e insieme respiro vitale tutta quella passionalità patriottica che si sprigionava con tanta evidenza dagli scritti del Thierry […]” (p. 232). “Benché prolungatosi lungo tutto l’arco di un intero anno – precisa l’A – e benché passivo di ben tre importanti interruzioni […], fu in realtà unico il sentimento ispiratore di quel primo flusso di versi che, se pur forse germogliato nel cuore del soggiorno parigino [di Manzoni], certamente portava in sé anche istanze patriottiche tutte italiane […]” (p. 233). Nell’ “onda lunga della prima ispirazione nazionale e patriottica”, ciononostante, s’interpose in seguito un “violento ripensamento” che “venne lentamente a corrodere numerose zone dell’edificio tragico” ancora incompiuto (p. 235). Ripensamento che l’A. attribuisce ugualmente all’influenza del magistero di quel gruppo di intellettuali che ruotava intorno al Fauriel, del Thierry in particolare, e che atteneva nello specifico alla riscoperta del valore della storia.

L’A. approfondisce nel saggio il concetto leopardiano della ‘nullità della vita’, individuandone l’origine nell’insegnamento teologico cristiano che attiene al valore della vita nell’aldilà. I numerosi brani testuali prescelti a titolo esemplificativo, che ineriscono principalmente al “Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani” (1824) e allo “Zibaldone”, vengono utilizzati dall’A. allo scopo di dimostrare come, soprattutto a partire del 1820, Leopardi pervenne al giudizio secondo cui la credenza nell’immortalità promulgata dalla religione cristiana condurrebbe inevitabilmente ad una svalutazione della vita terrena. “Surrogando un altro mondo al presente”, cioè, la teologia, segnatamente quella cristiana, piuttosto che farsi “legame e garante” della società costituirebbe per essa una vera e propria minaccia. Male sanabile, dunque, per Leopardi, la ‘nullità della vita’, a patto di rinunciare, come viene ipotizzato nel saggio, “al fantasma di una vita felice fuori del mondo degli uomini” (p. 254).

Elisabetta Graziosi pubblica e commenta il sonetto inedito d’occasione composto dal Pascoli “giovane e ribelle” (p. 276), su richiesta di Sesto Benedetti e famiglia, per le nozze di Giuseppe Fabbri e Laura Silvestroni, svoltesi a Forlì nel settembre del 1879.

Rassegna degli studi su Tommaso Campanella pubblicati dal 1999 ad oggi. “Il Campanella più nuovo che esce fuori dall’insieme di questi lavori – osserva l’A. riferendosi segnatamente agli studi di Germana Ernst, Antonella da Vinci, Vittorio Frajese, Paolo Ponzio – è forse il filosofo politico, se ci si riferisce con questo aggettivo ad una concezione globale del mondo, della società e della vita dell’uomo nella quale vengono ad articolarsi con la politica vera e propria tutti i campi del sapere che l’autore non vuole scissi: cosmologia, storia, astrologia, fisica, teologia, filologia, poetica”.

Maria Luisa Doglio commemora Giovanni Ponte, scomparso il 28 marzo 2003, ripercorrendo le tappe principali della sua attività di studioso.