Giornale storico della letteratura italiana | 2003 | N. 590

La citazione inclusa nel titolo del saggio, tratta dal primo libro dell’ “Etruria vendicata”, il poema antimediceo di Vittorio Alfieri, viene stigmatizzata da Arnaldo Di Benedetto come esempio dell’ammirazione alfieriana per l’arte michelangiolesca, ma al contempo del suo atto d’accusa contro gli artisti “protetti”. Nell’ampio saggio lo studioso disegna un quadro complesso e variegato dei rapporti tra il poeta astigiano e le arti figurative, sulla base delle indicazioni contenute nell’autobiografia alfieriana e delle frequentazioni del letterato con i più o meno noti artisti dell’epoca, da Raphael Mengs a Jacques Louis David, a Fabre a Luisa Stolberg.

L’argomento del contributo è prontamente compendiato dal suo autore nelle pagine iniziali, da cui si stralcia il seguente brano: […] il presente lavoro non affronta in modo diretto né un’analisi sistematica del concetto alfieriano di ‘noia’, oltre che del ‘forte sentire’, né tanto meno di quello leopardiano. Mi sono solo limitato a focalizzare con la maggiore ampiezza possibile il momento genetico di motivi e aspetti legati a questi concetti che Leopardi deriva da Alfieri e ho cercato di far emergere, anche con raffronti intertestuali, il momento cruciale di gestazione e di transizione, nell’uno e nell’altro autore, dalle visioni d’infanzia, al concetto di non vivere e del trascinare la vita, fondamentali in entrambi proprio in funzione e come viatico della ‘noia’ e del ‘forte sentire’ di Alfieri e delle due fasi in cui si evolve l’idea di ‘noia’ in Leopardi.

L’indagine di Arnaldo Bruni si sdipana intorno all’individuazione del “nucleo propulsore dell’invenzione poetica” del carme foscoliano delle “Grazie”, attuata sia attraverso la rivisitazione delle carte del poeta, che la focalizzazione dell’argomento dell’opera e del suo dedicatario, lo scultore neoclassico Antonio Canova. Viene così a delinearsi una prospettiva di indagine di carattere intertestuale foriera di ulteriori e proficui sviluppi.

Guido Baldi delinea un ritratto suggestivo del personaggio manzoniano di Gertrude, simbolo, al pari dell’Innominato, della funzione negativa svolta dall’aristocrazia nella società lombarda del Seicento nell’economia complessiva dell’affresco storico dei “Promessi Sposi”. Difatti entrambi i personaggi, osserva lo studioso, utilizzano le ricchezze ed i privilegi non per “alleviare sofferenze ed attenuare disuguaglianze”, ma per perpetuare ingiustizie, benché poi il loro rapporto di “omologia funzionale” si realizzi in una simmetria peculiarmente rovesciata, trasformandosi la nobile religiosa nella figura attanziale dell’oppositore, mentre il “tiranno” nello strumento paradossale della salvezza di Lucia. Baldi documenta con calzanti esempi come la cifra distintiva della Monaca di Monza sia quella dell’erotismo, dal conflitto del quale con il potere feudale si originerebbe la struttura portante di tutta la vicenda che conduce alla sua monacazione.

Mario Marti percorre “con attenzione non del tutto acritica e passiva” la poderosa opera di Maurizio Vitale e Vittore Branca dal titolo “Il capolavoro del Boccaccio e due diverse redazioni” (Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, 2002), articolata in due voluminosi tomi, che recano rispettivamente il sottotitolo “La riscrittura del ‘Decameron’. I mutamenti linguistici” (a cura di Vitale) e “Variazioni stilistiche e narrative” (a cura di Branca).

Domenico Chiodo dimostra l’infondatezza di alcuni luoghi comuni critici inerenti la poesia di Niccolò Lelio Cosmico, come il presunto petrarchismo trivializzato dei diciotto capitoli amorosi delle fortunatissime “Cancion” o un altrettanto presunto “amore ancillare” di un amico del Cosmico cui si alluderebbe nell’ottavo capitolo di esse. Secondo lo studioso le “Cancion” sarebbero tutt’altro che prive di “moti di rilievo erotico” ed il loro petrarchismo consisterebbe unicamente nell’adesione ad un lessico e ad una grammatica di ascendenza petrarchesca.

Ampia rassegna delle pubblicazioni francesi ed italiane sull’umanista Leon Battista Alberti dal 1995 ad oggi.

Commemorazione del critico letterario Giovanni Pozzi, scomparso a Lugano il 20 luglio del 2002.