Forum Italicum | 2011 | N. 1

Lo studioso esamina alcune novelle tratte dalle raccolte “Le novelle” di Matteo Bandello e “Gli Ecatommiti ovvero cento novelle” di Giovan Battista Giraldi Cinzio che affrontano il dramma della guerra corsara. L’analisi delle quattro novelle (I, 58 e III, 50 di Bandello e II, 6 e VIII, 6 di Giraldi Cinzio) rivela un interessante dialogo tra culture con la creazione di rapporti d’amicizia e stima tra il protagonista cristiano e quello musulmano. Di fronte alla superiorità strategico-militare del nemico turco, le due novelle di Bandello e di Giraldi Cinzio insistono sulla preminenza culturale e l’esclusivismo religioso cristiani, che costituiscono il punto di vista da cui i protagonisti si relazionano all’alterità musulmana e ne giudicano anche il comportamento degno di lode.

L’archetipo di città moderna – creato dall’immaginario di Baudelaire – è fortemente presente nella poesia di Saba, Campana e Cardarelli. L’analisi intertestuale condotta dalla studiosa attesta in che modo la labirintica metropoli moderna si trasformi nello scenario inquietante della mercificazione e della società di massa. Assumendo la produzione letteraria di Saba, Campana e Cardarelli (esaminata limitatamente all’arco temporale 1911-’13) come campione della poesia italiana del primo Novecento, Rosa Giulio documenta come l’archetipo Baudelaire di città moderna sia parte imprescindibile della memoria poetica contemporanea.

Il saggio evidenzia sia le relazioni tra Saba e la sua città sia l’eredità di Trieste nella cultura e nella poesia sabiane, con l’intento di definire precisamente l’immagine triestina per come risulta dalla lettura del “Canzoniere”. Mirco Bologna evidenzia come il tema della città in molti testi del “Canzoniere” venga svolto attraverso il genere della ‘promenades’, con cui il poeta si appropria della sua città, percorrendola dai colli al mare e sottoponendola a un ideale processo di esplorazione e ri-scoperta.

Dopo aver passato in rassegna il ruolo svolto da Adriano Tilgher nella critica pirandelliana, il saggio propone un ritorno a Tilgher e alla sua interpretazione critica dell’opera dello scrittore siciliano. In particolare Luca Barattoni focalizza la sua attenzione sul romanzo “Quaderni di Serafino Gubbio Operatore”.

Negli anni a cavallo fra le due guerre mondiali, lo scenario metropolitano degli Stati Uniti suscita reazioni opposte negli osservatori italiani, che si dividono fra gli estimatori capeggiati dai futuristi e i detrattori sensibili a istanze strapaesane. Analizzando le rappresentazioni urbane elaborate da autori quali Depero, Soldati, Cecchi e Borgese, la studiosa dimostra come il tentativo di contrapporre il modello urbano statunitense allo stile di vita rurale tipico della realtà italiana, non fosse che un modo con cui gli “umanisti italiani” cercavano di opporsi all’avanzata del “progresso”, ovvero cercavano di difendersi dal processo di standardizzazione indotto dalle macchine.

Il saggio prende in esame le considerazioni espresse da Guido Piovene nell’opera “De America” (1953) sulla situazione politica degli Stati Uniti all’inizio degli anni Cinquanta. Uno dei meriti del reportage di Piovene è la sua analisi della società statunitense condotta dal proprio interno piuttosto che attraverso la lente potenzialmente deformante degli occhi europei. Tuttavia, il giudizio di Piovene risente di una serie di omissioni e reticenze che lo portano a ignorare o a ridimensionare gli aspetti più negativi e deleteri degli Stati Uniti alla fine della presidenza di Harry S. Truman.

Obiettivo primario del saggio è descrivere la passione profonda che Calvino nutriva per la cultura anglofona (inglese e americana). Pertanto, Giulia Guarnieri analizza l’influenza della letteratura anglosassone sulla poetica di Calvino, soffermandosi sugli autori inglesi e americani che Calvino considera modelli per la sua narrativa e ai quali dedica saggi critici, da Kipling a Conrad, da Melville a Hemingway.

Il saggio esamina le scritture autobiografiche degli emigranti, in particolare mette a confronto le autobiografie prodotte dagli italo-americani negli anni Venti del Novecento con le scritture autobiografiche degli afro-italiani circoscritte agli anni Novanta del XX secolo.

Il contributo è dedicato allo “spazio di lavoro” di Giorgio Manganelli, quel luogo di lavoro che lo stesso Manganelli ha spiegato con due curiose definizioni uno “stanzino”, oppure anche un “palcoscenico”. Le due definizioni non sono altro che la definizione della condizione contraddittoria di chi scrive: lo scrittore per scrivere deve astrarsi dal mondo e ritirarsi in uno spazio isolato, simile a una cella monacale; ma lo scrittore è anche un attore, ovvero un menzognero il cui spazio è quello del palcoscenico.

L’intervento analizza la “Prefazione” scritta da Ignazio Silone per la seconda edizione del romanzo “Fontamara” (New York, Atheneum, 1960), che, oltre ad avere valore letterario per se stessa, anticipa temi salienti del romanzo e aspetti della più generale riflessione estetica di Silone. In particolare la studiosa evidenzia alcuni interessanti cambiamenti attraverso la collazione della “Prefazione” manoscritta (conservata all’International Institute of Social History di Amsterdam) con quella a stampa.

Partendo dall’inadeguato giudizio di Cesare Garboli, contenuto in un articolo del 1989 intitolato “Con il cuore già trafitto dalla freccia”, la studiosa analizza le trenta poesie composte, ‘in limine mortis’, da Goffredo Parise. L’intento della studiosa è di dimostrare come queste poesie, nonostante siano state spesso giudicate in maniera errata o superficiale dalla critica, presentino un’organicità tematica e una interessante scelta linguistica.

Ampia recensione dell’edizione critica di tutta la produzione poetica di Raffaele Viviani, curata da Antonia Lezza (“Poesie. Opera completa”, Guida, 2010). Il volume presenta in apertura il saggio introduttivo su Viviani-poeta, seguito dal ‘corpus’ delle poesie (147 componimenti), corredate di note-glossario, e da un denso apparato bio-bibliografico e filologico.