Critica letteraria | 2003 | N. 1

Aprendo il suo intervento con un rapido “excursus” sugli studi più autorevoli condotti su Cielo d’Alcamo – da Dante in poi -, l’A. apporta nuovi elementi di discussione al dibattito critico. Lo studioso sostiene, infatti, che il testo del “Contrasto”, in origine, presentasse le tracce di una lingua campano-laziale per il personaggio femminile e calabro-sicula per quello maschile. Quindi confuta, sulla base di numerosi elementi probatori, la datazione proposta dal D’Ancona e comunemente accettata (1230-1250) a favore di una più tarda (1266-68). Inoltre sostiene che dietro il componimento si celasse in realtà un’allegoria politica e come lo stesso fosse il frutto non di una sola mano bensì di una coppia di autori meridionali, probabilmente riconoscibili in Giovanni da Procida e Manfredi Maletta da Mineo. A conclusione del suo intervento lo studioso un testo critico-congetturale del “Contrasto” che dà maggior attenzione di quanta ne abbia ricevuto finora dagli studiosi al manoscritto Vat. 4823, generalmente ritenuto una copia del Vat.3793.

Il saggio, attraverso l’esame del poemetto “I figli del mare”, esplora la presenza tema del mare nel campo più vasto della produzione di Michelstaedter in cui esso finisce per assurgere a “dimensione metafisica dell’esistenza autentica”.

La scrittura umoristica di Campanile viene esplorata mediante la disamina di un’ampia campionatura delle sue opere.

Il saggio di De Marco attraverso il “corpus” dell’opera di Caproni – da “Il passaggio d’Enea” del 1956, in cui confluiscono le esperienze poetiche precedenti, alla raccolta postuma “Res amissa” – e ne individua, di volta in volta, i nuclei tematici più significativi. Tra questi i motivi della città, della madre, del viaggio, che si inseguono variamente nella nella prima produzione, sfociano, nel “Muro della terra”, nel motivo dell'”esclusione da Dio”, del senso di vuoto, che caratterizza la fase matura della poesia di Caproni.

Nell’affrontare il nuovo “caso-Silone”, sollevato nel 1996 nell’ambito di un convegno fiorentino e rimbalzato poi nelle pagine della stampa giornalistica, Gorgoglione sostiene la necessità di un’onestà intellettuale e di un’acribia critica spesso mancata finora. Lo studioso esamina dunque, in altrettanti distinti paragrafi, i documenti che proverebbero la presunta collaborazione di Silone alle OSS (divenuto poi la CIA) e alla polizia fascista. In merito a quest’ultimo punto lo studioso prende in esame il saggio pubblicato nel 2000 da Biocca e Canali (“L’Informatore: Silone, i comunisti e la polizia”), in cui appunto si sostiene tale tesi, e la conseguente confutazione di essa ad opera di Granati e Isinelli. Secondo l’Autore, tuttavia, nonostante gli intervenuti chiarimenti, alcune problematiche rimangono aperte e necessarie da considerare nell’affrontare qualunque studio relativo all’intero “corpus” della produzione siloniana.

Nel dare conto degli ultimi contributi su Luigi Pirandello, Gerarda del Gaiso si sofferma sui recenti volumi di Emma Grimaldi (“Come un quadro sottosopra”), di Angelo Pupino (“Pirandello maschere e fantasmi” e “La maschera e il nome”) e di Patrizia Magnante () mettendo in rilievo le peculiarità delle diversità delle diverse prospettive critiche.