Critica del testo | 2001 | N. 2

Il saggio analizza il sirventese nei suoi aspetti testuali, proponendone una precisa datazione e collocandolo nella complessa situazione politica che vede Alfonso X di Castiglia, elogiato nel sirventese, candidato, contro il volere papale, al seggio imperiale.

L’analisi dell’epistola Mavortis Milex conduce l’autore del saggio a distaccarla dal resto della produzione epistolare di Boccaccio, giudicata solitamente un puro esercizio di stile, individuando in essa originali e consistenti riflessioni filosofiche, debitrici di quelle dantesche del “Convivio”.

Il saggio analizza la terminologia adoperata, da Dante ai giorni nostri, per identificare le raccolte di rime, datando agli inizi del Quattrocento le prime attestazioni del termine ‘canzoniere’ come titolo per i Rerum vulgarium fragmenta.

Il saggio propone una lettura delle opere di Ungaretti come autocommento delle opere precedenti. In particolare l’autore riconosce nell’ultimo volume, “La terra promessa”, la realizzazione poetica della visione del primo, “L’allegria”.

Il saggio segnala e descrive il decimo testimone del “Libro de’ vizi e delle virtudi” di Bono Giamboni, posseduto dalla Biblioteca Civica di Padova, e forse utilizzato dagli accademici della Crusca per la redazione del Vocabolario.

Il saggio propone una modifica rispetto al testo critico più accreditato del v. 11 del sonetto cavalcantiano ‘Da più a uno face un sollegismo’. La lezione ripristinata era attestata nella tradizione manoscritta, ma fu scartata come errore dagli editori.

Viene pubblicata lo scambio di lettere tra i due autori intorno al testo e all’esegesi di ‘Inferno’, IV, 36.