Ariel | 2003 | N. 2

Nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara si è aperta un’interessante mostra sul tema Shakespeare nell’arte, il cui percorso, in un dialogo costante e articolato tra pittura e teatro, si snoda dal Preromanticimo al Romanticismo, concludendosi con alcune testimonianze dei Preraffaelliti.

Palazzo Nicolini al centro di Bibbiena, destinato a diventare sede del nuovo Museo del Taetro,della Scenografia e del Costume, ha ospitato, fino al 12 gennaio 2003, la mostra ‘L’eredità dei Galli Bibiena: Pier Luigi Pizzi, Massimo Gasparon: due generazioni di scenografi barocchi’, con costumi originali, bozzetti di scena e figurini, ideati da Pier Luigi Pizzi e Massimo Gasparon.

Nell’antico Monastero dei Benedettini di Catania, ora sede della Facoltà di Lettere, tra il 29 e il 30 novembre 2002,si è svolto un convegno sul tema ‘Vittorio Alfieri nella critica novecentesca’.

A quasi due anni dalla donazione da parte dell’Associazione Culturale Ettore Petrolini dell’intero archivio dell’attore alla Biblioteca e Raccolta teatrale della SIAE, il Burcardo ha allestito nelle sale del museo la mostra ‘Ettore Petrolini: il percorso di un comico’, inaugurata nell’aprile 2003.

Sul finire del giugno del 2003 si è tenuto tra Rocca Grimalda e Ovada, nella provincia di Alessandria, un interessante incontro di studio, volto ad approfondire il significato e il valore della narrazione nel teatro, con particolare riferimento al rifiorire di tale dimensione nel teatro italiano contemporaneo.

Il “Balet comique de la Royne”, un balletto di corte dell’età barocca in Francia, si inscrive perfettamente nella sensibilità barocca, attraversato com’è, dal movimento, dalla trasformazione, dalla metamorfosi in un dominio assoluto dell’incostanza che trova nella fluidità dell’acqua un’immagine emblematica. Ma, a parte il demone del movimento che tutto sconvolge nell’universo barocco, è proprio la danza in sè ad incarnare la perfetta instabilità, il fluire del pensiero,i movimenti dell’anima;tanto che Valéry nel suo dialogo “L’ame e la danse”, definisce l’anima “una donna che danza”, una creatura che prende consistenza in sempre nuove figurazioni, in una mobilità psichica e fisica, in cui la stabilità è solo uno stato transitorio che porta alla rigenerazione del movimento.

Enrico Montazio pubblica nell’agosto del 1842 sulla “Rivista Musicale” la sua prima cronaca teatrale, inaugurando una rubrica, redatta in uno stile aggressivo ed irriverente, attraverso la quale entrerà prepotentemente sulla scena giornalistica fiorentina. Montazio è animato da un’idea pedagogica del teatro. E ,se il teatro deve educare il popolo, è evidente che la critica deve rivolgersi all’attore, distogliendolo dalle esagerazioni declamatorie e indirizzandolo verso un’arte più vera e misurata, che possa promuovere l’emancipazione delle masse popolari.

In un quadro ricco di riferimenti alla realtà teatrale napoletana e tramato da stimolanti interrogativi, si traccia la storia del Trianon, teatro da poco riaperto. Lo spettacolo inaugurale, nel novembre del 1911, “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta, e la successiva programmazione legano il Trianon a movenze tipicamente dialettali e all’attore capocomico-demiurgo. Si impongono, poi, anche la sceneggiata, un genere che omologa alla prosa le esibizioni canore, e il varietà fino al ’47, anno in cui il Trianon diventa una sala cinematografica, approdata inesorabilmente in tempi più recenti alla programmazione a luci rosse.

Tra gli spettacoli di Marco Baliani, basati sulla narrazione come privilegiata modalità teatrale, il “Kohlhaas” (1990), tratto da un racconto di Kleist, segna la tappa fondante della ricerca sulle tecniche affabulatorie, nella quale si delinea l’identità di attore narrante, che consapevolmente identifica nel racconto la dimensione di intendere e di abitare il teatro. Marco Baliani costruisce il testo dello spettacolo secondo un ritmo adatto ad una narrazione orale, in cui parti che nella lettura della storia di Kleist possono passare in secondo piano, diventano, invece, essenziali a dare una materialità alle parole del narratore. Ne nasce un nuovo testo che prende corpo nella partitura di gesti e di espressioni dell’attore narrante.

Renzo Guardenti presenta una nuova rubrica, che nella ricerca storico- teatrale si baserà sulla documentazione visiva.

Viene presa in esame la documentazione iconografica francese, riguardante la Commedia dell’Arte,a cominciare dalle note silografiche della Raccolta Fossard, attraverso la prospettiva dell’importanza rivestita da zone di vuoto e di silenzio come rivelatrici di omissioni significative. Le immagini francesi della Commedia dell’Arte tacciono su ciò che doveva apparire troppo ovvio e conosciuto, soprattutto quello stile di recitazione che era ormai codificato nei circuiti teatrali di mezza Europa,quindi anche (e soprattutto) in Francia.

Attraverso il riscontro con alcuni frammenti di una novella di Moisè Cecconi,”La smigliacciata”, che trovano posto nel “Taccuino di Harvard”, Cristina Gragnani dimostra, soprattutto basandosi sulle varianti della novella “Un invito a tavola”, come Pirandello abbia risentito in certe scelte linguistiche delle espressioni vive e colloquiali dello scrittore toscano. Ancora nel “Taccuino di Harvard”, in posizione contigua a quella delle trascrizioni da Cecconi, sono registrate alcune espressioni manzoniane, che l’autore siciliano, pur inserendo nel proprio, personalissimo stile, usa in novelle e romanzi. Nonostante le posizioni ascoliane, infatti, Pirandello è attratto dalla lingua ‘risciacquata’ in Arno di Manzoni e dalle espressioni di Cecconi, scrittore autenticamente toscano.

Da questo numero, Alfredo Barbina, a integrazione e sostituzione della sua precedente pubblicazione lemonnieriana del 1967, comincia a pubblicare la “Bibliografia delle opere e della critica (1882-1936)di Luigi Pirandello. La prima parte occupa gli anni del noviziato fino alla 1891 (laurea a Bonn e ritorno in Italia dello scrittore).