Ariel | 2002 | N. 2-3

Guido Di Palma traccia le linee portanti del numero monografico dedicato a Rocco e Michele Galdieri(padre e figlio),autori di riviste che hanno segnato più di cinquant’anni di teatro “leggero”, un genere spesso appiattito in un’univoca dimensione di commercialità.

L’attività dei Galdieri è inserita nel quadro sorprendentemente ricco della Napoli che pur consapevole, nella stagione post-unitaria in cui opera Rocco, dell’ineludibile tramonto, affida al dialetto la sua identità da non dimenticare. “Rambaldo”, questo lo pseudonimo di Rocco, irrompe con ingegno ed umorismo sulla scena, rendendo viva l’eredità del teatro popolare napoletano. Il figlio Michele raccoglie il testimone e, con un talento impetuoso e corrosivo,frammenta e scompone qualsiasi idea di trama in sketch irresistibili, che pure sembrano scorrere su un sotteso nastro di omogeneità e coesione. Sullo sfondo delle scene colorate e scoppietanti di Michele si esibirono attori come Totò ,Dapporto e la Magnani.

Nell’intervista a cura di Marita Bartolazzi e Guido Di Palma, l’architetto Eugenio Galdieri, figlio di Michele, fornisce un quadro articolato della personalità e dell’attività del padre e del nonno Rocco; ricorda anche l’inflessibile zia Aminta, sorella di Rocco, artefice e custode attentissima dell’archivio di famiglia.

Rocco Galdieri non è solo un “rivistaio”; in lui convivono anime diverse, quella del giornalista e del malinconico poeta. All’inizio del Novecento, collabora con Eduardo Scarpetta,di cui al contrario di altri scrittori (come Di Giacomo),apprezza il successo,pur se ne sospinge la rumorosa comicità verso una cifra di più sottile umorismo. La presenza del dialetto e del contesto napoletano evidenti in “L’ommo che vola” (1909) e “Babilonia” (1913), scritti con Scarpetta, si attenua nelle opere che ” Rambaldo” scrive da solo; ma il dialetto ricompare già ne “Le corna altrui”, una rivista di più consistente struttura del 1915,come lingua della semplicità autentica e della saggezza, per poi improntare le opere seguenti fino all’ultima del ’22.

Si tratta dell’elenco(preceduto da una nota introduttiva di Marita Bartolazzi)dei testi delle riviste di Rocco Galdieri, con l’indicazione delle compagnie teatrali, degli interpreti, della data e del luogo della prima.

E’ riprodotto, con una nota introduttiva di Marita Bertolazzi, il testo di “Babilonia”, la fortunatissima rivista che Rocco Galdieri scrisse nel 1912 in collaborazione con Eduardo Scarpetta.

Dal vasto carteggio di Rocco Galdieri sono state scelte, come informa Marita Bartolazzi in una nota introduttiva, le lettere inedite che si riferiscono all’attività di “rivistaio” dell’autore napoletano. Sono riprodotte tre lettere inedite di Rocco alla moglie Maria.

Guido Riccioli scrive a Rocco Galdieri in merito ad una programmata messa in scena di “Pace, mio Dio!”.

Sono riprodotte, con una nota introduttiva di Marita Bartolazzi, due lettere di Eugenio Aulicino, impresario del Teatro Nuovo di Napoli, a Rocco Galdieri; due lettere di Michele Galdieri al padre; una lettera di Rocco Galdieri al figlio.Tutte le lettere sono inedite.

Precedute da una nota di Marita Bartolazzi sono presentate due macchiette dovute alla mano di Rocco Galdieri e una lettera che gli scrisse Eugenio Maldacea,padre di Nicola, grande divo del caffè concerto.

Michele Galdieri, in questo testo inedito di una trasmissione radiofonica, traccia il suo autoritratto su linee di sorridente e pungente ironia; racconta il suo esordio, avvenuto in epoca fascista e i problemi non sempre lievi che, nonostante la presenza di un “censore” colto e illuminato come Leopoldo Zurlo, ebbe con la censura; ripercorre le fasi sella sua attività e ricorda gli attori che lavorarono nelle sue riviste, come Totò, Anna Magnani,Edoardo Spataro, Carlo Dapporto.I testi di canzoni da lui scritte e diventate celeberrime puntellano la trama della memoria; e tra questi spicca quel “Munasterio ‘e Santa Chiara”, scritto per una Napoli irriconoscibile dopo la liberazione.

Michele Galdieri appare come un autore che pratica “una scrittura di mezzo”, operando delle mediazioni tra la rivista a grande spettacolo, basata sulla grandiosità di quadri separati, e la rivista a filo conduttore, costruita invece su una riconoscibile linea drammaturgica. Michele Galdieri tenne moltissimo alla dignità dell’autore, certamente non inteso come autore di testi del teatro alto, ma animato dall’esigenza primaria di pensare “lo spettacolo”; la sua scrittura assume quindi la fisionomia di un progetto in cui il copione è solo una delle voci che concorrono a definire il lavoro di messa in scena.

Guido Di Palma, dopo una nota introduttiva,fornisce l’elenco cronologico delle riviste scritte da Michele Galdieri,con l’indicazione delle compagnie degli attori, delle città e dei teatri che le ospitarono.

“La rivista che non piacerà” di Michele Galdieri, la cui prima avvenne il 23 luglio del 1927, con la compagnia di Eduardo De Filippo, nel prestigioso teatro dei Fiorentini di Napoli,ebbe un enorme successo. Galdieri con questa rivista abbandonò il Teatro Nuovo ed Eugenio Aulicino che ne era l’impresario. Lo strappo, non indolore dal momento che Aulicino era stato colui che aveva spinto il giovane Michele a scrivere riviste,rispecchia due concezioni diverse dello spettacolo leggero.Galdieri non era favorevole ad uno spettacolo di quadri staccati, che si basasse esclusivamente su un impatto visivo, ed era invece attento a costruire un intreccio narrativo,sia pure aperto e arioso.

E’ riportato il testo inedito de “La rivista che non piacerà”.

Preceduti da una nota di Guido Di Palma, sono riportati un telegramma e dieci lettere inedite che Eduardo De Filippo scrisse tra il 1926 e il 1935 a Michele Galdieri.

Sono riportate sette lettere inedite di Leopoldo Zurlo, intelligente e colto censore del regime fascista,a Michele Galdieri e una missiva in versi dello scrittore a Leopoldo Zurlo. Nella nota introduttiva, Guido Di Palma evidenzia il rapporto di stima che legò Galdieri e Zurlo, nonstante si trovassero per i loro ruoli su opposte trincee.

Si tratta di due lettere inedite che Michele Galdieri scrisse tra il 1932 e il ’33 a Nuto Navarrini. Entrambe le lettere, come informa Guido Di Palma nella nota introduttiva, si riferiscono alla rivista “Strade”, che ebbe problemi con la censura fascista.

Si tratta di due lettere inedite che Macario, il quale, come sottolinea nella nota introduttiva Guido di Palma, non lavorò mai con l’autore napoletano, scrisse a Michele Galdieri nel 1935.

Michele Galdieri, oltre a testi teatrali, scrisse anche sceneggiature cinematografiche per la Scalera Film. La lettera inedita del 1939 che Michele Galdieri scrisse al commendator Scalera, come sottolinea nella nota introduttiva Guido Di Palma, mostra una risentita insofferenza per il mondo del cinema.

Michele Galdieri fu profondamente legato a Roberto Bracco, verso il quale nutrì sentimenti di affetto e deferenza. Bracco,come sottolinea nella nota introduttiva Guido Di Palma, fu tra i primi ad esortare il giovane Michele a scrivere per la rivista. Le sei lettere pubblicate comprendono un arco di tempo che va dal 1938 al 1942 e documentano le difficoltà che Bracco ebbe con il regime fascista. Bracco amareggiato ne scrive a Michele.

Si tratta di due lettere inedite che Michele Galdieri scrisse a Totò tra il 1950 e il 1951.

Le tre lettere inedite che Michele Galdieri scisse agli impresari Gigante, Pastorino, Paone, si collocano tra il 1950 e il 1956 e documentano il periodo più sfarzoso e opulento della rivista.

Un’articolata nota introduttiva di Guido Di Palma precede una lettera inedita che Michele Galdieri scrisse a Wanda Osiris nel 1951.

Come informa Guido Di Palma nella nota introduttiva, si tratta di una lettera probabilmente mai spedita che Galdieri, desideroso di appianare i malintesi verificatisi durante le prove di “Chi è di scena?”, scrisse alla Magnani nel 1954.