Ariel | 2002 | N. 1

A Venezia il 21 Febbraio 2002 è stata riaperta, completamente restaurata, la Casa di Goldoni con l’importante Biblioteca e il Museo che ne fanno parte.

Il 22 ottobre 2000 si è tenuto un convegno a Peveragno, in provicia di Cuneo, su Vittorio Bersezio, figura di primo piano nella drammaturgia e nella imprenditoria teatrale dell’Ottocento.

Il volume ‘Pirandello e la più bella città dei mortali’ricco di belle fotografie e di pregevoli saggi, ha accompagnato una mostra itinerante curata da Enzo Zappulla e promossa dal Parco Letterario Luigi Pirandello di Agrigento. Il volume sottolinea la memoria dei luoghi agrigentini nell’opera del grande scrittore.

A Napoli il 20 marzo 2002 si è inaugurata la mostra ‘Lo schermo in tasca’, curata da Matilde Tortora, in cui è stato possibile vedere preziosi reperti di trasposizioni cinematografiche dei primi del Novecento di celebri opere teatrali.

A Firenze in occasione della giornata di studi del 14 gennaio 2002, organizzata dal Dipartimento di Italianistica, è stata ripercorsa l’evoluzione umana e artistica di Ruggero Jacobbi.

Nell’ambito del convegno ‘Fuori di scena’(Genova 18/20 ottobre 2001) è stato presentato il volume “Il Teatro di Genova. Una biografia”, Milano, Leonardo Arte, 2001,in cui Maurizio Giannusso ripercorre l’attività del teatro genovese.

E’ la cronaca di una visita di alcuni studenti americani, guidati dalla professoressa Sebastiana Nobili dell’Univesrità di Bologna, alla casa di Pirandello, in via Bosio a Roma, ora sede dell’Istituto di Studi Pirandelliani.

In Francia viene completamente ignorato Voltaire come uomo di teatro. Le ragioni di questo ingiustificato oblìo possono essere additate nella sua fedeltà al classicismo oltre che nella marca politica decisamente inserita nel contesto del tempo, dislocata quindi dai problemi di oggi, del suo teatro. Eppure Voltaire è stato un grande uomo di teatro e ha rappresentato un punto di riferimento imprescindibile per il mondo teatrale della sua epoca.

Marta Marchetti in una ricognizione dei teatri di Parigi dal primo teatro, sorto nel 1548 al numero 29 di rue Etienne Marcel, fino ai duecentoquaranta teatri attualmente funzionanti, fornisce un importante elemento dell’identità della città e permette di scoprire un legame profondo tra teatro e storia.

Il 24 febbraio del 2002 ha avuto luogo al ‘Théatre Marigny’ l’ultima replica di “Crime et Chatiment” di Dostoevskij, per la regia di Robert Hossein, spettacolo in cartellone dall’ottobre 2001. L’adattamento teatrale del romanzo di Dostoevskij mostra ancora una volta delle difficoltà rilevabili nel linguaggio eccessivamente uniforme e nei nodi meccanici dei raccordi narrativi della resa scenica in oggetto.

Nel quadro delle celebrazioni per il bicentenario della nascita (2002) di Victor Hugo,la Comédie Fran”aise ha rimesso in cartellone “Ruy Blas” per la regia di Brigitte Jaques Wajeman. La Francia, che apprezza soprattutto i “Misérables”, sembra non riconoscersi nel teatro di Hugo e la ripresa di “Ruy Blas” appare più un atto dovuto che sentito.

Nel febbraio del 2002 Vassiliev ha messo in scena nella ‘Salle Richelieu’ della Comédie Fran”aise “Amphitryon” di Molière, facendone affiorare la dimensione spirituale, segnata da una sorta di filosofia tragica, e scegliendo di ambientare la vicenda in un lontano oriente arcaico.

Anatoli Vassiliev, in un’intervista tradotta da Dina Saponaro, parla della sua regia di “Amphitryon” di Molière, dei suoi rapporti con gli attori, della sua lettura dell’opera, non certo un ‘vaudeville’, ma una ‘pièce’che scava nel rapporto tra fede e ragione, tra onore e disonore, tra uomini e donne.

A Louis Jouvet,in occasione del cinquantenario della morte, è stata dedicata l’intera stagione 2001-2002 dell’Athénée. Fabrice Luchini ha reso omaggio a Jouvet rappresentando “Ecoute mon ami” e altri testi in cui Jouvet si rivolgeva ai suoi allievi. L’intenso monologo diventa, al di là di ogni tecnicismo, analisi e scavo interiore.
Nell’articolo si fa riferimento anche ad iniziative editoriali (Flammarion ha pubblicato una nuova raccolta di scritti di Jouvet “Le comédien désincarné”)e sono riportati dei brani da “Ecoute, mon ami”.

La “Sofonisba” del Trissino, prima tragedia regolare del Cinquecento, al di sotto del canone del decoro è attraversata da crepe e fenditure che invitano verso un fondo conturbante, in una discontinuità che è il lato più interessante della tragedia. Nella “Sofonisba” serpeggia e sopravvive, ad esempio, un senso della vita e della morte, sottoposto a mutamenti, ma presente nei capolavori dell’arte gotica, nell’inquietudine religiosa di Savonarola, di Erasmo da Rotterdam, di Lutero. L’aristotelismo della tragedia viene quindi compromesso da linee di tensione e di lotta con quell’ideale estetico. La “Sofonisba” diventa così il luogo delle possibilità molteplici del genere tragico.

Le lettere scritte da Giacosa a Bersezio dal 1875 al 1897, prese in esame nell’articolo, intessono la storia di un rapporto di amicizia non sempre sereno, con momenti di tensione o addirittura di freddezza. Giacosa, che doveva la sua ascesa teatrale anche alla protezione di Bersezio, oltre che drammaturgo anche potente impresario teatrale, non dimostrò all’illustre amico una riconoscenza calda ed esplicita e, quando si adoperò per ottenere un’audizione per il figlio primogenito di Bersezio, Carlo, non riuscì nello scopo. Oltre ai sentimenti e risentimenti personali le lettere tracciano un quadro della situazione teatrale nella seconda metà dell’Ottocento.

Merce Canningham intitolò, co una esplicita dichiarazione di poetica, “Changes”il volume di “Appunti sulla coreografia”. “Suite by chance” del 1952 è l’opera che inaugura l’utilizzazione del metodo ‘aleatorio’ e che ha riempito di tracce più cospicue gli appunti del coreografo. La rappresentazione viene creata con una scomposizione del materiale coreografico negli elementi minimi: dare autonomia, far vivere di vita propria ogni parte del corpo significa procedere ad una nuova creazione che ricerca il filo dell’unità attraverso la scomposizione. Non c’è gerarchia tra musica e danza (in questo Cunningham è perfettamrnte d’accordo con Cage, musicista con cui collaborò), non c’è un tema letterario e ogni luogo può essere usato ai fini teatrali.

Nell’attesa di annodare i fili del rapporto tra Luigi Pirandello e il Cesareo in una trama omogenea, A. Barbina isola per ‘flash’ alcuni nuclei di quella ‘conversazione’tra i due scrittori siciliani che si protrasse a lungo,tracciando una linea di consonanza (a parte certi imbarazzi di Pirandello in veste di critico del Cesareo)anche nella concezione dell’arte.

Nella primavera del ’34 Reinhardt decide di rimettere in scena i “Sei personaggi” (ne aveva già curato la regia nel ’24); il 25 febbraio del ’34, mentre sta provando lo spettacolo, scrive una lettera in francese a Pirandello. Comincia con il ringraziare, dopo quattro anni, lo scrittore per la dedica di “Questa sera si recita a soggetto”, opera che, andata in scena a Berlino nel maggio del ’30, provocò accese contestazioni, proprio perché i Berlinesi riconobbero in Hinkfuss lo stesso Reinhardt. Chiede poi a Pirandello di poter sostituire la scena iniziale dei “Sei personaggi”. La lettera di Reinhardt,trovata ad Agrigento nell’archivio Eredi Stefano Pirandello,finora inedita, è riportata nell’articolo.

Pirandello spesso assisteva alle prove delle sue commedie e alle volte tracciava su fogli di un blocco tenuto sulle ginocchia veloci schizzi, che appallotolava e gettava nel cestino dei rifiuti. Anton Giulio Bragaglia salvò due di quei pastelli: uno riferito all'”Uomo dal fiore in bocca” e l’altro che presenta una vivace figura di popolana. I due disegni, attualmente di proprietà dell’attrice Rosanna Feliciangeli, sono riprodotti nell’articolo.

Giovanni Macchia non entra da protagonista solo nella storia della cultura teatrale, ma gli va riconosciuto un importante ruolo anche nella storia del teatro.Il teatro nella sua articolazione più ampia, senza esclusioni, era il punto di riferimento imprescindibile della sua critica. Ed è proprio a Giovanni Macchia che si deve l’introduzione dell’insegnamento di Storia del Teatro in una Università di Stato (1950), con il quale si attua il percorso di specificità ,se non di autonomia, del teatro nei riguardi della letteratura. Macchia peraltro, ricorda Squarzina, fu anche fine autore di teatro con quel “Colloquio immaginario con la figlia di Molière” da cui esce un ritratto a luci e ombre del celebre drammaturgo.