Antologia Vieusseux | 2001 | N. 19-20

Il Sindaco, nell’aprire ufficialmente il Convegno “La parola ‘Italia’: concretezza e attualità” (Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Dugento, 15-16 febbraio 2001), sottolinea l’importanza dell’idea e dell’identità nazionale e ringrazia gli animatori del Gabinetto Vieusseux, promotori del Convegno.

Nel porgere il suo saluto in qualità di Presidente del Gabinetto G. P. Vieusseux, promotore del Convegno “La parola ‘Italia’: concretezza e attualità”, Fazzini ringrazia il Sindaco e il Comune di Firenze, attenti a supportare l’Istituto fiorentino nel recente e delicato momento della sua riorganizzazione, nonché la Banca Toscana, indispensabile sostegno finanziario alla realizzazione del Convegno stesso.

Il Presidente della Banca Toscana ringrazia il Gabinetto Vieusseux per l’organizzazione del Convegno e il Sindaco per l’allestimento logistico sottolineando l’importanza di Firenze nella storia d’Italia.

L’intervento di Siciliano illustra le motivazioni di fondo del Convegno, organizzato con l’intento di sollecitare un confronto tra i partecipanti sull’idea di “Italia”. Ripercorrendo l’attività del Vieusseux a partire dai primi decenni dell’Ottocento, l’autore si sofferma su due momenti topici della nostra storia, quelli, cioè, dei “due” Risorgimenti (l’uno, in senso proprio, ottocentesco; l’altro legato allo sbarco degli Alleati in Sicilia) in cui si costruì il significato concreto della parola “Italia”.

Il testo, partendo dall’esame dei più recenti dati Istat che registrano percentuali di parlanti della lingua italiana elevate ma, nel contempo, livelli di scolarizzazione piuttosto bassi, traccia una breve storia della parola ‘Italia’ e dell’aggettivo corrispondente.

L’intervento di Garboli analizza il complesso rapporto degli italiani con l’Italia o meglio con il concetto di patria. Esso coglie la profonda scissione tra un sentimento di italianità (quale quello che si scopre dentro di sé nell’incontro con i grandi del passato) e una difficile identificazione con lo Stato, retaggio di una storia di lungo asservimento allo straniero.

Nell’esaminare il dibattuto motivo dell’elaborazione dell’identità nazionale e partendo dal convincimento dell’inesistenza di “tradizioni davvero unitarie”, l’autore esamina il ruolo svolto dai cattolici nella costruzione dell’italianità estendendo il suo sguardo allo scenario degli ultimi anni che vedono sempre più la Chiesa come una delle molteplici realtà religiose presenti nel nostro paese.

Sasso pone la questione delle diverse accezioni date alla parola ‘laicismo’ e sostiene come esso coincida con la consapevolezza della “relatività insuperabile” del punto di vista di chi sostiene la libertà contro l’oppressione, la tolleranza contro il dispotismo, la persuasione contro la conquista.

Casavola ripercorre dal punto di vista giuridico la storia dell’unificazione nazionale richiamando l’attenzione sui problemi che fu necessario affrontare all’indomani del 1860 e soprattutto sulle difficoltà sorte nel dare vita a un codice unico che superasse le otto legislazioni fino ad allora vigenti nei diversi stati italiani.

Partendo dalla distinzione tra società tribale e nazione, Scalfari sostiene che la realtà concreta di una patria si identifica con un’operazione culturale; non può esistere una nazione senza che vi sia uno stato ma è la nazione, tuttavia, che conferisce a quello sostanza. Il processo che ha portato allo Stato unitario può essere paragonato alla formazione in atto dell’unione europea che, come auspica l’autore, può realizzarsi solo se le singole nazioni riescono “a modificare la propria identità, conservando la memoria di sé”.

L’intervento di Veronesi si intrattiene, con diversi esempi, su alcuni caratteri degli Italiani.

Amato si occupa della coscienza che gli italiani hanno della propria identità e indaga sulle origini di una legittimazione debole dello Stato che si è manifestata con particolare evidenza in alcuni momenti della nostra storia.

Ghidetti, aprendo i lavori della seconda giornata del Convegno, parla del mito dell’unità nazionale nella letteratura italiana prendendo in esame, in particolare, le posizioni di Manzoni e di Leopardi.

Reichlin affronta la questione del ruolo che l’Italia è destinata a ricoprire nella costruzione politica dell’Europa e individua come rilevante, nella definizione tanto degli equilibri interni quanto dell’indirizzo della politica continentale, la soluzione del problema del Mezzogiorno.

Diamanti definisce come peculiare della nostra penisola la commistione tra ‘locale’ e ‘nazionale’ in base alla quale gli italiani sono fortemente radicati contemporaneamente nella loro città e nell’intero paese. L’autore sottolinea anche come l’identità nazionale degli italiani si costruisca sul passato comune e sulla dimensione sociale più che sulle istituzioni.

Giovanni Ferrara esplora il significato che assume la parola Italia nel testo ‘classico’ per eccellenza, l'”Eneide” di Virgilio.

Il discorso di Chiara Saraceno esamina la popolazione italiana dalla prospettiva delle politiche per la famiglia perseguite a partire dal secondo dopoguerra mettendo in rilievo come spesso tra i sostenitori dei diritti della famiglia da un lato e degli individui dall’altro si sia consumata una frattura.

Partendo dall’analisi dei due termini da cui prende le mosse il suo intervento, spiritualità e politica, Scoppola esamina il significato della presenza dei cattolici all’interno della politica italiana per sostenere, infine, l’importanza, nella complessa unità del nostro paese, del rapporto, conflittuale ma costruttivo, tra coscienza religiosa e coscienza civile.

Fisichella si sofferma sul ruolo svolto dalla destra a partire dal secondo dopoguerra individuando al suo interno, in altrettanti momenti storici, tre filoni prevalenti: una destra monarchica, una destra missina, una destra liberale, accomunate da valori condivisi. L’autore prosegue esaminando il rapporto con lo Stato delle forze politiche di destra e di sinistra.

Attraverso un ‘excursus’ storico all’interno del dibattito teorico-politico italiano, in cui ricevono rilievo le posizioni di Gioberti e di Cattaneo, l’autore sviluppa le proprie considerazioni sulla natura del rapporto tra identità nazionale e istanze particolaristiche.

Sul concetto di nazione e sulle sue interpretazioni da parte della storiografia si sofferma l’intervento di Rusconi il quale affronta anche la questione delle istanze separatiste che prendono vigore dalla presunta debolezza dei legami identitari nazionali. L’autore, introducendo il motivo della memoria comune, su cui poggia tale identità, si sofferma sul significativo episodio dell’eccidio dei soldati italiani a Cefalonia, ricordato di recente dal Presidente Ciampi.

D’Alema, partendo da una riflessione sulle responsabilità della classe dirigente nell’ultimo decennio, passa ad indagare il significato nuovo del ruolo dei politici in un contesto in cui l’Italia è parte di una collettività più grande mostrandosi convinto di come l’unità del paese non venga minata ma sia anzi salvaguardata dall’integrazione europea che costituisce “una condizione ed un sostegno” di tale unità.

Nel tracciare un bilancio conclusivo del Convegno, il Direttore dell’Istituto Vieusseux individua nell’identita nazionale degli italiani e nella legittimazione dello Stato gli assi portanti della maggior parte delle relazioni dei partecipanti.