Allegoria | 2011 | N. 63

Il contributo ricostruisce la nozione del termine ‘modernismo’ all’interno della storiografia letteraria anglo-americana partendo dal suo consolidamento, centrato sulle figure di Eliot, Joyce, Pound e Lewis, per poi suggerire cosa esso sia diventato nella storiografia letteraria italiana, a cui è rimasto sostanzialmente alieno almeno fino a tempi recentissimi. Giunto in Italia sulla scia del dibattito sul postmodernismo, il modernismo è poi diventato la bussola per tracciare nuove rotte nella modernità letteraria e ripensare limiti e possibilità delle categorie ereditate dalla tradizione.

Il contributo traccia un quadro della storia del termine ‘modernismo’, soprattutto in aerea angloamericana. La descrizione che ne emerge è quella di una realtà variegata e complessa, all’interno della quale è possibile tuttavia individuare precisi riferimenti cronologici e qualche punto fermo terminologico. Il saggio si conclude con una disamina della fase tardo modernista in Europa ed America, con principale riferimento al romanzo “The Hamlet” di William Faulkner.

Il saggio si sofferma sull’analisi dell’opposizione tradizionale tragedia/romanzo, individuandone alcune premesse storiche e teoriche e riflettendo sulla scissione tra le teorie tragiche e le pratiche narrative. Se davvero, infatti, i romanzi possono raccontare vite tragiche, in che cosa il romanzo si distingue dalla tragedia? Che rapporto c’è tra l’ascesa del romanzo realista ed il declino della tragedia che si consuma lentamente nel corso del XIX secolo? Per rispondere a queste domande l’autrice indaga i mutamenti del paradigma realistico che segnano la narrativa modernista dell’inizio del XX secolo.

Il saggio in esame si pone l’obiettivo di definire il contesto entro cui il concetto di modernismo italiano potrebbe inserirsi, cercando di riflettere su quel divario che separa le più recenti ricerche critiche dalla storiografia letteraria tradizionale. La funzione critica del modernismo in Italia potrebbe essere decisiva perché riuscirebbe a portare fuori dai confini nazionali una letteratura che, per troppo tempo, è stata giudicata in maniera parziale.

Il contributo analizza i caratteri della narrativa modernista italiana, soffermandosi sui casi di Pirandello, Svevo, Tozzi e Pea. Tali autori sono accumunati dalla necessità di dire la verità e l’impossibilità di raggiungerla: una consapevolezza tipica del romanzo modernista italiano.

Il saggio si sofferma sull’analisi del modernismo poetico italiano del primo Novecento. Non configurandosi come un movimento omogeneo ed unitario, il modernismo appare come una tendenza che mira a rinnovare profondamente la letteratura, portandovi la nuova cultura messa in circolo da Nietzsche, Bergson e Freud. In poesia il modernismo, come sostiene l’autore, “rifiuta l’immagine tradizionale di poeta vate e una concezione protagonistica dello scrittore” e si distingue nettamente non solo dal classicismo carducciano ma anche dalla avanguardia futurista.

A metà degli anni ’80, Fortini pubblicò una raccolta di saggi e pezzi giornalistici dal titolo “Insistenze”. Il presente contributo si sofferma sull’analisi di un gruppo di articoli compresi nella sezione intitolata “Una lettera a Nietzsche”, incentrati sugli effetti della ‘Nietzsche Renaissance” sull’Italia della fine dei movimenti antisistemici e della ristruttuazione economica. L’autore del saggio ne discute i tre temi fondamentali: il nichilismo di massa; la distruzione dell’idea di politica come spazio pubblico e discorso comune condiviso; la difesa della forma estestica come radicamento nella vita.

Partendo dall’analisi del famoso “J’accuse” Zoliano all’interno dell’affaire Dreyfus, il contributo coglie l’occasione per riflettere sui presupposti culturali e sociali dell’intervento pubblico dello scrittore come intellettuale. La seconda parte del saggio sposta la sua indagine in campo italiano, soffermadosi sul caso “Saviano”, con l’intento di verificare le condizioni di possibilità, i limiti e le contraddizioni dell’impegno di uno scrittore-intellettuale di epoca postmoderna.

Intervista a Massimo Recalcati sulle caratteristiche del ruolo paterno nella società italiana contemporanea. Negli ultimi anni, infatti, nel panorama italiano sembra imporsi una nuova generazione di figli in cerca di padri, sul modello di Telemaco nell’Odissea, e di padri non più eroici e guerrieri, ma testimoni della possibilità di far convergere, nella vita quotidiana, ‘Legge’ e ‘Desiderio’.

Il contributo offre tre differenti letture critiche del romanzo di Cormac McCarthy “La strada”. Romano Luperini mette in luce il significato dell’opera, che risiede nella relazione tra padre e figlio e nell’accordo generazionale necessario per salvare la possibilità di una civiltà dalla catastrofe imminente. Alessandra Ginzburg esamina il testo attraverso una serie di parole chiave (tra le quali Madre, Padre, Bambino, Dio, Natura, ecc.) che declinano una sorta di Nuova Apocalisse in cui la salvezza è affidata ad un Agnello-bambino. Pietro Cataldi, invece, si sofferma sulla trama religiosa del romanzo, analizzando la relazione tra padre e figlio e la simbologia cristologica che caratterizza quest’ultimo.