Allegoria | 2001 | N. 39

A distanza di circa venticinque anni dalla pubblicazione del volume “Sul materialismo”, Timpanaro definì la sua opera, alla luce dei cambiamenti avvenuti in campo materialistico, come uno scritto destinato alla ‘fossilizzazione’. Il saggio in esame si interroga sul significato che l’opera di Timpanaro ebbe ai tempi della sua prima apparizione e sulle cause di quel senso di profondo disagio che l’autore percepì a distanza di anni.

Attraverso l’analisi di alcune delle sue opere più famose, come “Classicismo e illuminismo nell’Ottocento italiano, si ripercorre brevemente tutta la critica di Timpanaro, dalla sua interpretazione filologica al rifiuto dell’identificazione tra storia e storiografia.

L’A. vuole ricostruire l’eticità saggistica di Timapanaro che, da una parte, rivela una vocazione essenzialmente illuministica, dall’altra, evidenzia la preoccupazione costante del critico di non presentare mai colui che scrive come un soggetto dell’enunciazione disinteressato e neutrale, ma come individuo storicamente determinato che si rivolge ad un pubblico preciso.

Attraverso l’analisi dei tre saggi di Timpanaro, “Sul materialismo”, “Il lapsus freudiano: psicoanalisi e critica testuale” e “La ‘fobia romana’ ed altri scritti su Freud e Meringer”, si evidenzia il profondo interesse che l’autore ebbe nei confronti della psicoanalisi. Nel primo saggio il critico riprende in esame la polemica sui nuovi orientamenti in campo psichiatrico, sottolineando l’importanza dell’influsso dell’ambiente sullo sviluppo e la patologia del sistema nervoso. Nel saggio su “La fobia romana”, invece, la tesi centrale è quella di evidenziare la superiorità di Freud rispetto ai suoi epigoni. Infine, ne “Il lapsus freudiano” il cuore dell’argomento consiste nel contrapporre alla spiegazione freudiana del lapsus, altre spiegazioni psicologiche alternative.

Alcune riflessioni sullo studio del Leopardi, a cui Timpanaro dedicò gran parte dei suoi scritti. In polemica con la critica idealistica e storicistica, Timpanaro insistette sul classicismo e sul materialismo dell’ispirazione di Leopardi, sulla sua filosofia di razionale pessimismo di contro al sentimentalismo della coscienza europea di quegli anni.

Tramite l’analisi di alcune delle opere più importanti di Timpanaro, quali i “Contributi di filologia e di storia della lingua latina” e la “Genesi del metodo del Lachmann”, Si vuole sottolineare come la produzione filologica del critico abbia contribuito a demolire ‘quell’artificiosa totalità autosufficiente’ nella quale si erano riconosciute intere generazioni di filologi, mantenendosi, invece, fedele ad una rigorosa scelta di campo in favore di una filologia tradizionale o ‘formale’.

Il saggio si sofferma sul libro che accompagnò lo svolgersi dell’iter intellettuale di Timpanaro: “La filologia di Giacomo Leopardi”, apparsa in tre diverse edizioni (la prima nel ’55, la seconda nel ’78 e l’ultima nel ’97). L’A. vuole attraversare i diversi livelli del libro, dalla sua concreta base filologica, alla più ampia ricostruzione storiografica e culturale, in modo da far emergere le implicazioni teoriche e le linee di forza che lo sorreggono.

A metà degli anni Settanta, per merito della rivista “New Left Review”, le due opere di Timapanaro, “Sul materialismo” e “Il lapsus freudiano”, uscirono dai confini nazionali per confrontarsi con la critica inglese.
Due furono i critici che si interessarono agl scritti di Timpanaro: Charles Rycroft e Raymond Williams.
Il primo, pur accettando alcune idee del critico italiano, tuttavia si schierò contro il suo concetto di non conciliabiltà tra psicoanalisi e marxismo; il secondo, invece, si mostrò più consenziente con gli argomenti trattati da Timpanaro, dissentendo solo in un punto, ovvero nella formulazione del legame tra la lotta per il comunismo e la lotta contro la natura.

Nota bibliografica relativa ai contributi su Timpanaro apparsi nella rivista.